Povere Creature, l’emancipazione delle donne passa attraverso i costumi nel film con Emma Stone
Povere Creature è già il film del 2024. Da molti definito un "Frankestein femminista", la nuova fatica di Yorgos Lanthimos ha come protagonista un'incredibile Emma Stone nei panni di Bella Baxter. Tratto dal romanzo omonimo di Alasdair Gray, la storia raccontata è quella di una giovane donna che vive nella Londra vittoriana dai comportamenti marcatamente infantili. Questi atteggiamenti sono frutto dell'esperimento che il dottor Godwin Baxter (Willem Dafoe) ha operato su di lei: trapiantarle il cervello del feto che portava in grembo nel momento in cui ha tentato il suicidio, riportandola così in vita. I costumi di Poor Things sono il filo espressivo che anima questa fiaba surrealista, simboleggiando l'emancipazione che la giovane Baxter raggiunge piano piano.
Emanciparsi attraverso gli abiti: i costumi di Poor Things
Curati dalla costumista Holly Waddington, i costumi di Povere Creature rispecchiano in pieno la favola immaginifica creata da Lanthimos. Le forme esagerate e le grandi maniche sono il fil rouge degli abiti che Bella Baxter cambia nel film. Nel corso del Grand Tour, che la condurrà alla scoperta dell'Europa e di sé stessa, il personaggio di Emma Stone manifesta la sua ricerca dell'emancipazione anche attraverso gli abiti. Seguendo le linee guida di Lanthimos, la prima cosa che è riconoscibile in Bella sono i lunghissimi capelli corvini, che arrivano fino ai piedi. Il regista greco ha dichiarato che la sua ispirazione per l'acconciatura è stato un quadro di Egon Schiele. Dopodiché la troupe è passata alla scelta della palette degli abiti, basandosi anche sulle scene girate in bianco e nero e su quelle a colori.
Bella Baxter bambina: gli abiti
Nella prima fase del film, Bella Baxter ha comportamenti prettamente infantili: parla abbozzando parole, cammina scalza in modo molto rigido e impostato e ha bisogno di una nanny che la vesta. Dunque, gli abiti sono imposti, simbolo della costrizione in cui vive. I vestiti, però, sono da donna adulta: come una camicia da notte in raso di seta e altri abiti con volant. L'intimo assomiglia quasi ai pannoloni degli anni Cinquanta. In questa sequenza iniziale, girata in bianco e nero, la dissonanza della regia si alterna con inquadrature più tradizionali. Questo cambiamento tra stili diversi è reso visivamente anche attraverso i costumi: si passa da una sottoveste tradizionale bianca a un abito con un corsetto moiré in taffetà. Come ha scritto Melena Ryzik sul New York Times, "gli abiti sembrano quasi di marzapane", vista la loro consistenza apparentemente soffice e leggera.
Il Grand Tour: la scoperta di sé attraverso i vestiti pastello
L'indipendenza anelata di Bella Baxter è sempre più pressante, una volta che la giovane comprende di essere confinata nella casa del dottor Godwin Baxter: la ragazza vuole uscire. Al desiderio di vedere il mondo si aggiunge anche la scoperta del piacere sessuale, fattori che si riflettono nei costumi. Quando la protagonista fugge con l'avvocato Duncan Wedderburn a Lisbona, per la prima volta Bella si veste da sola.
Come fa notare Viv Chen nella sua newsletter The Mole Hill, la giovane donna indossa una blusa con le maniche volant e "la parte di sotto è l'equivalente vittoriano di uscire in mutande". I bermuda (ispirati ai pantaloni a pinocchietto anni Trenta) in seta, che ricordano i look pantless di una signorina MiuMiu, sono abbinati a un paio di stivaletti bianchi che la costumista Holly Waddington ha dichiarato essere ispirati alle creazioni di André Courrèges. In un incrocio tra i costumi sci-fi e l'estetica vittoriana, questi ankle boots sono sovversivi e immaginifici: nell'epoca della regina Vittoria, non si sarebbero mai potute vedere le caviglie di una donna, segno, quindi, della crescita fuori dagli schemi di Bella. La designer ha dichiarato al New York Times che i pantaloni scelti per le scene di Lisbona sono ispirati al look iniziale di Jodie Foster in Taxi Driver.
La Socialist Era di Bella Baxter
"Siete delle tr**e!", "Noi siamo i nostri mezzi di produzione". Questo vivace dialogo si svolge a Parigi, tra un disperato Wedderburn e una sempre più indipendente Bella Baxter. Il "periodo socialista" (con forti riferimenti anche al mondo dark academia) di Bella è la parte più innovativa (e forse femminista) del film: il personaggio di Emma Stone ha visto le storture del mondo, le sue contraddizioni e, per soddisfare il suo bisogno personale di sesso e soldi, inizia a lavorare in un bordello.
Bella Baxter abbandona gli abiti bianchi e volant visti fino a ora, così come i vestiti pastello simbolo di un'esistenza fiabesca, per trovare conforto in costumi più rigidi e strutturati e dai toni neutri. Questi ultimi si mixano a una serie di lingerie sensuali, a simboleggiare la rivendicazione del suo nuovo ruolo di sex worker.
La libertà sessuale di Bella è stata il motore anche per la costumista Holly Waddington che, in un'intervista ha dichiarato, "in tutto ciò che ho disegnato per lei, ho pensato alle pieghe della pelle e alla consistenza, affinché gli abiti fossero sensuali, sinuosi e corporei o del corpo. Nel bordello ho usato molte tonalità di nude. Una celebrazione del corpo attraverso i volant". Non c'è mortificazione o vergogna, solo desiderio di soddisfare i propri bisogni: per lei è un vero e proprio risveglio sessuale.
Fuori dal bordello, però, Bella Baxter sfoggia un cappotto nero corto con spalline quasi anni Ottanta, abbinato a stivali alti e parigine, simbolo della Socialist Era che guiderà Bella verso la professione di medico: un mestiere che in epoca vittoriana era prettamente maschile. Il suo stile è quasi collegiale e casto, in modo da contrapporsi a quello più sensuale adottato nel bordello.
L'abito da sposa e la vita adulta
Nel trasformare Bella Baxter in una sposa, Lanthimos realizza una delle scene più femministe del film: la "povera creatura" sceglie di sposarsi per amore e non per costrizione sociale. Ma l'abito bianco è una "gabbia", coronato da un velo in seta bianca che le copre il volto. L'obiettivo dell'abito da sposa era quello di manifestare visivamente il senso di trappola che la vita matrimoniale rappresenterebbe per Bella: la lunga tunica bianca è un vedo non vedo, sormontato da questi grandi volant che si trasformano in maniche a palloncino, per le quali è stato necessario più di un metro di tessuto.
Come ha riportato il New York Times, Holly Waddington ha dichiarato che l'ispirazione per l'abito è stato un libro di bozzetti del 1890 trovato a Portobello Market a Londra. Il velo legato dietro la testa come un nodo è simbolo dell'audacia di Bella Baxter, che rifiuta di indossare un abito tradizionale secondo le regole della "buona società". Fuggita poi dalla costrizione del matrimonio e trovato conforto in una sorta di famiglia queer, i suoi abiti hanno un'eco quasi anni Sessanta e sono l'epitome della sua consapevolezza, simbolo della donna completa e complessa che è diventata.
Il significato delle grandi maniche negli abiti di Povere Creature
Le maniche lunghe sono state un'ossessione e una decisione di Yorgos Lanthimos. Vanessa Friedman, una delle critiche di moda più celebri al mondo, ha provato a ipotizzare un significato alle grandi e lunghe maniche in Povere Creature. Sono impossibili da non notare: le maniche "potenti" degli abiti di Bella Baxter sono la prima cosa che scorgiamo del suo guardaroba a colpo d'occhio. Gonfie, arruffate e increspate, per il regista e la costumista la silhouette delle maniche negli abiti è spesso fallica, ammiccando a quell'emancipazione sessuale che guida il personaggio durante il suo percorso di liberazione. Forse il 2024 sarà l'anno delle grandi maniche alla Bella Baxter?