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Perché la visione giapponese racchiusa nella parola Wabi-Sabi può migliorarci la vita

Wabi-Sabi è smettere di inseguire la perfezione a tutti i costi e accettare che non fa parte della natura umana, che è invece imperfetta e non invincibile.
A cura di Giusy Dente
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Siamo davvero molto bravi a complicarci l'esistenza, giorno dopo giorno. Spesso restiamo come ingarbugliati in meccanismi tossici e pericolosi che peggiorano la nostra salute mentale, ci mettono in disequilibrio, fanno vacillare le certezze che abbiamo su noi stessi, sul mondo, sulle nostre stesse vite. Servirebbe rallentare, sapersi prendere della pause in cui respirare e ritrovare il centro, abbandonano tutte le ossessioni e i pensieri disturbanti. È proprio questo che insegna l'espressione giapponese Wabi-Sabi.

Che significa Wabi-Sabi

Questo mondo veloce e frenetico ci vuole sempre attivi: non è concessa distrazione, non è permesso rallentare. Dobbiamo essere perennemente efficienti, sul pezzo, impeccabili. La perfezione è un concetto che ha preso sempre più valore: non c'è più spazio per la macchia, per l'incertezza, per il passo falso, per il difetto. Vale a livello estetico, dove c'è un continuo rincorrere standard irrealistici e malsani e vale per il modo di vivere, che è un continuo paragonarsi agli altri, un continuo assecondare le aspettative altrui. Ma la verità quindi dove sta?

I giapponesi l'hanno racchiusa in una parola difficile da tradurre in italiano. Il loro Wabi-Sabi è un concetto complesso, una vera e propria filosofia di vita, un approccio costruttivo verso il mondo. Ha a che fare con la transitorietà e l'imperfezione. Questa teoria spinge ad accettare tutto ciò che è imperfetto e transitorio, perché capace di regalare tanta bellezza (e tanta verità).

È esattamente ciò che non riusciamo più a fare nelle nostre società orientate alla produttività e all'efficienza, dove non c'è mai tempo per se stessi. Siamo troppo presi a omologarci che ci spaventa la nostra unicità, ci spaventa quando qualcosa si discosta dal modello prestabilito. Impieghiamo le nostre energie a rincorrere stereotipi e neppure ci accorgiamo di quanto il tempo fugga via veloce nel frattempo, perché niente è per sempre. Questo è difficile da interiorizzare, perché vorremmo invece che tutto fosse sempre sotto il nostro controllo, che nulla cambiasse mai: per questo cerchiamo di non ammettere quanto la vita sia in fin dei conti solo passeggera e che proprio per questo va vissuta a fondo.

L'espressione Wabi-Sabi cerca di dare un senso a una serie di emozioni difficili da spiegare: la morte che così tanto ci fa paura, il timore che proviamo nel metterci a nudo per ciò che siamo davvero difetti compresi, il senso di vuoto che ci assale quando percepiamo che la vita ci sta scappando via dalle mani e non sappiamo come riacchiapparla. È una parola ambigua, che si apre a molte interpretazioni personali: ciascuno la può filtrare, la può fare propria per capire qual è l'angolo buio che necessità di maggiore luce.

Il wabi-sabi, nato soprattutto in ambito religioso e spirituale, è diventato poi anche una corrente artistica basata sull'asimmetria, irregolarità e un apparente disordine, dove l'imperfezione è accuratamente ricercata proprio per dare senso all'opera stessa. Oggi fa parte anche delle teorie che riguardano la salute mentale, utilizzato per ridurre l'ossessione nei confronti della perfezione, la critica costante verso se stessi, tipica di chi vorrebbe sempre avere il giudizio altrui a favore, di chi è disposto a rinunciare a una parte di sé pur di assecondare il volere altrui. Lasciar andare questa ossessione, accogliere la propria autenticità e smettere di voler essere chi non si è, può invece rendere la vita notevolmente più facile.

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