
Il magazine ha ben pensato di dedicare la cover di aprile a una delle modelle di maggiore successo del momento: Gigi Hadid. La foto si ispira a Tracy la protagonista di Hairspray-Grasso è bello. È stato realizzato anche un video di accompagnamento, una performance cantata e ballata che riprende proprio l'estetica dell'originale. Il video di Vogue si intitola non a caso Gigi Hadid Can't Stop the Beat, un gioco di parole che richiama una delle canzoni della colonna sonora ufficiale. C'è tutto quindi: c'è la musica, ci sono i vestiti anni Sessanta coi pois e le gonne ampie, ci sono i capelli cotonati con la lacca, i passi di danza, i colori pastello, una scenografia accattivante. Eppure qualcosa non quadra.

Dal primo Hairspray del 1988 sono stati tratti nel 2002 un musical e nel 2007 un remake. La storia, ambientata negli anni Sessanta, affronta il tema dell'inclusività, in diversi modi. Si parla di razzismo, si parla di discriminazione, si parla di mancata accettazione del diverso. La protagonista Tracy è una sedicenne che si definisce "pleasantly plump", ossia "paffuta". Musical e film ruotano attorno a questa figura che con il suo carisma riesce ad abbattere le barriere e i pregiudizi: crede fermamente nel valore dell'inclusività al punto da mettersi dalla parte dei più deboli.
Dopo essere stata inizialmente rifiutata a causa del suo peso, Tracy ottiene un posto nello show dei suoi sogni come ballerina, grazie alla sua contagiosa energia. Ma non riesce a tollerare che agli studenti di colore della sua città venga vietato esibirsi nello spettacolo a causa del colore della loro pelle. Si schiera con la comunità nera e convince sua madre a superare la vergogna della propria obesità.

C'è una grande rilevanza sociale in questa trama. Dietro l'apparenza di colori, musiche e balli parla di persone discriminate per il loro aspetto, dà valore a chi si impegna per promuovere il cambiamento. Si fa fatica a ritrovare tutto questo nella trovata con Gigi Hadid protagonista. La modella nell'intervista dice di amare molto il teatro musicale, da qui forse l'idea di ispirarsi a quel mondo. Ma tra la vasta gamma di titoli, la scelta di Hairspray appare infelice e poco pertinente, anche perché nell'intero cast coinvolto nella clip non compaiono corpi realmente rappresentativi, non ci sono fisicità che si discostano da quelle che ci hanno insegnato a guardare come "giuste", le uniche possibili.

Dove è finito il movimento della body positive? Si è davvero trattato solo di un momento, di una moda passeggera? L'era dell'inclusività è già finita, o forse non è mai iniziata ed è tornata a galla quella grassofobia che ormai la società ha interiorizzato, coi suoi canoni di bellezza, gli stereotipi di perfezione inarrivabili, l'ossessione per il confronto coi corpi altrui, la denigrazione di quelli lontani da certi standard. È un peccato che venga citato Hairspray privandolo della sua natura più profonda, annullandone tutti i valori portanti: è un'occasione sprecata per parlare di inclusività e dimostrare apertura, soprattutto in un mondo come quello della moda che notoriamente appare il più legato chiuso.
La Baltimora degli anni Sessanta raccontata in Hairspray sognava un mondo dove tutti potessero avere le stesse opportunità, senza discriminazioni basate sul peso e il numero riportato sulla bilancia. Voleva una società che desse spazio anche alle ragazze "paffute" come Tracy: che vedesse la loro bellezza e riconoscesse il loro talento, piuttosto che farle vergognare e tenerle ai margini. Sembra che a quel mondo ancora oggi non siamo ancora arrivati.
