Non si vedono più modelle plus size in passerella: l’inclusività era una moda passeggera?
Per un certo periodo sembrava che la moda avesse davvero accolto la ventata di cambiamento, quella necessità di dare maggiore rappresentanza alla varietà di corpi esistenti, piuttosto che presentare un unico e solo prototipo come giusto e "bello" (ossia quello snello e filiforme che ha dominato per decenni). Le modelle plus size hanno così fatto la loro comparsa sulle passerelle, assieme alle cosiddette taglie zero. Ad Ashley Graham, modella curvy icona di body positivity, la prima a battersi con forza in nome di questa causa, si sono aggiunte Precious Lee, Paloma Elsesser, Jill Kortleve, Alva Claire: tutti corpi che un tempo sarebbe stato impensabile vedere sfilare per brand di fama mondiale come Chanel, Dolce&Gabbana, Moschino, Tommy Hilfiger, BOSS. Ma restano, appunto, una manciata di nomi e con scarsa visibilità.
Diminuiscono le modelle plus size in passerella
La tendenza sembra si sia già esaurita. Viene da pensare che dopo essersi riempite la bocca di belle parole, le Maison abbiano fatto un passo indietro, tornando ai vecchi stereotipi, decisamente duri a morire. Lo standard della magrezza, della cosiddetta taglia 0, resta difficile da smontare e difatti è tornato a dominare in passerella. Lo dimostrano i dati presentati da Vogue Business, che ha stilato il rapporto sulla moda inclusiva. È emerso che c’è stata una diminuzione sostanziale di modelle curvy alle sfilate di New York, Londra, Milano e Parigi, dove sono state presentate le collezioni per l'Autunno 2024. Degli 8.800 look presentati in 230 sfilate e presentazioni, solo lo 0,8% erano taglie forti, il 3,7% erano taglie medie e il 95,5% erano taglie corrispondenti alle nostre 36-40. Secondo Vogue Business i 10 brand più inclusivi della Milano Fashion Week sono stati, nell'ordine: Rave Review, Feben e Marco Rambaldi sul podio, seguiti da Etro, Msgm, Philosophy di Lorenzo Serafini, Max Mara, Roberto Cavalli, Marni e Ferragamo.
L'inclusività non va di moda
È radicata l'equazione eleganza=magrezza, come se un corpo taglia 44 o 46 non fosse adatto a sfoggiare e valorizzare le creazioni di una grande Maison. Eppure proprio queste sono le taglie più vendute in Italia, che però trovano una scarsissima rappresentanza sulle passerelle, dove continuano a dominare corpi filiformi, snelli, magri. A volte, si tratta di corpi letteralmente emaciati e non in salute e questa è una denuncia che cade sempre nel vuoto, perché ogni volta in concomitanza con le Settimane della Moda si parla della piaga dell'anoressia, per poi tornare punto e a capo.
La passerella vuole i manichini, decisamente facili da vestire perché senza curve, ma nei negozi entrano le donne in carne e ossa, che puntualmente si ritrovano davanti a capi che il più delle volte non vanno oltre la taglia 44. L'unico posto che la moda sa dare alle modelle curvy è nel front row delle sfilate: perché tra il pubblico sì, ma in passerella guai. Qui una taglia sopra la 0 sta tornando a essere un tabù, come se quanto fatto fino ad ora fosse solo una moda passeggera per un po' di visibilità.