Non è vero che a Natale siamo tutti felici: perché alcuni non sentono la magia delle feste
Lucine, addobbi, pacchetti regalo, presepi, alberi decorati: il Natale è un periodo dell'anno che risulta magico, per la maggior parte delle persone. I bambini sono ovviamente i più entusiasti, i più coinvolti nella magia delle feste, ma anche da adulti c'è chi riesce a conservare intatto quello spirito sognante, che riempie i cuori di gioia. Si parla di allegria natalizia, un fenomeno su cui anche la scienza si è interrogata, proprio per cercare di trovare una risposta a quel calore e quella felicità che si provano con l'avvicinarsi delle festività natalizie. È come se avessero il potere di migliorare l'umore. Proprio per questo c'è chi non resiste al fascino del Natale e addobba l'albero con settimane di anticipo, pur di circondarsi il prima possibile di quell'atmosfera, provare quei sentimenti positivi e quelle sensazioni di pace interiore. Ma non è così per tutti: c'è anche chi il Natale non riesce a viverlo con questa gioia incondizionata e spontanea.
Che cos'è la Sindrome di Scrooge
A differenza di chi associa il Natale al calore familiare, alla pace interiore, alla gentilezza e alla gioia, c'è chi viceversa in questo periodo dell'anno prova tristezza, malinconia, nostalgia, persino rabbia e ha solo voglia di starsene da solo. Per coloro che proprio non riescono a far spazio nei cuori alla magia del Natale gli esperti hanno coniato una definizione specifica: si parla di Sindrome di Scrooge. Il riferimento è ovviamente al celebre protagonista di Christmas Carol di Charles Dickens. È definita anche Sindrome di Bah Humbug, perché il personaggio ripeteva questa espressione (traducibile con "eh via, sono solo sciocchezze!") a chi gli faceva gli auguri. Era il suo modo di dimostrare disinteresse, quasi astio verso la ricorrenza.
Bryan Haddock dell'Università di Copenaghen ha pubblicato uno studio sul British Medical Journal in cui ha dimostrato che lo spirito del Natale vive in aree molto precise del cervello. Il suo studio si è svolto sottoponendo 20 persone a risonanze magnetiche mentre osservavano immagini che rimandavano al Natale (presepi, alberi decorati, regali, famiglie riunite, baci sotto al vischio). Dieci di loro avevano uno spiccato senso del Natale, gli altri dieci erano propensi a scappare dai festeggiamenti. Nelle persone tradizionalmente più legate al Natale alcune aree del cervello si attivavano intensamente alla vista di quelle immagini e dunque al pensiero delle feste. Nessuna reazione cerebrale, invece, per i più restii al Natale.
Le aree del cervello in qualche modo incaricate di preservano lo spirito del Natale si trovano nella corteccia motoria e premotoria, parte dei lobi parietali: sono aree collegate all'empatia, ai ricordi e alla spiritualità. Ma sono coinvolte anche zone della corteccia somatosensoriale, quella legata alla percezione di odori e sapori. Negli individui che provano avversione per il Natale, quelli dunque che hanno la Sindrome, queste aree neurali non si attivano con la stessa intensità di chi invece ama il Natale, di chi è legato a questa tradizione festiva.
Lo studio ha anche esplorato la relazione tra propensione al Natale e ricordi: vecchi traumi o esperienze negative legate a questa festività possono risvegliarsi annualmente, generando sentimenti negativi. Resistono all'allegria natalizia, ne sono immuni, gli individui che hanno vissuto esperienze familiari dolorose, collegate al periodo di festa. La percezione del Natale, quindi, si intreccia con la neurologia e col vissuto personale, determinando reazioni di astio o di accoglienza. Ma qualunque cosa dica la scienza, dall'alto del suo essere così esatta e affascinante, anche se siete dei Scrooge una possibilità datela, al Natale e concedetevi di essere felici, almeno un po'.