Nicolò Cerioni, lo stylist di Achille Lauro e Maneskin: “A Sanremo un abito non parla solo di moda, è politica”
Jovanotti, Pierfrancesco Favino, Simona Ventura, Orietta Berti, Achille Lauro e Maneskin. Sono solo alcuni dei grandi nomi dello spettacolo italiano che ha vestito, curando il loro styling per palchi importanti, concerti e trasmissioni Tv. Il suo sogno è però quello di seguire lo stile di un politico. Nicolò Cerioni, alias Nick, è uno degli stylist più famosi del momento, tutti lo cercano, tutti vogliono affidare la loro immagine nelle sue sapienti mani. Il suo lavoro va oltre lo styling, oltre la classica "consulenza d'immagine" (termine poco trendy e ormai del tutto agée). Cerioni non sceglie solo gli abiti per i suoi artisti: crea intorno a loro un mondo, un immaginario fatto di simboli, di elementi significanti, di icone, un mondo che va ben oltre il semplice atto di indossare un abito e abbinarlo alle scarpe giuste.
Ricordate i "quadri" di Achille Lauro sul palco dello scorso Sanremo? E i personaggi interpretati dall'istrionico cantante al Festival del 2021? Erano opera sua, del designer Alessandro Michele e di Angelo Calculli, manager di Lauro. Quelle performance iconiche all'Ariston resteranno nella storia e senza dubbio hanno contribuito ad accrescere il successo di Cerioni. Che dire poi dello styling rock glam (ancora firmato Cerioni) che ha aiutato i Maneskin ad esplodere, diventando in breve tempo il gruppo del momento, idolatrato anche oltreoceano? Quest'anno a Sanremo 2022 Nicolò Cerioni seguirà lo stile di artisti molto diversi tra loro: da Achille Lauro a Gianni Morandi, passando per Rettore e Rkomi. A pochi giorni dall'inizio del Festival, e prima di assistere alla messa in scena dei suoi "mondi" sul palco dell'Ariston, a Fanpage.it Nicolò Cerioni racconta alcuni momenti della sua carriera, ripercorrendo le tappe del suo rapporto artistico con Lauro e con i Maneksin. Parla delle esperienze sanremesi, rivelando i suoi feticci e le ispirazioni a cui rivolge lo sguardo per creare quei look di cui tutta Italia ha parlato, parla e di sicuro parlerà.
Nel 2020 a Sanremo con Achille Lauro siete riusciti a stupire, sconvolgere, conquistare il pubblico. Nel 2021 vi siete superati. Cosa dobbiamo aspettarci dal Festival 2022?
Lauro è un artista che ha un rapporto con il pubblico molto forte e il pubblico si aspetta da lui sempre cose nuove. Secondo me saprà a suo modo comunicare col suo pubblico. È un artista speciale e merita di diventare uno dei grandi della nostra musica, lo è già, ma io parlo dei grandi grandi, di uno di quelli che resterà anche tra 30 o 40 anni. Gli auguro tutto il successo che merita, perché è unico nel suo genere.
Anche a Sanremo 2022 curerai i look di Achille Lauro. C'è un po' di pressione dovuta al non voler deludere le aspettative?
Io non ho mai lavorato con la pressione di fare di più. Non tendo mai a fare qualcosa per piacere agli altri, faccio qualcosa che secondo me possa essere importante a livello di contenuto, qualcosa che secondo me abbia una forza comunicativa. Non cerco mai il consenso, perché chi cerca il consenso è legato a delle logiche che prima o poi verranno meno. C'è una frase molto bella di una canzone di Madonna che dice: "Povero l'uomo i cui piaceri dipendono dalle concessioni altrui". Io in questa cosa credo molto. Secondo me bisogna fare quello che senti sia giusto, quello per te ha una forza. Poi se piace agli altri bene, ma non puoi pensare sempre di piacere a tutti. Io non penso di piacere a tutti, cerco di dare il mio taglio senza nessun tipo di aspettativa.
Con Lauro siete stati protagonisti del dibattito sanremese, sollevando questioni importanti. Penso al matrimonio inscenato tra due uomini, con tanto di bandiera italiana a Sanremo 2021. Quanto è importante portare su un palco tradizionale tematiche simili? Quanto il tuo lavoro può essere politico?
Sanremo per me è un palco sacro e tutto quello che viene fatto lì sopra ha un'eco incredibile. Oggi ogni lavoro legato al mondo dell'arte deve essere un lavoro politico. Viviamo in una società in cui ogni gesto parla di quello in cui credi e di quello che sei. I nostri gesti quotidiani raccontano il nostro impegno e anche nel lavoro ogni gesto parla di un credo. È sempre bello quando l'arte ispira il pubblico e spinge a riflettere. Nel mio lavoro mi piace pensare che ci sia sempre un messaggio un po' più alto, un messaggio dedito al bene comune. Per me un abito non parla solo di moda. Penso anche ai miei grandi miti del passato, da Madonna a Bowie a Raffaelle Carrà, ogni loro look raccontava qualcosa.
A quale dei look sanremesi di Achille Lauro sei più affezionato?
Ti direi quelli di Sanremo 2020, la Marchesa Casati e San Francesco che hanno rappresentato l'inizio di tutto. Ma anche il look Glam Rock con le lacrime di sangue dello scorso anno, su cui abbiamo tutti lavorato tanto. Quello in particolare è stato un miracolo veramente tecnologico fatto da Andrea Leanza, un'eminenza degli effetti speciali nel cinema. Ho tanti bei ricordi legati a quelle performance.
Nel progetto stilistico di Achille Lauro come è nato il link con Gucci e il rapporto artistico con Alessandro Michele?
Alessandro Michele è un mito assoluto. Quando ho iniziato a collaborare con Lauro non aveva mai vestito Gucci. Nei primi mesi in cui abbiamo lavorato insieme, ti parlo della metà del 2019, abbiamo iniziato a giocare con l'identità di genere, era tutto molto neutro, abbiamo giocato anche tanto con il glam rock. A un certo punto Lauro doveva andare a Venezia al Festival del Cinema per un cortometraggio in cui aveva fatto un cameo, quella è stata la prima volta in cui abbiamo collaborato con Gucci per il tappeto rosso. Abbiamo chiesto un look e loro ci hanno accompagnato in questo red carpet. Poi Gucci ha chiesto a Lauro di posare per un loro look book. Successivamente con Lauro e Angelo Calculli, il suo manager, abbiamo concepito la parte creativa per Sanremo 2020 e, quando è arrivato il momento di scegliere con quale Maison affrontare questo percorso, Gucci ovviamente è stata la prima scelta. Il nostro desiderio era farlo con loro, non sapevamo se avrebbero accettato oppure no, perché era un progetto molto particolare. Siamo andati da Gucci a proporlo e devo dire che abbiamo trovato una grande apertura mentale e soprattutto una grande maestria, una grande professionalità, un grande genio, che è quello di Alessandro Michele, il quale ha dato un apporto di un valore inestimabile al progetto Lauro.
Con alcuni personaggi a Sanremo sei riuscito a rompere gli schemi, a superare i confini tra maschile e femminile. Quanto credi sia importante proporre un'immagine fluida e inclusiva in cui possa rispecchiarsi un pubblico diverso e più ampio?
Penso che in questi anni abbiamo veicolato dei messaggi importanti. Ho avuto modo di collaborare con artisti che sentivano che questi temi facevano parte dei messaggi che volevano comunicare. Per le minoranze è importante vedersi rappresentate. La rappresentazione nei media e nell'intrattenimento è una parte fondamentale per il riscatto sociale. Pensare che un ragazzo giovane, ma anche una persona meno giovane, possa aver visto se stesso nel mio lavoro, possa aver visto uno specchio, possa aver visto della speranza, della normalità e anche dell'ironia, è una cosa che mi emoziona. Penso a quando guardavo io miei miti pensavo: "Anche io sono così, anche io voglio essere così". È bello pensare che non sei solo.
I Maneskin hanno vinto Sanremo 2021 grazie a un pezzo di forte impatto ma anche grazie all'immagine che tu hai curato. Un'immagine rock trasgressiva e glam che mancava nell'attuale scena musicale italiana…
Collaborare con i Maneskin è stato rocambolesco. È stato bello e faticoso. È stata un un'occasione per far parte di un team che ha visto sbocciare in maniera così dirompente una band. Il loro successo non ha precedenti. Mi hanno cercato un anno e mezzo fa e penso che abbiamo fatto delle cose molto belle, molto forti. Sono dei ragazzi di un talento mostruoso, sono giovani e bellissimi, le hanno tutte. Sono molto fiero di aver fatto parte di quell'anno così dirompente per i Maneskin.
Con loro hai mescolato le carte. Penso, ad esempio, ai corsetti indossati da Damiano che da strumento di costrizione femminile diventano simbolo di libertà no gender.
Io ho una fissa particolare per la lingerie e per la corsetteria. Mi piace molto mischiare i canoni maschili con quelli femminili. Sono un grande fan di Jean Paul Gaultier e il look di Damiano con il corsetto a Sanremo 2021 era un mio personale omaggio al lavoro straordinario che Gaultier ha fatto negli anni '90 a livello di entertainment con Madonna. Il mondo della corsetteria che invece di costringere libera è un concetto molto bello. Credo che quello sia uno dei miei look preferiti. Poi collaborare con Etro è stato molto bello, perché la Maison si è aperta a noi. Siamo arrivati con delle idee, che loro hanno interpretato e riletto. Nei costumi dei Maneskin hanno messo la loro grande creatività e maestria, con una mano d'opera d'alta moda, perché tutti quei capi erano fatti a mano proprio per i ragazzi. Erano degli abiti di una bellezza incredibile.
Seguirai ancora i Maneskin nella loro avventura USA?
Non te lo so dire, non credo in questo momento, ma vedremo cosa succederà in futuro.
Lo scorso anno con Orietta Berti hai puntato sull'originalità e l'ironia. Sei stato a tuo modo rivoluzionario vestendo una donna di più di 70 anni con abiti di un brand iper giovane e di tendenza. Farai la stessa cosa con Morandi quest'anno?
No con Morandi ho rispettato il suo standard di icona assoluta. Sarà sicuramente super glamour, sarà fighissimo. Con Orietta abbiamo fatto un percorso bellissimo. Per me Orietta è un inno alla vita, un inno alla gioia. È la dimostrazione che l'Italia non è fatta di persone incattivite come ci vuole far credere la politica, ma è fatta di persone come lei. Persone che magari vengono da una generazione lontana dalla nostra ma che sono apertissime, che hanno voglia di vivere, che amano il prossimo, che non hanno pregiudizi e che sanno accogliere le idee e la creatività. Il lavoro con Orietta non è finito qua, faremo delle belle cose in futuro e sono sicuro che stupiremo ancora.
Spesso porti i tuoi artisti fuori dalle zone di comfort, vedi Orietta Berti, ma penso anche a Simona Ventura, che in "Games of Games" ha detto addio ai tacchi per indossare solo sneakers. Come riesci a convincerli?
Forse riesco a dare loro un senso di sicurezza. A me piace spingermi oltre i confini. È lo spingersi fuori da quello che ti fa sentire sicuro che ti porta a fare cose nuove, belle, emozionanti. Sono molto affezionato a Simona, perché è una professionista incredibile, è la regina della nostra televisione. Anche se adesso fa dei programmi più piccoli rispetto a quelli di una volta per me resta una regina. Conosce il mezzo televisivo come poche persone nel nostro Paese, lo domina da fuoriclasse. Simona merita le prime serate e i grandi show e secondo me meriterebbe anche un posto nella dirigenza televisiva. Sono sicuro che sarebbe una grande leader.
A Sanremo 2022 seguirai anche lo stile di Rettore? Ci sarà un ritorno ai suoi look anni '80?
Come sai Rettore è imprevedibile, è la rock star per eccellenza. Come tutte le rock star è imprevedibile. Ho disegnato delle cose pensate con lei che stiamo facendo realizzare, vedremo come va, non lo so. Io ho grandi progetti per Rettore, spero che Donatella mi segua perché sono un grandissimo fan del suo lavoro degli anni '80. Uno dei miei dischi preferiti in assoluto è "Kamikaze Rock ‘n' Roll Suicide" che trovo, ancora oggi, un disco incredibile, moderno nell'estetica, moderno nei contenuti, lei fighissima, d'avanguardia. Spero di riuscire a fare un bel lavoro con Rettore e spero che lei si fidi di me. Poi le rock star sono rock, bisogna vedere cosa succede.
Quali sono i tuoi feticci, quali le tue ispirazioni?
Sono un onnivoro di cinema e serie tv. Mi piace tanto leggere, mi piacciono i fumetti, mi piace molto l'arte e il teatro. Cerco sempre di prendere ispirazione da tante cose. L'ispirazione è ovunque. Mi piace vedere cose molto diverse, ho gusti dicotomici. Per me la dicotomia è religione, la sento dentro. Sono opposto nei miei gusti: mi piace una cosa ma poi mi piace anche l'opposto. E' complesso ma è bello, perché credo che in me questa dicotomia crei dei crush enormi dai quali nascono poi delle cose interessanti.
C'è un personaggio con il quale non hai ancora lavorato con cui vorresti collaborare?
In Italia credo ci siano delle persone di grande talento. Sono fortunato perché spesso gli artisti che mi piacciono mi chiamano per lavorare con loro. Ora sto collaborando per Sanremo con Rkomi, che è uno dei miei artisti preferiti nel panorama dei giovani italiani, mi piace lavorare con lui, trovo che sia un musicista straordinario. Mi piace tanto Blanco. Mi piacerebbe anche lavorare con qualcuno del mondo della cultura o anche della politica. Mi piacerebbe lavorare con una persona di grandi contenuti da cui posso imparare cose nuove.
Negli ultimi anni a Sanremo abbiamo visto tanti passi in avanti, cosa manca per avere un Festival davvero inclusivo, davvero moderno?
Secondo me gli ultimi Sanremo di Amadeus sono molto moderni. Amadeus ha fatto un lavoro incredibile sul cast. Fino a qualche anno fa pensare di avere un Sanremo con i Coma_Cose, con Rkomi, con Blanco, con Mahmood sarebbe stata fantascienza. Amadeus è riuscita a fare un'operazione moderna. Sanremo è sempre stato il grande palco dell'intrattenimento italiano ma ha subito per tanti anni uno stigma che non si è mai meritato. Senza dubbio ci sono stati anni un po' complessi, forse per delle gestioni un pochino troppo fané. Un Sanremo con la qualità musicale degli ultimi anni regge secondo me una visione internazionale. Poi ovvio sarebbe bellissimo avere un giorno un Sanremo che somigli all'Eurovision, io me lo immagino così il Sanremo del futuro. Magari diventerà così.