L’eclissi solare di Calcaterra sfila a Milano. Lo stilista: “Diamo alla bellezza il tempo di fiorire”
Volumi, rigore, equilibrio di forme e colori assoluti: nero, grigio, marrone. La collezione di Calcaterra per l'Autunno/Inverno 2022-2023 rinuncia ai fronzoli e si concentra sull'essenza dei capi. L'ispirazione, non a caso, viene dal cielo: lo stilista Daniele Calcaterra ha preso spunto da un'eclissi solare, un fenomeno che si ripete dall'inizio dei tempi ma che ancora lascia a bocca aperta tutta l'umanità.
In passerella si alternano cappotti indossati come abiti, completi monocromo e pantaloni ampi. Sono i dettagli a fare la differenza: maniche che si allungano con le frange e maxi fiori applicati al bavero. Fanpage.it ha intervistato lo stilista milanese alla fine della sfilata per parlare della sua nuova collezione e della sua idea di moda, genderless e inclusiva. E per il futuro? "Spero si torni alla qualità".
A cosa ti sei ispirato per la collezione Autunno/Inverno 2022-2023?
Mi sono ispirato a un'eclissi solare: è un fenomeno che esiste da sempre, ma quando la vediamo c'è una voce dentro di noi che ci dice di fermarci e di alzare gli occhi al cielo. Anche gli animali ne sono attratti… L'eclissi solare poi muove le forme e per i volumi, vengo ricordato per quello: ho giocato sulle spalle ingigantite al punto di crollare e lasciar vedere il corpo. In questo modo si ha una percezione di sensualità e femminilità celata sotto le giacche.
Quali sono i capi must della collezione?
Sono conosciuto per il capospalla, che ha avuto una grande evoluzione: in questa collezione è diventato addirittura un abito ho chiuso i cappotti come fossero abiti. Ho voluto giocare tanto con le ombre, come i fiori ingigantiti che vediamo di notte durante l'eclissi e non capisci che colore hanno.
Nella collezione non ci sono fronzoli, stampe: come riesci a parlare solo attraverso i volumi?
Con la matita. Io ho sempre disegnato, amo disegnare: nel momento in cui appoggio la matita sul foglio la mia mano va con la sensazione. Spesso questa sensazione esplode in un volume che è sempre diverso ma racconta molto di me e di come vedo le silhouette.
Dai colletti alle chiusure, i dettagli non sono casuali: cosa ci raccontano?
Quello per me è un gioco: dare una non interpretazione a un'interpretazione. In questo momento storico credo che ci sia voglia di una grande libertà: un collo che non è un collo e diventa un decoro, una manica che diventa un'altra cosa, un cappotto che diventa un abito. Non dobbiamo mai essere schiavi di un pensiero: dobbiamo essere dediti a un pensiero, ma non esserne schiavi.
Maschile e femminile si intrecciano: è una collezione genderless?
Nella collezione c'è un progetto genderfluid, con un asterisco nell'etichettatura che lo spiega. Il termine "noi" è importantissimo: ho voluto un casting multietnico perché l'eclissi ruba gli occhi a tutti. Noi siamo quello che siamo.
Qual'è il futuro della moda?
Spero che il futuro sia un ritorno alla qualità: non per forza a qualcosa di molto costoso, ma al rispetto di com'è fatto un abito. Diamoci del tempo, analizziamoci: per creare il bello esiste il tempo. Una lana particolare non puoi crearla in cinque minuti, e questo vale per la seta, per il cotone, che è un fiore. Lasciamo alla bellezza il tempo fisiologico di fiorire. Non bruciamo le tappe: prendiamoci il tempo di creare un'emozione.