video suggerito
video suggerito
Opinioni

Le modelle plus size spariscono dalle sfilate: la moda si è dimenticata della diversity?

Nuovi dati lanciano l’allarme sulla mancanza di diversità nelle sfilate di moda, dove tornano protagonisti corpi sempre più magri.
A cura di Beatrice Manca
47 CONDIVISIONI
Immagine

Bastava guardare un paio di sfilate di fila per accorgersene: le modelle curvy sono sparite dalle passerelle. Curvy, poi, per usare un termine tanto vago quanto abusato: a voler essere precisi sono tornate le taglie zero, i corpi filiformi post adolescenziali, a dominare le passerelle. Il preoccupante trend era già evidente durante la Fashion Week Primavera/Estate 2023, ma è esploso durante le sfilate Autunno/Inverno 2023-24. E, se non bastassero le foto, le denunce delle attiviste e le proteste degli addetti ai lavori arrivano i dati a confermarlo: meno del 1% delle modelle delle oltre duecento sfilate di febbraio poteva essere definito plus size.

Meno del 1% di modelle sono plus size

A confermare le inquietudini di molti addetti ai lavori (e non) arrivano i dati raccolti ed elaborati da Vogue Business sulle ultime sfilate di febbraio. Sommando le Fashion Week di New York, Londra, Milano e Parigi si ottengono 219 show, per un totale di 9.137 look. Di questi, solo lo 0,6% era plus size, mentre il 3,8% era definibile ‘mid-size'. C'è poi un altro problema: non sempre i vestiti plus size creati per la modella in passerella arrivano davvero nei negozi, anzi. La maggior parte dei brand di fascia alta non veste oltre la taglia 46, tagliando consciamente fuori una fetta di pubblico.

Ashley Graham alla sfilata Dolce&Gabbana
Ashley Graham alla sfilata Dolce&Gabbana

Le polemiche sulla mancanza di diversità in passerella

Il problema non è che sulle passerelle mancano le donne formose: mancano le donne normali. È impossibile trovare una donna taglia 42 e 44. I più sensibili, ancora una volta, sono i marchi più giovani: da Marco Rambaldi a Cormio, passando per ACT N°1, da sempre impegnati per scegliere un casting che abbracci corpi, età e taglie diverse. Tra le grandi Maison le eccezioni – rare – ci sono: Ashley Graham da Dolce&Gabbana, Jill Kortleve per Chanel e Max Mara, per fare un esempio, o il cast di Alexander McQueen. Ma sono, appunto, eccezioni, un obolo da pagare sull'altare dell'inclusività, necessario più per pubbliche relazioni che per la causa.

Alexander McQueen
Alexander McQueen

Gli abiti non sono pensati per donne alte un metro e sessanta: le modelle nascono per dare assoluto risalto all'abito, quindi era fondamentale che fossero magre, alte e senza curve. Una triangolazione che ha preso una deriva molto pericolosa tra la fine degli anni Novanta e l'inizio degli anni Duemila, tanto che campagne e iniziative contro l'anoressia costrinsero il settore a darsi regole più rigide in materia di salute. Magrezza faceva rima con bellezza, ma anche con successo o felicità. Ricordate gli Angeli di Victoria's Secret e le loro diete ai limiti della fisiologia umana? Come si poteva pensare che sbandierarle di fronte alle adolescenti non avrebbe avuto conseguenze devastanti?

Precious Lee sulla passerella di Moschino
Precious Lee sulla passerella di Moschino

Che fine ha fatto la body positivity?

Ma la moda corre più veloce della memoria del pubblico: per vendere un sogno, sembra, non servono corpi veri. E così, insieme alle tendenze anni Duemila, sono tornati anche quei corpi sottili in modo innaturale. Alla faccia del movimento body positivity, dell'amore verso se stessi, dell'inclusività, che fino a ieri sembrava la nuova parola d'ordine (oltre a sostenibilità) dell'industria. Per tutta risposta, British Vogue ha voluto celebrare le "nuove super" riunendo Jill Kortleve, Paloma Essler e Precious Lee in copertina: "Non volevamo fare una presa di posizione, ma incoronare un trio di donne, potenti, le supermodelle della nuova generazione". Ma il futuro della moda è davvero inclusivo?

47 CONDIVISIONI
Immagine
Nata a Roma nel 1992 e cresciuta a pane e libri a Viterbo, sono giornalista professionista dal 2019. In tasca una laurea in Editoria e un master in giornalismo alla Scuola Rai di Perugia. Lavoro a Fanpage nella sezione Stile e Trend. Mi occupo di questioni di genere e di moda, con un occhio di riguardo alla sostenibilità ambientale. Prima al Fattoquotidiano.it e Fq Millennium.
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views