L’amica geniale, nei costumi di Elena e Lila il racconto dell’Italia che cambia
Portare sul piccolo schermo L'Amica geniale non significa solo raccontare la storia di un'amicizia che attraversa l'arco di un sessantennio, con i suoi alti e bassi. Significa parallelamente presentare il ritratto di un'Italia che cambia, dagli anni Cinquanta ai primi anni Duemila, da quando le due protagoniste sono delle bambine a quando le loro vite prendono strade completamente diverse. Un'operazione come questa richiede studio e ricerca, per essere fedeli a scenari così diversi rispetto a quelli contemporanei. Nulla può essere lasciato al caso, dalle ambientazioni ai costumi, se ci si vuole allineare alla perfezione al vero storico ed essere coerenti e credibili. Il terzo volume della saga, Storia di chi fugge e di chi resta, è calato in una realtà fatta di rivolte studentesche, lotte operaie, una nuova libertà delle donne, un nuovo approccio dei giovani alla società. In questo capitolo Elena e Lila conducono due vite molto diverse e questa diversità è chiaramente ben espressa anche dal loro modo di vestire. La costumista Antonella Cannarozzi ha spiegato a Fanpage.it come ha lavorato per evidenziare i caratteri delle protagoniste attraverso il loro abbigliamento.
I costumi di Elena e Lila
In L'amica geniale – Storia di chi fugge e di chi resta, mentre Lila conduce la sua vita stabilmente a Napoli, ormai lontana dagli agi e dal lusso di cui aveva goduto durante il matrimonio, Elena sta cercando il suo posto nel mondo, viaggiando e introducendosi in ambienti colti. Antonella Cannarozzi ha dovuto necessariamente differenziare il loro abbigliamento, sulla base non solo dei loro diversi stili di vita, ma anche delle città frequentate. All'inizio degli anni Settanta vivere a Milano, era diverso da vivere a Firenze o Napoli (le città coinvolte nella storia): c'era meno omologazione ed erano mondi per nulla simili.
"Lila è un'operaia, ha completamente lasciato la sua vita agiata quindi ha un abbigliamento proletario da lavoratrice, la vediamo solo in fabbrica o in casa. Vive in condizioni disagiate, il suo abbigliamento è stratificato per proteggersi dal freddo. È funzionale al suo stato" ha spiegato la costumista. Molto diverso il caso di Elena, che raggiunge uno status sociale più alto: da Napoli va a studiare a Pisa, frequenta Milano e poi si trasferisce definitivamente a Firenze dopo il matrimonio.
Per lei Antonella Cannarozzi ha spiegato: "Elena raggiunge uno status più alto, da Napoli va a Pisa e poi a Firenze, si affaccia a una vita agiata. In quel periodo Firenze era una città molto elegante e borghese e ha un abbigliamento borghese anche lei, da intellettuale. Non cambierà mai tanto, perché quello diventa il suo mondo. Possiede capi semplici ma di qualità, ha uno stile rigoroso. Nel libro c'è un intero capitolo dedicato: è sua suocera che la accompagna nei negozi della Firenze bene dove comprare, le fa da maestra. Elena comincia a essere elegante nella sua sobrietà".
Elena e Lila diverse anche nei vestiti
Il cambiamento di Lila tra seconda e terza stagione è radicale. Se in qualità di moglie di Stefano Carracci poteva permettersi abiti di lusso e gioielli, quello stile di vita sfarzoso ora ha lasciato il posto alla miseria e alla povertà, avendolo lasciato. Quando era una donna in vista di Napoli, aveva avuto anche qualche eccesso nello stile, a differenza di Elena che resta sempre più semplice. In questo sta la loro sostanziale differenza: "Lila è una creativa, è estrema; Elena è un'intellettuale, mai appariscente".
Elena fugge, Lila resta
Le foto dell'epoca, le prime riviste femminili, i film girati in quel periodo, i libri, ovviamente i quotidiani: tutto è stato molto utile per ricostruire l'Italia di quegli anni, le sue trasformazioni. Un grande aiuto è arrivato dagli archivi de La casa delle donne di Roma, utili anche per avere informazioni su come ci si vestiva. Dopo questa fase di ricerca e studio si è passati alla parte pratica: c'erano da vestire le protagoniste, i personaggi principali e una miriade di comparse. "Il vintage che si trova nei negozi non è tantissimo. Ci siamo affidati a sartorie teatrali, magazzini di negozi molto antichi e storici di Napoli, molte cose sono state fatte su misura soprattutto per le protagoniste" ha spiegato a Fanpage.it la costumista.
La difficoltà ulteriore è stata quella di doversi destreggiare su più fronti, su più città, ciascuna avente una situazione culturale e sociale diversa: "Sono contesti diversi, abbiamo cercato di rendere questa diversità. Oggi c'è più omologazione, basti pensare alle multinazionali: Zara è la stessa in tutto il mondo. All'epoca tra Milano e Firenze il modo di vestire era diverso, i negozi proponevano articoli diversi e c'era il negozio di grido di ogni città. Firenze era famosa per la pelle, che ho usato anche io molto. Napoli già era più ferma a una condizione di rione". L'enorme lavoro fatto sui costumi ha permesso alla serie di risultare fortemente viva: sono un tassello importante dell'intero progetto di ricostruzione storica, consentono di immergersi in un mondo così diverso e lontano. A tutti gli effetti L'amica geniale è un film in costume e parallelamente un romanzo sociale, un'opera di formazione, una saga dei sentimenti.