A differenza dei filtri AR standard, che sovrappongono una sorta di maschera al volto, i più moderni filtri AI-AR, come il viralissimo Bold Glamour, alterano i volti con l'impiego dell'intelligenza artificiale. Si sfrutta la cosiddetta "rete generativa avversaria", la stessa dei deepfake: si ha un database di immagini ideali prese come riferimento, a cui rifarsi. È una tecnologia molto più raffinata, che restituisce un risultato gradevole e iper realistico, ma pur sempre irraggiungibile. Con un solo tocco si va a levigare il viso, alzare le sopracciglia, rimpolpare le labbra, ingrandire gli occhi, rimpicciolire il naso, gonfiare gli zigomi, marcare i lineamenti, scurire la pelle. Il risultato, visto l'impiego su larga scala, è chiaramente un esercito di facce tutte uguali, ma se si perdono unicità e riconoscibilità, il premio è la tanto agognata perfezione. Via i brufoli, l'acne, i peletti, le rughe, i rossori, le cicatrici, insomma tutto quello che ci hanno gradualmente insegnato a guardare come "difetti", da non mostrare ed eliminare.
Su Instagram tornano i visi veri
I filtri di bellezza ci hanno permesso di farci sentire giusti, accettati, almeno per il tempo di una Story: ma a che prezzo? Da un lato hanno consentito all'utente di sfoggiare una (seppur fittizia) perfezione, dall'altro hanno creato uno standard malsano, irrealistico agli occhi dell'osservatore e dell'utente stesso. È un modello irraggiungibile nella vita reale, dove non c'è filtro che tenga: perché a telecamera spenta è pur sempre con lo specchio che bisogna fare i conti, con la propria immagine reale. E infatti sarà difficile abituarsi di nuovo a mostrare e vedere sui social visi veri: ormai li percepiamo come qualcosa di fuori posto, ci mettono quasi a disagio per quanto sono fastidiosamente imperfetti.
Abbiamo passato anni a nasconderci dietro filtri di bellezza capaci di migliorare il nostro aspetto, dove per migliorare si intende renderlo del tutto aderente a determinati standard identificati come modelli di perfezione. Ora, invece, Meta fa un passo indietro: i filtri di realtà aumentata sviluppati da terze parti non saranno più disponibili sulle sue app (Instagram, Facebook, WhatsApp) dal 14 gennaio. Ciò significa che spariranno più di due milioni di filtri, quelli creati dagli utenti tramite Meta Spark Studio. Resteranno però a disposizione degli utenti quelli originali creati da Meta. Si parla di poco più di un centinaio, contro i milioni messi online da terzi, non più disponibili. Ufficialmente, la decisione è stata giustificata da Meta con la volontà di dare priorità ad altri investimenti aziendali, potenzialmente più redditizi. Potrebbe trattarsi di intelligenza artificiale e realtà aumentata.
Di sicuro, l'azienda non si è mossa spinta da motivazioni di tipo etico o morale. Anche quando gli studi scientifici hanno messo in collegamento l'uso di filtri col peggioramento della salute mentale non è stato fatto nulla, continuando a incentivare il circolo vizioso, un video virale dopo l'altro. Una ricerca canadese, infatti, ha scoperto che l’utilizzo di beauty filters aumenta il rischio di sviluppare dismorfismo, dunque l'ossessione per la ricerca di un fisico perfetto che getta in una profonda depressione e insoddisfazione, nei confronti del proprio aspetto fisico. Non si è mai abbastanza, ma non potrebbe essere altrimenti: è impossibile competere con un filtro nato per essere perfetto. Nulla a che vedere coi visi veri e i corpi reali.
Cosa cambia su Instagram dal 14 gennaio
Il timore concreto è che l'abitudine, l'interiorizzata ricerca di perfezione a tutti i costi, la paura del giudizio spingano ugualmente a un abuso di filtri, ma stavolta più nascosto. Un'alternativa verrà trovata di sicuro, un modo per aggirare l'ostacolo. Insomma, la cancellazione del Bold Glamour non ne fermerà l'uso e soprattutto non risolverà i problemi di autostima, non incentiverà all'amore verso se stessi, non disinnescherà la bomba del body shaming e del cyber bullismo. Ormai soprattutto i più giovani si sentono inadeguati, soffrono guardando le immagini strategicamente modificate e filtrate presenti online: il confronto si attiva spontaneamente e se ne esce inevitabilmente sconfitti. Questo malessere riguarda le immagini altrui, ma anche la visione della propria: non ci si riconosce. Si è divisi tra l'immagine vera e quella virtuale, quella che si ha e che si vorrebbe avere, quella richiesta dalla società per poterne fare parte. È una scissione che preoccupa e destabilizza, perché è come se esistessero due individui: c'è il corpo e c'è la rappresentazione virtuale di esso, che ha preso il sopravvento, dove tutto è culto dell'apparenza. E se non si ha una perfezione illusoria da mostrare, non resta più nulla.