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Il genio creativo di Elio Fiorucci in mostra alla Triennale di Milano, un omaggio all’icona pop

Come ha spiegato a Fanpage.it la curatrice Judith Clark, la mostra si focalizza sul grande contributo dato al costume, alla moda e all’arte da Elio Fiorucci, a quasi 10 anni dalla scomparsa.
A cura di Giusy Dente
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"Invadendo di colori e forme la Milano cupa degli anni Settanta e poi esportando la sua cometa cromatica nel mondo, Elio Fiorucci ha dato alla sua città il regalo di un primato nella creatività internazionale": con queste parole Stefano Boeri, Presidente di Triennale Milano, ha spiegato l'importanza della mostra dedicata a uno stilista che ha rivoluzionato il costume, la moda e la scena dell’arte contemporanea in Italia. L'esposizione a cura di Judith Clark si avvale del progetto di allestimento di Fabio Cherstich. Proprio la curatrice, intervistata da Fanpage.it, ha spiegato come ha cercato di restituire al pubblico tutta la genialità e creatività dello stilista.

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Una mostra per Elio Fiorucci

L'esposizione ha aperto le porte al pubblico il 6 novembre e resterà a disposizione dei visitatori fino al 16 marzo. È un omaggio a una figura chiave della cultura contemporanea, un artista creativo e aperto alle contaminazioni tra moda, pubblicità, design, arte visiva. La visione unica di Elio Fiorucci, la storia del marchio, la biografia del fondatore, ovviamente tanti materiali provenienti dal suo archivio personale: il progetto di Triennale Milano è ampio.

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A disposizione dei visitatori ci sono linguaggi differenti, che cercano di restituire il quadro completo dell'estetica di Elio Fiorucci, che traeva spunto e ispirazione da ogni forma d'arte: ecco perché trovano posto video, fotografie, plastici di architettura, abiti, accessori. L'identità del brand è sempre stata molto legata alla forte e colorata personalità del suo fondatore, in qualche modo presente nelle sale attraverso la sua voce, restituita attraverso registrazioni fino a questo momento inedite realizzate da lui stesso quando aveva 80 anni.

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La curatrice Judith Clark ha spiegato che la difficoltà è stata proprio in qualche modo fare una selezione che restituisse un quadro esaustivo: "Elio Fiorucci era talmente generativo che il dilemma della mostra è stato proprio contenere questa persona che coinvolgeva, ispirava e importava così tanto materiale. Con Elio era difficile trovare un perimetro. Lui diceva: parlo di moda, ma non parlo mai di moda, perché per lui era come una parola contenitore, conteneva tutti gli atteggiamenti e i progetti che lui svolgeva attorno alla moda, giocava con i sistemi della moda, agiva in modo pop. In lui tutto era azione".

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Nel suo lavoro si è mossa quindi su due binari paralleli: "Non si poteva fare una mostra infinita, bisognava cominciare da qualche parte e per me come curatore è molto importante pensare al dove siamo, quindi al contesto, non solo al cosa mettiamo. Quindi abbiamo usato come prima chiave di lettura la Triennale stessa. Elio Fiorucci era stato coinvolto in un progetto chiave della Triennale del 1979. Volevamo restituire Fiorucci come uno dei giganti del design al pari dei tanti artisti, architetti, grafici eccetera che di solito vengono esposti qui. Poi c'è la parte emotiva: sapevamo che le persone sarebbero arrivate col loro personale bagaglio di ricordi. E così abbiamo consolidato due voci: i ricordi e la struttura. È un ballo tra queste due cose".

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A proposito della struttura, c'è da dire che Fiorucci era molto legato alla sua città, in cui ha portato una ventata di colore e innovazione dal punto di vista della moda, del costume: "Milano era la sua città, l'ha cambiata. Prima di lui non si andava in un negozio per fare incontri: con lui invece i negozi sono diventati proprio questo, punti di incontro. Eppure era anche sempre in viaggio. Quando si viaggia ci si sposta da un luogo all'altro, c'è sempre un punto di partenza e uno di arrivo: lui tornava sempre a Milano, l'altrove doveva essere importato, ma sempre relativamente a Milano. Era il suo punto di riferimento".

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Impossibile non ricordare quando negli anni Sessanta aprì uno dei primi concept store della storia in San Babila (con le pareti decorate da Keith Haring): c'erano sì magliette e profumi, ma era anche un luogo di ritrovo e di confronto per gli artisti dell'epoca. La curatrice ha spiegato a tal proposito: "È stato difficile rendere in mostra questa idea. Infatti è una mostra ambiziosa in rapporto alla museologia, perché usa diversamente le parole e le atmosfere. Per questo c'è il lavoro dello scenografo Fabio Cherstich, perché i negozi erano in qualche modo scenografici. Lo abbiamo fatto, però, sempre pensando che ci troviamo nella Triennale, in una struttura didattica".

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A quasi 10 anni dalla morte di Elio Fiorucci, la mostra ne celebra tutta la grandezza, il genio creativo. Racconta la sua avventura pop, durata oltre 30 anni, che così tanto ha dato al panorama artistico e culturale dell'epoca: un'impronta che ancora oggi resta iconica e riconoscibile.

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