Il completo da uomo è destinato a sparire? Così lo smartworking ha messo in crisi giacche e cravatte
C'era una volta l'uomo in giacca e cravatta. C'era, perché l'era dello smartworking e dell'abbigliamento casual potrebbe aver fatto tramontare per sempre il completo maschile, la divisa da ufficio per eccellenza da oltre un secolo. Per due secoli il completo è stato un simbolo di eleganza e autorevolezza, l'abito dei "ricchi e potenti". Poi è stato declinato al femminile e si è adattato a ogni rivisitazione sportiva, eccentrica o colorata: più diventava un capo di moda, meno erano i posti che lo richiedevano. Ma oggi, dopo due anni di meeting dal salotto di casa, chi indossa ancora il completo la mattina?
Il completo, da divisa a maschile a femminile
L'abito in tre pezzi – giacca, gilet e pantaloni – per tutto il Novecento è stato il passepartout maschile, la divisa che distingueva il ‘gentleman' dall'operaio. Le origini sono da cercare indietro nei secoli, precisamente alla corte del re inglese Carlo II, che lo introdusse alla metà del Seicento. Nei secoli, il completo è stato alleggerito e modificato: dalle varianti sportive dello stile college a quelle british dei Mods, fino al colore e alla sensualità anni Settanta. Le donne iniziarono a indossarlo negli anni Trenta, prima grazie a icone dallo stile androgino come Marlene Dietrich, poi con il lavoro di stilisti come Yves Saint Laurent, che a metà degli anni Sessanta rese il completo con i pantaloni femminile e sensuale.
Negli Ottanta diventò la divisa delle donne in carriera: per avere successo, cara, devi vestirti come un uomo. Il completo significava autorevolezza, sobrietà, solidità: si indossava in chiesa e a cena, a teatro e in ufficio. Rimase famosa una foto di Aldo Moro con la cravatta perfino in spiaggia, per non venire mai meno al suo dovere di uomo delle istituzioni. Il completo, insomma, era la divisa dei potenti.
Ma poi le cose sono cambiate: lo streetwear e il casual si sono insidiati nel nostro guardaroba, allentando la cravatta e tutte le regole di dress code. I ricchi e i potenti della Silicon Valley hanno dimostrato che si può governare il mondo in dolcevita, o perfino in t-shirt. I dati di vendita lo confermano: i consumi delle cravatte sono crollati, e il mercato dei completi è sempre più stretto e sempre più femminile. Secondo i dati di Sistema Moda Italia le vendite di cravatte hanno accusato il colpo più grave durante la pandemia, seguite dai cali nelle vendite di confezioni e camicie. Il completo oggi è parte integrante del guardaroba femminile, dalle passerelle ai palazzi del potere, fino ai grandi eventi: il completo è ormai presenza fissa anche sui red carpet.
La crisi del completo da uomo
Il Covid ha sicuramente stravolto le nostre abitudini, ma la crisi del completo da uomo parte da lontano: quasi ovunque è stato sdoganato un abbigliamento più informale e comodo, e il completo è rimasto obbligatorio sono in alcuni specifici contesti: cerimonie e uffici. Chi metterebbe un completo per andare a cena o per andare al cinema? Il mondo del lavoro ha iniziato a cedere da anni: nel 2019 la Goldman Sachs cambiò i codici di abbigliamento sul lavoro, consentendo maggior flessibilità su cravatte e pantaloni purché si usasse "buon senso". E non è la sola: molte aziende, studi legali e corporation hanno aggiornato le proprie politiche. Ma nessun regolamento aziendale ha avuto il dirompente effetto dello smartworking, un ‘liberi tutti' collettivo. Chi fino al giorno prima doveva farsi il nodo alla cravatta prima di uscire di casa ha scoperto le gioie (e i dolori) di poter lavorare in tuta.
Una volta prese le misure con il nuovo ufficio da salotto, sono nati i dilemmi di stile: ci si può presentare alle riunioni su Zoom con la felpa? E con il pullover? Ne sono nati degli strani ibridi: giovani tirocinanti in giacca e cravatta (ma con i pantaloni del pigiama) che parlavano con i manager in polo, o in pile. Il lockdown ha sdoganato tutto lo sdoganabile, facendo saltare ovunque le regole: perfino alcuni ristoranti stellati hanno eliminato l'obbligo della giacca all'ingresso. Ora che il ritorno in ufficio a tempo pieno è dietro l'angolo come ci vestiremo? Il completo è arrivato alla fine della sua era?
Bisogna però considerare il fattore psicologico: in momenti di crisi, ci si rifugia nelle certezze. Crescono gli investimenti nelle borse di lusso, negli orologi e nell'oro, considerati beni rifugio, e si torna a un'eleganza meno eccentrica, più rassicurante. Le passerelle maschili negli ultimi anni hanno sdoganato quello che si chiama "un nuovo sartoriale", genderless e rilassato, fatto di colori accesi e piccole stravaganze da dandy.
Pensiamo ai completi disegnati da Alessandro Michele per Gucci, da Kim Jones per Dior Homme o allo stile di Louis Vuitton sotto la guida del compianto Virgil Abloh (che non a caso ha inventato lo streetwear di lusso). Il completo maschile è destinato a scomparire? Forse no, ma sicuramente non è più una divisa: sarà l'abito in cui rifugiarsi quando non si sa cosa indossare.