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I segreti dietro agli abiti del Gattopardo, il costumista:”Ci siamo ispirati ai colori della Sicilia e al film di Visconti”

Su Netflix è disponibile dal 5 marzo la nuova serie “Il Gattopardo”, che vede protagonisti Deva Cassel, Benedetta Porcaroli, Kim Rossi Stuart e Saul Nanni. Il costumista Carlo Poggioli – che per anni ha lavorato con Piero Tosi, che ha curato gli abiti nel film di Visconti – racconta a Fanpage.it i segreti dei costumi di una delle serie più attese dell’anno.
Intervista a Carlo Poggioli
Costumista
A cura di Arianna Colzi
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Deva Cassel e Saul Nanni
Deva Cassel e Saul Nanni

Nel 1963 quando esce al cinema Il Gattopardo di Luchino Visconti, che vincerà la Palma d'Oro a Cannes quell'anno, critici e spettatori capiscono subito che i costumi del film non rappresentano solo l'opulenza della nobiltà, ma sono funzionali alla descrizione dei personaggi. La collaborazione sincronica tra Visconti e il costumi Piero Tosi ha definito i caratteri di Angelica Sedara, Concetta Salina e Tancredi Falconeri, contribuendo anche a delineare l'immagine collettiva di star come Claudia Cardinale e Alain Delon, consacrati proprio ne Il Gattopardo. I costumi di Tosi riecheggiano anche nella serie Netflix omonima: qui i costumi sono curati da Carlo Poggioli, la cui carriera è iniziata proprio come allievo del maestro Tosi.

La scena di un ballo tra Don Fabrizio (Rossi Stuart) e Angelica (Cassel)
La scena di un ballo tra Don Fabrizio (Rossi Stuart) e Angelica (Cassel)

"Il lavoro del costumista consiste anche nell’aiutare gli attori a entrare dentro i personaggi, spiegare perché indossa un dato colore o un preciso abito", spiega Poggioli a Fanpage.it. "Per esempio, nel Gattopardo, essendo ambientato nell’Ottocento, le attrici hanno dovuto indossare sempre una serie di corpetti, un indumento non comodissimo recitare. Per questo ho mostrato loro la documentazione dell’epoca, soprattutto dipinti, spiegando che il portamento delle aristocratiche era proprio dovuto al busto che indossavano ogni giorno".

Uno dei costumi creati da Piero Tosi e indossati da Claudio Cardinale ne "Il Gattopardo"
Uno dei costumi creati da Piero Tosi e indossati da Claudio Cardinale ne "Il Gattopardo"

Hai collaborato con Piero Tosi per anni: cosa porti del sodalizio con lui ne Il Gattopardo?

Ho lavorato con lui dal 1990. Sono stato suo assistente: è stato il mio mentore per tutta quella che è stata la mia carriera. Avevo dei racconti straordinari di tutti i film di cui lui ha curato i costumi. Grazie ai suoi racconti, avevo una visione molto chiara di quelle che sono state le difficoltà sul set de Il Gattopardo. Ai tempi ovviamente non avevano le stesse possibilità che abbiamo avuto noi oggi, anche nel reperire i materiali. D’altro canto, però, Tosi ha impiegato due anni a preparare i costumi per il film di Visconti. Noi abbiamo impiegato tra i sette e gli otto mesi e devo ringraziare la produzione di Netflix e Indiana Productions per avermi messo a disposizione tutto ciò di cui avevo bisogno”.

Angelica e Concetta a passeggio con gli abiti tradizionali dell'epoca
Angelica e Concetta a passeggio con gli abiti tradizionali dell'epoca

Quanti costumi sono stati realizzati in tutto?

"Nella serie abbiamo 6mila costumi. Sono stati realizzati ex novo tutti i costumi del cast, realizzati dalla Sartoria Tirelli Trapetti, che ha confezionato i costumi del Principe, di Angelica e di Concetta. La sartoria romana Tirelli ha realizzato anche tanti costumi del ballo. Purtroppo abbiamo pochi materiali risalenti al 1860 (l’anno in cui è ambientato, in parte, il romanzo, ndr), mentre abbiamo tanti costumi di repertorio, ma del film di Visconti non era rimasto più niente, tranne uno degli abiti di Angelica, qualche capo di Alain Delon e di Burt Lancaster.

Benedetta Porcaroli è Concetta ne "Il Gattopardo"
Benedetta Porcaroli è Concetta ne "Il Gattopardo"

Ti sei ispirato a qualche abito in particolare del film di Visconti?

Assolutamente, anche se poi ci siamo allontanati in termini di coloriture e da quell’estetica viscontiana – un’estetica al limite della perfezione – attenendoci molto alla trama del libro. Tutto è stato sviluppato maggiormente avendo a disposizione sei puntate, rispetto alle due ore e mezzo del film. Il Gattopardo risentiva profondamente del fatto che Luchino Visconti provenisse da una famiglia aristocratica, dunque conosceva tutte le regole dell’aristocrazia. Noi abbiamo scelto di rendere i personaggi più reali, anche considerato il caldo e i colori della Sicilia.

Kim Rossi Stuart è Don Fabrizio Salina
Kim Rossi Stuart è Don Fabrizio Salina

Abbiamo alleggerito molto i tessuti, abbiamo strizzato l’occhio alla modernità pur mantenendo le forme degli abiti di quel secolo. Rispetto al film, dove i costumi maschili erano sempre impeccabili, con i colli duri, con le cravatte, i nostri personaggi sono invece sudati, risentono del caldo torrido e i tessuti sono meno pesanti come nell’Ottocento. Abbiamo utilizzato tanti lini e meno panni pesanti: sia i costumi maschili che femminili sono più leggeri. Sia gli uomini che le donne sono più scollati rispetto al mondo siciliano: questo ci serviva per raccontare la storia attraverso gli occhi della contemporaneità”.

Uno degli abiti di Concetta (Benedetta Porcaroli)
Uno degli abiti di Concetta (Benedetta Porcaroli)

C’è qualche citazione esplicita ai costumi di Piero Tosi?

"Le forme sono le stesse del film, anche riprendendo quelle originali dell’Ottocento. Per preparare il film, infatti, ho visitato la casa museo di Raffaello Piraino, a Palermo. Piraino è il maggiore collezionista al mondo di costumi di quell’epoca, in particolare modo dell’aristocrazia siciliana di quegli anni perché anti eredi di queste famiglie hanno donato alla casa museo i costumi di famiglia. Osservando da vicino quegli abiti sono rimasto stupito dalla leggerezza dei materiali, perché erano fatti di sete leggere e di garze, uno dei vestiti esposti sembra proprio appartenuto a Concetta".

Una scena de "Il Gattopardo"
Una scena de "Il Gattopardo"

Il film racconta il tramonto di un’aristocrazia che, per sopravvivere, cedendo all'avanzare di una certa borghesia: la moda nella serie racconta questo cambiamento? Come cambiano i costumi nel corso delle puntate?

"Fin dall’inizio abbiamo deciso insieme al regista, allo scenografo Dimitri Capuani e al direttore della fotografia una palette per ogni personaggio che raccontasse un percorso: siamo partiti dal caldo di Palermo, poi Donnafugata – con una serie di colori che rispecchiassero il mare, il verde della Sicilia – per arrivare a Torino dove i colori diventano più cupi, anche rispettando il fattore climatico. Quanto il Principe arriva in Piemonte indosserà una serie di cappotti e abiti che finora non avevamo mai visto a Palermo. Ogni personaggio ha dei colori precisi: per Angelica siamo rimasti sui colori caldi, almeno fino al suo arrivo a Torino, mentre per Concetta abbiamo scelto dei colori più fretti, soprattutto sull’azzurro e sul verde".

Uno dei costumi della serie
Uno dei costumi della serie

Quali sono le differenze principali tra i look che vedremo indossati da Porcaroli e Cassel?

"Angelica (Deva Cassel) è stata mandata dal padre, Don Calogero Sedara, a studiare in Francia, per questo ho voluto dare un tocco un po’ più francese ai suoi abiti. Concetta, invece, rappresenta l’aristocrazia decadente, dunque i suoi abiti sono più tradizionali e accollati, a differenza di quelli di Angelica che sono più scollati e sfrontati.

Uno degli abiti utilizzati da Angelica Sedara (Deva Cassel) per il ballo
Uno degli abiti utilizzati da Angelica Sedara (Deva Cassel) per il ballo

Nella serie, però, la maturazione di Concetta sarà visibile anche attraverso gli abiti. In una scena Don Fabrizio assiste alle prove di un vestito di Concetta e al sarto chiede di creare un abito che possa introdurla in società. Da quel momento, Concetta si trasforma rispetto alla novizia del Convento e pur rimanendo sempre piuttosto chiusa, si avvicina ai look di Angelica".

La scena in cui Concetta si prova l'abito davanti al padre, Don Fabrizio
La scena in cui Concetta si prova l'abito davanti al padre, Don Fabrizio

Qual è stato, invece, il lavoro sui gioielli?

"Sui gioielli abbiamo fatto un grande lavoro. Per il film Il Gattopardo tutti i personaggi sfoggiavano dei gioielli veri ed erano forniti non solo da Eleuteri, un famosissimo gioielliere di antiquariato a Roma, ma da Visconti stesso, che aveva messo a disposizione del film i gioielli di famiglia, come le perle della madre e molto altro. Per questo avevo la tentazione di utilizzare anche io gioielli veri.

Uno dei due balli che vedremo nella serie
Uno dei due balli che vedremo nella serie

Mi sono affidato a Pikkio e a Seam, due laboratori specializzati che a Roma realizzano gioielli e componenti per abiti e costumi di scena, e ho fatto realizzare più di mille parure. Ogni personaggio aveva i suoi gioielli coordinati alla palette colori. Per i balli abbiamo dovuto fare un lavoro in più: i balli principali sono due e per ognuno di questi abbiamo realizzato non solo i gioielli ad hoc, ma anche i costumi nuovi, realizzati da stoffe ricamate confezionate in Francia, tutto questo perché non c'erano materiali di repertorio. Proprio per la delicatezza del tema, trattato con maestria da Piero Tosi, sapevo che sarebbe stato un lavoro complesso e delicato: infattiho chiesto tre giorni prima di scegliere di accettare".

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