Edoardo Pinto, la rinascita col percorso di transizione: “Mi guardavano come se non fossi umano”
"Immaginate una camera disordinatissima: cassetti aperti, tutto per aria. Ad oggi è tutto in ordine": Edoardo Pinto sta sistemando quella stanza che per troppo tempo è stata dominata dalla confusione. Dagli 8 ai 21 anni ha vissuto in costante conflitto con se stesso, cercando di colmare un vuoto a cui non sapeva dare un nome. Sapeva, però, che quel corpo femminile in cui era nato non lo sentiva suo. Essere nel mezzo e sentirsi né donna né uomo lo ha esposto a commenti, battutine, domande, agli sguardi di chi lo osservava come fosse un mostro, come fosse qualcosa di sbagliato. Oggi, dopo tanta sofferenza, è sereno: ha perdonato coloro che lo hanno fatto soffrire e definisce simpaticamente la sua vita "un circo", perché prende con ironia e col sorriso anche le difficoltà. Sa di aver intrapreso una strada complicata, ma sa che è anche l'unica possibile per essere felice e per essere davvero libero: il percorso di transizione.
Quando tua figlia ti chiede: "Se fossi un uomo?"
Alle mamme non sfugge niente: magari certe cose non sono forse facili da ammettere, da dire ad alta voce, ma nel profondo del loro cuore le sanno. A Fanpage.it Edoardo Pinto ha raccontato che ancor prima di fare coming out, sua madre aveva intuito quale potesse essere il problema, dunque non è stata del tutto una novità sentir parlare di disforia di genere (quando si ha un'identità di genere diversa dal sesso assegnato alla nascita). Per Edoardo i disagi sono cominciati presto, quando aveva 8 anni: "Mi ricordo una scena. Ero con mia mamma fuori alla scuola elementare, mi stavo preparando per la gita e avevo il cappellino coi capelli sciolti. Li ho raccolti tutti, li ho messi sotto il capellino, ho guardato mia mamma e le ho detto: e se fossi un uomo? Da lì è iniziato il circo e lo chiamo così perché fa ridere. Fa ridere la storia che c'è dietro ogni sofferenza".
Dagli 8 ai 21 anni la strada è stata tortuosa e la pubertà è stata la fase più difficile: "Mi sentivo né uomo né donna. In seguito a un infortunio sono stato fermo un mese. Da 40 chili che pesavo a 14 anni prendo 10 chili e il corpo cambia di conseguenza al tuo genere biologico: le prime mestruazioni, i fianchi che si modellano, il seno. Trauma immenso. Non riuscivo proprio a guardarmi". Poi ha trovato il coraggio di cercare tutte quelle risposte che gli mancavano. Proprio sua madre è stata la prima persona con cui si è confidato, dicendo ad alta voce di essere nel corpo sbagliato: "Non l'ha presa benissimo. Così come è per me un percorso lo è anche per chi mi sta vicino, quindi ho lasciato i giusti spazi anche a loro per metabolizzare la cosa, come anche io la stavo metabolizzando".
La rinascita di Edoardo
Il percorso di transizione di Edoardo è cominciato con la psicoterapia intrapresa a settembre 2021. Si è rivelata fondamentale per sistemare innanzitutto i problemi che aveva con se stesso e per capire realmente la natura del suo malessere. Il secondo passaggio, è stato il testosterone: "Ho iniziato la terapia ormonale il 21 maggio 2022, un giorno dopo il mio compleanno: nuova nascita" ha raccontato. E con una certa gioia ha cominciato a notare i primi cambiamenti, a livello fisico e comportamentale: "La mattina mi alzo e vado davanti allo specchio per vedere se è cambiato qualcosa! Poi in realtà sono minimi i cambiamenti, non li vedi subito: è una sfida contro la pazienza".
In futuro ha in mente di sottoporsi alla mastectomia, ma è certo che sia la psicoterapia la parte fondamentale del percorso, più di qualunque operazione chirurgica. "Il passo più importante è sistemare le cose dentro il cuore e nella testa, perché la terapia ormonale non salva dalle sofferenze" ha spiegato, rivolgendosi in particolare a chi è in una situazione simile alla sua. Negli otto mesi di terapia lui ha imparato una cosa essenziale: "A rispettarmi, cosa che prima non facevo: non mi piacevo e non rispettavo il mio corpo, dando modo anche agli altri di non rispettarmi".
Il percorso di transizione, la strada verso la felicità
Edoardo è pienamente convinto della scelta fatta: "È l'unica soluzione. Temevo un po' per la mia vita: la depressione, il fatto di sentirsi così male costantemente, cercare di riempire questo vuoto a un certo punto non ti basta più. Col coming out è esploso quel mucchio di roba accumulato per anni" ha spiegato. La domanda che gli rivolgono più spesso è ancora quella che lo ha accompagnato sin da quando ha memoria: sei maschio o femmina? E il più delle volte l'intento non è realmente capire qualcosa di lui e della sua storia, ma ferire e basta: "La cosa su cui ho sofferto di più penso sia il fatto di essere guardato cercando di capire cosa fossi, come se non fossi un essere umano. Non voglio colpevolizzare le persone che mi hanno trattato male o con poco rispetto. Quando qualcosa è diverso è difficile da capire. Nel mio, penso di essere così sereno perché ho perdonato tutte queste cose".
Ancora oggi qualcuno lo chiama col suo dead name (il nome di nascita di una persona transgender) più o meno inconsapevolmente, ma per lui non è un problema: "Carlotta è stata una parte fondamentale della mia vita, perché se sono arrivato a essere chi sono oggi è perché Carlotta è stata male. Non mi offendo quando mi fanno domande sul prima di Edoardo, mi offendo quando usi quella piccola cosa per ferirmi". Al momento Edoardo è concentrato su se stesso e sta facendo esattamente quello che ciascuno di noi nel suo piccolo e a proprio modo fa costantemente giorno dopo giorno: cercare la felicità. Non ha dubbi su dove sia la sua e se riesce a vederla, è proprio perché finalmente nel suo cuore e nella sua mente regna l'ordine e non il caos: "Se io mi immagino tra 20 anni, non mi immagino donna". Nella stanza dove prima era tutto in confusione, ora è finalmente tutto al posto giusto.