Fu arrestata e poi celebrata nei musei. Passò dalle inquietudini del punk ai volant del new romantic. Cucì le labbra della regina Elisabetta sulle sue t-shirt e poi fu ricevuta a Buckingham Palace (dove scordò casualmente di indossare la lingerie). Si inventò e reinventò più volte, senza perdere mai la sua indipendenza, anticipando i trend dei decenni a venire. Libera, nella moda come nella vita privata, e impegnata a combattere le battaglie per l'ambiente e per i diritti civili. La stilista Vivienne Westwood, morta all'età di 81 anni, è stata rivoluzionaria in ogni possibile senso.
Vivienne Westwood, dal punk ai pirati
Oggi usiamo con fin troppa disinvoltura gli aggettivi "rivoluzionario" e "iconico". Pochi designer però meritano come Vivienne Westwood il ruolo di veri disruptor del fashion system: "Sono nella moda solo per distruggere la parola conformity", disse di sé in un'intervista. La moda oggi piange la perdita di un'icona. Ingiustamente viene ricordata solo come la regina del punk: è vero che fu lei, insieme a Malcolm McLaren, a dare alla rabbia giovanile una divisa dalla boutique del 430 di Kings Road. T-shirt strappate, ossicini di pollo cucite, catene e slogan urlati per scandalizzare la perbenista società britannica degli anni Settanta. Fino a quelle t-shirt con il volto della regina Elisabetta, simbolo di un Paese intero, oltraggiosamente cucite con le spille da balia.
Ma anche il punk finì: i Sex Pistol si sciolsero e Vivienne Westwood prese le distanze dal movimento. La sua avventura nella moda sarebbe potuta finire lì: una madre single con due figli a carico, senza soldi né prospettive. E invece Vivienne Westwood ricominciò da zero, riprese a studiare e si innamorò dei pirati, la pagina più affascinante della storia britannica. Ed ecco che Vivienne Westwood rinacque con il new romantic, portando in passerella crinoline, volant e drappeggi.
E ancora: le citazioni vittoriane, dai corsetti al velluto, che rivoluzionarono l'estetica degli anni Ottanta. I corsetti, che oggi piacciono tanto alla moda (e alla gen Z)? Li aveva già mandati in passerella lei. Le scarpe con i platform esagerati? Sue: come non ricordare Naomi Campbell che inciampò in passerella su tacchi di 22 centimetri?
La lingerie a vista? La sdoganò lei. Per non parlare della rinascita del tartan, riveduto e corretto alla sua maniera, e del ritorno del tweed. Westwood anticipò tutto questo guardando sempre avanti con vent'anni di anticipo.
Un capitolo a parte meritano gli abiti da sposa Vivienne Westwood, tutto fuorché convenzionali: perfino la fashion victim Carrie Bradshaw (Sarah Jessica Parker) ne indossò uno nel film di Sex and the city per convolare a nozze con il suo Mr Big. Il matrimonio saltò, ma l'abito rimase iconico.
Vivienne Westwood, l'attivista che voleva salvare il mondo
Ciò che la rese – e la rende ancora oggi – unica e amata in tutto il mondo è il suo impegno per la causa. Quale? Ce ne sono state molte, ma sicuramente Vivienne Westwood fu un'ambientalista convinta prima che la parola stessa prendesse piede, dentro e fuori la moda. Vegana dagli anni Settanta, il suo mantra è sempre stato: comprare meno, ma meglio.
Lei stessa si definiva un'attivista, e a buon diritto: non ha mai avuto paura di scendere in piazza, perfino di essere arrestata e di prendere posizione contro il fracking o per i diritti delle coppie omosessuali. Punk, dentro, lo è sempre stata: quando la regina Elisabetta II la nominò Dama dell'impero britannico deliziò i fotografi assiepati fuori da Buckingham Palace facendo una piroetta. Sotto la gonna, guarda un po', non indossava la lingerie.
L'addio di Andreas Kronthaler
Forse l'unico atto conformista mai compiuto dalla stilista fu quello di tenere il cognome del primo marito, Westwood (lei era nata Wire). Per il resto, la sua intera esistenza fu un continuo sovvertimento delle regole: nel 1993 sposò un suo promettente studente, Andreas Kronthaler, incurante della differenza di età. Fino alla fine Andreas sarà suo marito e il suo braccio destro, tanto che oggi ha preso le redini dell'azienda della moglie. Quando lei era ancora in vita, concesse – anzi, spinse – il marito a firmare le collezioni con il suo nome e a uscire con lei in passerella. È lui, oggi, a ricordarla con le parole più dolci: "Continuerò a vivere con Vivienne nel mio cuore. Abbiamo lavorato fino alla fine e mi ha lasciato tante cose per andare avanti. Grazie tesoro".