Costumi e vestiti per proteggersi dal sole: cos’è l’abbigliamento anti-UV e perché ne sentiremo parlare
Un cappello per riparare il viso, gli occhiali da sole e la protezione da mettere ogni giorno, riapplicandola spesso. Le regole per prendere il sole in sicurezza ormai le conosciamo (anche se non sempre siamo ligi nel seguirle) ma in tempi di estati sempre più torride e lunghe, la crema solare potrebbe non bastare. Sempre più marchi propongono capi di abbigliamento, costumi da bagno e cappelli anti-UV, cioé in grado di proteggere la pelle dai danni del sole: ma come funzionano? E soprattutto: stiamo assistendo al futuro della moda nell'era dei cambiamenti climatici?
Come funziona l'abbigliamento UPF
Quando si parla di abbigliamento anti UV, o di abbigliamento protettivo, la dicitura a cui fare attenzione è la sigla UPF, Ultraviolet Protection Factor. Il fattore di protezione UPF varia su una scala da 15 a 50+, un po' come funziona per le creme solari. Il numero, in questo caso, indica quando a lungo la pelle è protetta dai raggi UVA e UVB. Una maglia UPF40, quindi, offre una protezione 40 volte più alta della pelle nuda. Sembra banale ricordarlo, ma l'abbigliamento anti UV protegge solo la pelle coperta, quindi bisogna fare attenzione alle parti esposte e ‘di confine', come i polsi e il collo di una maglietta. La protezione non è mai assoluta e completa: se possibile, è bene evitare di restare troppe ore sotto il sole e in ogni caso vanno sempre indossati gli occhiali da sole per schermare gli occhi, un cappello e la crema solare.
Perché i vestiti anti-UV sono sempre più richiesti
Il fenomeno dell'abbigliamento anti-UV ha trovato terreno fertile prevalentemente in Cina e sul mercato asiatico, dove il rapporto con l'abbronzatura è molto diverso da quello occidentale. Se per noi la tintarella (presa con le dovute cautele) è un apprezzato fattore estetico ed è associata alla salute, in Oriente il diktat è quello della pelle bianchissima. Lo dimostra l'uso della crema solare ogni giorno, anche d'inverno, come parte della skincare routine, e il successo del facekini che ripara il viso dai raggi solari. Ora però non è più una questione estetica, ma di salute: le estati sempre più torride, conseguenza dei cambiamenti climatici, richiedono una protezione sempre più alta dai raggi solari. La crema, in molti casi, non basta più.
La moda si adatta ai cambiamenti climatici
L'abbigliamento anti UV sta prendendo perciò rapidamente piede su scala globale: oggi viene acquistato principalmente dagli sportivi o dagli escursionisti, ma in un futuro neanche troppo lontano potrebbe essere una parte integrante del nostro guardaroba estivo. Patagonia, brand specializzato in outerwear sostenibile, offre un'intera collezione di capi di abbigliamento con fattore di protezione solare 40+ UPF, per adulti o per bambini. Secondo il sito, il tessuto di magliette, giacche e cappelli blocca il 97,5% dei raggi UV.
Ma anche Uniqlo, popolare catena giapponese di moda low cost, vende camicie, parka e leggings con UPF 40+, per allenarsi sotto al sole in sicurezza. Anche marchi sportivi come Nike o Decathlon hanno nel proprio assortimento indumenti protettivi. Prima di partire per una vacanza esotica o di fare trekking sotto al sole, è sempre meglio consultarsi con il dermatologo. Il fenomeno però è interessante perché ci anticipa un tema che sarà sempre più cruciale: anche la moda dovrà fare i conti con i cambiamenti climatici.