Come cambia la reputazione di Armani: “La crisi non è così grave, dipende dall’esito giudiziario”
Pochi giorni fa il mondo della moda è stato scosso da uno scandalo, che ha investito in pieno la Maison di Giorgio Armani. Il Tribunale di Milano ha disposto l'amministrazione giudiziaria per la Giorgio Armani Operation S.p.a. per condotta agevolatoria dello sfruttamento di lavoratori. Al centro delle indagini c'è un'inerzia della Casa di moda nei confronti del caporalato messo in atto dalle imprese a cui era stata appaltata la produzione degli accessori, che operavano con opifici abusivi e manodopera cinese irregolare e a basso costo. La Giorgio Armani Operations S.p.a., non è indagata, ma solo in amministrazione giudiziaria. Il sistema dei subappalti pare sia diffuso nella filiera produttiva del settore fashion e luxury. Solo pochi mesi fa la sezione misure di prevenzione del Tribunale di Milano aveva disposto il medesimo provvedimento anche per la Alviero Martini S.p.a. per gli stessi motivi: le condizioni dei lavoratori nelle aziende a cui la Maison aveva appaltato la produzione di borse e accessori. Andrea Barchiesi, il fondatore di Reputation Manager (società che si occupa proprio della costruzione della reputazione online di aziende e brand) ha commentato la crisi che sta attraversando l'azienda di Giorgio Armani.
L'impatto della crisi sulla reputazione di Giorgio Armani
Solo pochi mesi fa Giorgio Armani era sul podio della classifica Top Manager Reputation. In classifica, tra i nomi legati al mondo della moda, anche Brunello Cucinelli (ottavo) e Miuccia Prada (diciottesima). Lo stilista è molto amato. L'esperto ha infatti spiegato: "Ha una reputazione altissima. Noi lo studiamo da anni e qualsiasi cosa faccia è come una camera dell'eco, in cui ogni volta che parla viene amplificato. C'è moltissima ripresa anche sulla sua storia, la sua vita di self made man. C'è una caratura molto importante, è un'icona internazionale non solo italiana. Poi lui molto spesso ha preso posizioni molto etiche, per esempio sul rispetto del corpo femminile".
Il caso di cui oggi la Maison è protagonista riguarda però una questione etica ben più complicata, per certi versi percepita come lontana: si parla di catena di produzione, di caporalato, di sfruttamento. La crisi, per il momento, non ha avuto un impatto significativo sulla reputazione del brand. Secondo il Reputation Manager: "La crisi non è così grave, è un po' tra gli addetti al settore: si è accesa, ma è rimasta bassa di picco e si è quasi subito spenta. Dal punto di vista dell'immagine non ci sarà un forte impatto, molto dipenderà dall'esito giudiziario. Bisognerà vedere come evolverà, ma per adesso si è messa in una camera un po' tecnica. È una crisi particolare, non c'è interesse, forse anche per l'eccezionalità del personaggio. Anche i giornalisti hanno un certo pudore, un senso di protezione".
I motivi sono tre: "Una crisi è probabilistica: non dipende dalla questione in sé, ma dipende molto dalla percezione della questione stessa. Questa non è una cosa percepita come vicina ai cuori della società civile e poi la moda non è nuova a questa cosa. Una crisi deve avere un fattore ortogonale, di novità. Qui non c'è la novità, non è qualcosa di stupefacente. Se avessero scoperto una cosa nuova, indipendentemente dalla gravità, sarebbe stata ortogonale, misurabile, un elemento nuovo. Questo avrebbe attratto e dato ossigeno alla crisi. Seconda cosa: è percepita come lontana. Terza caratteristica fondamentale della crisi è che deve esserci spazio mediatico e in questo momento lo spazio mediatico è abbastanza caldo ma per varie altre vicende politiche. Questo è come se levasse ossigeno alla fiamma della crisi".
Quanto "misura" la crisi
Mesi fa, a proposito della crisi relativa a Chiara Ferragni, Andrea Barchiesi aveva spiegato che ogni crisi è una situazione differente, non sono tutte uguali: ognuna ha la sua forma e se ne può misurare l'entità. Si prendono in considerazione diversi fattori: nello specifico, lo studio prevede un modello a 11 dimensioni, tra cui la dimensione sociale, la dimensione politica, quella etica, quella finanziaria, quella giudiziaria. A proposito del caso Armani è stata fatta la stessa misurazione. "Qui la parte giudiziaria è ancora in fieri, sulla parte di branding c'è l'impatto grosso e anche sugli stakeholder". Se la crisi Ferragni misurava 7.32, la crisi Armani misura invece 5.81.
Cosa hanno in comune il caso Armani e il caso Ferragni
Il caso Armani potrebbe innescare indagini a valanga, una sorta di effetto domino nel mondo moda. Si parla di effetto contagio. Andrea Barchiesi ha sottolineato questo aspetto: "La reputazione è sistemica. Significa, quindi, che nessuno è un'isola e ogni entità è relazionata: è come se fosse un sistema matrioska. A maggior ragione le società dello stesso settore creano delle vibrazioni nel momento in cui hanno una crisi, che si ripercuote nel fluido in cui sono tutti immersi e arriva anche alle altre. Per essere pratici: Armani ha subito poco impatto da questa cosa, ma non toglie che abbia innescato un potenziale effetto domino e anche di attenzione su un fenomeno, su tutta quest'area, su tutto il carattere, su tutto il mercato, su tutta la filiera".
In questo aspetto c'è una similitudine col caso Ferragni: "Come è successo nel caso di Chiara Ferragni, che ha avuto delle ripercussioni su tutto il terzo settore e la solidarietà, portando fino ad una legge, questa cosa può essere di innesco di un filone estremamente problematico per tutto il settore della moda. Chi pensa che questa cosa riguardi solo Armani, ha sbagliato del tutto, perché non funziona così. Da questo istante in poi dovrebbero essere tutti più attenti, perché è molto più probabile oggi quella scintilla".