Blanco, l’artista rivelazione arriva a Sanremo 2022: cosa indosserà al Festival
L'attesa per Sanremo, l'evento musicale più seguito d'Italia, è terminata: dal 1 al 5 febbraio 2022 il Festival arriva in prima serata, condotto ancora una volta da Amadeus insieme a cinque co-conduttrici. Domenica sera il conduttore ha reso nota la scaletta della prima e della seconda serata, svelando perfino ai 25 big in gara quando si esibiranno. Tra i cantanti più attesi c'è sicuramente la coppia formata da Mamhood e Blanco: il rapper icona di stile torna al Festival dopo la vittoria del 2019 con la hit Soldi, duettando con la rivelazione della musica italiana. Blanco, 18 anni, ci ha conquistati con la hit Mi fai impazzire e con lo stile irriverente: ama cantare in boxer e correre nudo. La sua stylist, Silvia Ortombina, intervistata da Fanpage.it anticipa qualche dettaglio e spiega com'è nato il loro percorso insieme.
Silvia Ortombina è la fondatrice dello studio creativo milanese Tiny Idols, che cura lo styling di artisti nei video musicali e nei live show, con alcune incursioni nel mondo pubblicità e della moda. Per Silvia Ortombina la moda è di casa: sua nonna cuciva gli abiti a mano, suo zio lavorava per Puma e la madre aveva una azienda di moda. La passione per la moda si è presto intrecciata a quella per la musica: i primi lavori sono stati i videoclip di artisti indipendenti, per poi arrivare ai big della scena pop italiana. Negli anni numerosi cantanti e musicisti si sono affidati alla creatività di Tiny Idols: da Elodie, all'inizio della sua carriera, fino a Salmo, Dardust, Fulminacci e di recente anche Coez. Ora arriva all'Ariston insieme a Blanco, che sul palco vestirà l'eleganza di Valentino alternandola allo stile eclettico di The Attico. "Sanremo è la giusta occasione per tradurre la sua carnalità in eleganza semplice ed evolverla", spiega la stylist. La prima apparizione sanremese, sul green carpet di lunedì 31 gennaio, sarà proprio in un look The Attico, il brand fondato da Gilda Ambrosio e Giorgia Tordini, che per la prima volta firmerà un total look maschile.
Com'è nato l'incontro con Blanco?
Era il settembre 2020 e ho ricevuto un messaggio da Anna Brioschi che mi invitava a conoscere Riccardo perché a stretto giro avrebbe dovuto scattare alcuni ritratti con Giulia Bersani. Il brief è stato alquanto bizzarro e surreale: "Guarda, lui si sente a suo agio in mutande". Ho pensato: "..ok!"
Vuoi raccontarci il lavoro svolto fin ora con Blanco e l'estetica che hai creato con lui per video musicali e apparizioni pubbliche?
Più che un lavoro svolto, mi piace pensare a un viaggio, uno di quelli dalle tappe random con mille coincidenze positive. Il primo incontro è stato a casa di Giulia Bersani, mi è stato chiesto di seguire una linea real, mi sono ispirata un po’ a Young Lean e Jaden Hossler all’inizio. Credo avessero pensato a me e al mio team proprio perché la nostra moda è diversa e mira a uno styling personale, autentico. Ricordo di aver portato dei denim custom e dei rework di t-shirt che avevo appena fatto e Blanchito è impazzito. Ho preso anche qualche vest per lasciare spazio alla pelle, al suo lato carnale. Di lì a poco pero ci sarebbero stati i primi videoclip. Ricordo benissimo quando Simone Peluso ed io abbiamo fatto il brief per ‘Ladro di fiori'. È stato un brainstorming al contrario, dove continuavamo a togliere, togliere. Finché non è uscita l’immagine con i fiori in faccia, ho fatto personalizzare una corona di alloro e creato la prima mutanda in natural dyeing. Per ‘Paraocchi' l’ispirazione è arrivata dal mondo post soviet. Simone mi ha chiesto di reinterpretarla in chiave ‘Blanchito’ quindi ho attinto a tutti i canali possibili mixando qualche pezzo di archivio di Gosha, creando maxi colbacchi e personalizzando l’immancabile biancheria intima e flanelle varie. L’idea di base è sempre stata quella di creare look inediti senza supporto da parte di brand, customizzando il più possibile nel mio laboratorio.
Cosa hai pensato per Sanremo 2022? Quali sono state le tue ispirazioni per i look di Blanco?
Difficile ancorarsi a definizioni quando si parla di Blanco. Quando penso a lui e al nostro percorso, penso sempre a qualcosa di magico. Sanremo è la giusta occasione per tradurre la sua carnalità in eleganza semplice ed evolverla. Per questo ho cercato di rappresentarla il più possibile vicino ad un’entità, uno spirito, leggero, morbido, elegante, riprendendo l’estetica di ‘Blu Celeste'. L’espressione di un sogno lucido, che vive in un sentimento autentico, vero.
Ci sono state delle richieste particolari da parte di Blanco per il palco dell'Ariston?
Più che una richiesta, c’è da sempre una dichiarazione di allontanarsi totalmente da un trend e da quell’attitudine dello styling come costrutto moda passivo che si impone sulla personalità dell’artista. Un ‘no, grazie, non vogliamo niente’.
Quest'anno a Sanremo segui un artista che si esibirà in un duetto. Ci sarà un dialogo tra lo stile di Blanco e quello di Mahmood?
Saranno visivamente coordinati secondo dei codici cromatici, ma proprio per rispettare le reciproche visioni e proseguire in modo coerente i relativi percorsi, abbiamo sentito l’esigenza di seguire linee differenti. Allo stesso tempo, è necessario un continuo confronto condiviso per ogni evento.
Da stylist come ti approcci a un palco del genere?
In generale, cerco sempre di guardare bene negli occhi chi ho di fronte e metterlo nelle condizioni migliori per performare al massimo delle sue potenzialità. Alla fine siamo lì per la musica, no?
Subisci la pressione dovuta ai mille occhi puntati addosso e alle critiche?
Occhi? Io non li vedo. Le critiche mi piacciono, fanno crescere. Tutto il resto è un vociferare inutile e noioso. Dopo tanti anni lo riconosco, lo tratto con distacco assoluto.
Negli ultimi anni a Sanremo abbiamo visto tanti passi in avanti, cosa manca per avere un festival davvero inclusivo?
Il fatto di trattare l’inclusivity stessa come uno sforzo mi fa pensare che ci sia ancora tanto tanto da fare. Soprattutto nel nostro Paese.
Come inizia il tuo processo di styling su un personaggio?
Una parte fondamentale del mio approccio è l’incontro dal quale nasce un confronto e uno scambio sincero e trasparente su tutto ciò che è la persona prima del personaggio. Poi da lì capisco come attivare o disattivare meccanismi nella personalità dell’artista per farlo spingere un po’ più in là. Un lato molto delicato del processo creativo si fonda proprio sulla psicologia.
Quali sono le tue ispirazioni, cosa ti piace, a cosa guardi quando inizi la ricerca per uno styling? Quali sono i tuoi feticci?
Il mio immaginario attraversa diverse fasi creative: cerco sempre di vedere più film possibili, TV, videoclip, editoriali, mostre, fiere, perfino videoarte. L’ispirazione è completamente trasversale di contenuti. Sono stata profondamente influenzata dall’estetica onirica di Gondry e Spike Jonze, dalla poetica realistica di Spike Lee, ma anche da quella cruda di Larry Clarck. Wes Anderson mi ha letteralmente rapito e in qualche notte mi sveglio ancora in un videoclip di Martin De Thurah. Poco tempo fa ho avuto l’onore di lavorare con Floria Sigismondi, altra mia grande fonte di ispirazione e una delle più forti menti creative del mondo.
Come è cambiata oggi la figura dello stylist che da "figura dietro le quinte" diventa quasi protagonista?
Ogni contenuto, ogni artista ha la propria anima e la prima grande regola è rispettarne la natura. Il lavoro di styling implica una sensibilità sottile rispetto ad ogni progetto, una premura ed una cura esclusiva, una ricerca dedicata. Per questo credo che si debbano veicolare le proprie energie selezionando i progetti in modo puntuale, cercando di autodefinirsi in base alle scelte. Credo che se avessi accettato di lavorare con alcuni artisti più glam, probabilmente non mi avrebbero mai chiamata per Blanco. Ecco, a me interessa il percorso, il processo, non la sovraesposizione, quella è un canale di condivisione, uno strumento a nostra disposizione, non l’obiettivo.