Beatrice Borromeo si racconta a Fanpage.it: le battaglie, Il Principe e i sogni per i figli

Beatrice Borromeo è la regista della docu-serie Netflix “Il Principe”. A Fanpage.it racconta i suoi prossimi progetti e le cause che le stanno a cuore, dai diritti delle famiglie arcobaleno ai femminicidi.
A cura di Beatrice Manca
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Un delitto senza castigo che ha coinvolto un principe, Vittorio Emanuele di Savoia, due spari esplosi nella notte e una donna, Birgit Hamer, che non si fermerà di fronte a nulla pur di avere giustizia per il fratello morto. Questo è il cuore della docu-serie Il Principe, sviluppata e girata da Beatrice Borromeo Casiraghi. Giornalista e regista (ha fondato la casa di produzione Astrea Film) Beatrice Borromeo torna dietro la telecamera per raccontare una storia che l'ha toccata da vicino e fa parte della storia della sua famiglia chiama Birgit "zia". A Fanpage.it ha raccontato com'è nata la serie e la fatica nel lasciare da parte i propri sentimenti e aprirsi all'ascolto. Tra le battaglie che le stanno a cuore e l'educazione dei figli, Beatrice Borromeo guarda già al prossimo progetto, sulle origini della sua famiglia acquisita: il casato del principato di Monaco.

La carriera di regista di Beatrice Borromeo Casiraghi

Siamo abituati a vedere Beatrice Borromeo posare su red carpet e copertine, in prima fila alle sfilate o agli eventi ufficiali della famiglia reale di Monaco, dov'è entrata a far parte sposando Pierre Casiraghi nel 2015. La donna che ci siede di fronte parla con la passione e con la fermezza di chi ha visto il coronamento di mesi, forse anni, di lavoro tra ricerche, interviste e ricostruzioni. Dalla redazione di Annozero negli anni del berlusconismo alle campagne per Dior (di cui è testimonial), dal lavoro di cronista al Fatto Quotidiano alla corte monegasca, a 37 anni Beatrice Borromeo ha vissuto diverse vite. Eppure mai in contraddizione tra di loro: ogni tappa del suo percorso l'ha portata qui dov'è oggi. Ringrazia i mentori del passato ma, dice, è felice di proseguire da sola per la sua strada. Una camicia bianca sui jeans, i capelli biondi raccolti in una coda di cavallo: la quintessenza dell'eleganza, nella sua semplicità. Ma alla definizione di icona di stile (Tatler l'ha incoronata "royal più elegante d'Europa") si mette a ridere: "È così imbarazzante…". E anche al titolo di principessa, che nega fermamente. Ma quando le chiediamo cosa sogna per i figli Stefano e Francesco un sorriso la illumina: "Un mondo più tollerante, più accogliente".

Beatrice Borromeo
Beatrice Borromeo

Di cosa parla la serie Netflix "Il Principe"

Fanpage.it ha incontrato Beatrice Borromeo in concomitanza con l'uscita della serie Il Principe. Una storia che ha tutte le caratteristiche di un racconto epico. Da una parte Birgit Hamer, che come Antigone si vota anima e corpo a ottenere giustizia per il fratello morto. Dall’altra parte c’è Vittorio Emanuele, figlio dell’ultimo re d’Italia, un principe dalle molteplici risorse, economiche e legali. In mezzo, una verità che “continuava ad emergere, ma veniva sempre respinta nell’oblio”, come la definisce Borromeo. Il Principe non vuole emettere un verdetto, ma restituire con cura e precisione un ritratto umano pieno di contraddizioni e di sfumature di grigio: un uomo che sarebbe potuto diventare re, ma che invece ha passato decenni in esilio. Un figlio di genitori incapaci di dimostrare affetto che è maturato in un padre amorevole. Un uomo accusato, processato e assolto per un omicidio che lui stesso confessò, molti anni più tardi. Nell’affrontare la vicenda, spiega la regista, ha dovuto mettere da parte i sentimenti personali sulla vicenda che l’avevano resa “aggressiva” nei confronti di Vittorio Emanuele. E oggi di lui dice: “Una persona non può essere appiattita al fatto di una notte”. L'intervista completa.

Il Principe, Netflix
Il Principe, Netflix

La storia di Dirk e Birgit Hamer fa parte da sempre della sua famiglia…

Ho cominciato a sentir parlare di Vittorio Emanuele quando ero una bambina, perché mia madre è una delle migliori amiche di Birgit Hamer, la sorella di Dirk. In casa nostra si è molto discusso di questa storia perché la verità non emergeva. Tutti sapevano quello che era successo, però continuavano a uscire tesi, strane sparatorie, fantasmi, altri responsabili. Insomma, c'è stata una gran confusione già da quando io ero molto piccola e ricordo che mia madre cercava di aiutare Brigitte in questa sua battaglia. Fu lei a organizzare il funerale di Dirk. Credo che questa storia abbia avuto un forte impatto sulla persona che poi sono diventata e sul lavoro che ho scelto di fare: cercare di avere una voce per poter parlare delle cose ingiuste che vedo e di fare la mia parte per risolvere questioni irrisolte.

La Famiglia Hamer
La Famiglia Hamer

Quando ha deciso di trasformarla in un documentario?

Quando sono diventata una cronista all'epoca del Fatto Quotidiano, questa storia mi è caduta nelle mani perché ho scoperto tramite Repubblica che Vittorio Emanuele di Savoia era stato intercettato nel carcere di Potenza mentre ammetteva di essere lui il responsabile della morte di Dirk dopo quarant'anni che lo negava. Infatti fu assolto a Parigi nel 1991. All'indomani della pubblicazione disse che erano tutte bugie, che era una manipolazione della stampa. Io mi sono detta: se troviamo il video, visto che non era solo una cimice, sarà  difficile da negare. Con Birgit ci siamo messi a cercarlo: lei lei è la sorella della vittima e dunque aveva diritto ad ottenere il video della Procura. Dopo cinque anni l'abbiamo trovato e pubblicato. Quello è stato un momento di grande riconciliazione con tutta questa storia. Questa volta però per me era molto importante questa volta fare le cose diversamente: all'epoca del Fatto, il mio vissuto, la mia esperienza, la mia frustrazione mi avevano resa onestamente molto aggressiva nei confronti di Vittorio Emanuele e di suo figlio Emanuele Filiberto.

Facevo fatica a gestire tutta la storia come uno scoop giornalistico e non come qualcosa di personale, come una ‘vendetta' per interposta persona in nome e per conto di Birgit. Non andavo tanto fiera del mio stato d'animo. Questa volta ho deciso di fare le cose in maniera completamente diversa e ho voluto in tutti i modi coinvolgere Vittorio Emanuele. È stata una delle cose più difficili che abbia mai fatto perché lui ovviamente, dopo la pubblicazione del video, ci denunciò (ma vincemmo la causa) quindi ero l'ultima persona cui avrebbe voluto raccontare la storia della sua vita. C'è voluto tantissimo tempo e onestamente un ruolo molto importante ce l'ha avuto Emanuele Filiberto, che ha fatto da ponte tra me e la sua famiglia per affrontare una volta per tutte questa storia e mettersi alle spalle.

Emanuele Filiberto di Savoia
Emanuele Filiberto di Savoia

L'ha sentito dopo l'uscita della serie?

Sì, l'ho sentito: ci ha detto che il documentario, secondo lui era equilibrato nonostante tutto, e che avevamo rispettato il loro punto di vista. Aveva delle note, come è evidente che sia, però l'ha trovato corretto e per me è stato molto importante, perché ci ha dato un accesso incredibile e ci ha aiutati tanto a raccontare il l'altro punto di vista. So che ha stilato un comunicato per ribadire che il padre è stato assolto, e dunque è innocente, e io penso che in quella dichiarazione ci sia  l'amore di un figlio che protegge il padre.

Che rapporto si è instaurato tra te e Birgit Hamer, l'Antigone di questa storia?

Il rapporto tra me e Birgit in realtà c'è da tutta la vita, io la chiamo zia. L'ho vista cambiare davanti ai miei occhi, perché l'ho sempre conosciuta come una persona che doveva per forza trovare giustizia per il fratello. Adesso è entusiasta della vita: non ha più niente che le pesi sulle spalle ed è pronta per un capitolo nuovo. Ha perso ogni singola battaglia per 40 anni e alla fine ha vinto in qualche modo. Ma è stata la sua battaglia. Io non ho fatto altro che mettere insieme i pezzi e le figlie si sono affidate a me.

Beatrice Borromeo
Beatrice Borromeo

In qualche modo il cerchio si chiude tornando sull'isola di Cavallo…

Le sue figlie per me sono come due sorelline e accompagnarle in questo viaggio di riconciliazione con la propria storia è stato molto emozionante. Abbiamo pianto tantissimo tornando sull'isola di Cavallo. Siamo tornate nel luogo dove tutto è successo e le ragazze si sono messe a ballare di un ballo così liberatorio, così catartico, da essere una delle cose veramente più belle che che io abbia mai visto. Poi si sono buttate in acqua vestite, si sono abbracciate, mi sono buttato in acqua vestita anch'io. È stato proprio bello. C'era la telecamera, ma quasi non la vedevamo. E poi mi sono girata, c'era il mio team dietro in lacrime. 

Una storia della famiglia Savoia raccontata da un membro acquisito del casato monegasco: non è un paradosso, in qualche modo?

Per me raccontare la famiglia Savoia è stato difficile, perché era una questione personale, non per altri motivi. È difficile quando conosci così a fondo le tue opinioni metterle in discussione, aprirsi all'ascolto, dare alle persone la possibilità anche di dire la loro versione. Il ruolo di mia madre in questi anni mi ha permesso di avere un accesso anche a tutti i testimoni che erano in fondo persone conosciute dalla mia famiglia, anche se non avevano mai parlato. Posso assicurare che farli parlare non è stato affatto semplice.

Vittorio Emanuele di Savoia
Vittorio Emanuele di Savoia

Che ricordo ha di dei tempi di Annozero con Santoro, soprattutto negli anni più critici del berlusconismo?

Se penso al mondo di Annozero mi sembra una vita talmente lontana, ma anche un ricordo incredibilmente profondo. Sono stati anni di trincea, onestamente, anni difficili. Perché era una squadra pronta tutto e io non ero particolarmente equipaggiata. All'epoca però, se vuoi anche gestire tutta quella che era l'attenzione, le interferenze, l'esposizione, eccetera eccetera, però credo veramente di avere avuto la fortuna della vita, di aver potuto imparare da persone come Michele Santoro, Marco Travaglio e tutta la squadra e di e di imparare a cercare le giuste chiavi per far aprire le persone. Ma sono così contenta di non avere mentori adesso, di fare la mia strada, dirigere i miei progetti e di non essere sempre nel cono d'ombra di questi grandi uomini. Li ringrazio tantissimo per quello che hanno fatto, però sono contenta di fare le mie cose adesso.

Beatrice Borromeo
Beatrice Borromeo

In un'intervista di qualche anno diceva che a chi difendeva davanti a chi difendeva berlusconiane non ne faceva passare una. Avevo la nomea di una rompiscatole. Oggi è ancora così?

Oggi parlare di Berlusconi è strano: ha fatto talmente parte delle nostre vite che che mi fa impressione che non ci sia più. Il suo ruolo così divisivo ha fatto sì che una grande categoria di persone, negli anni in cui io ero cronista al Fatto Quotidiano e prima ad Annozero, si mettessero insieme contro quel sistema per motivi validi, contro le leggi ad personam, contro le connessioni con gruppi criminali e contro la ricattabilità di questo presidente del Consiglio. A ripensarci adesso sembra comunque una cosa lontana, per quanto l'eredità di quel periodo si senta ancora, soprattutto in questo governo. Resta comunque una pagina chiusa e mi fa impressione. Cioè non che mi manchi, ma mi fa impressione che Berlusconi non ci sia più. Se devo dire la verità, comprensibilmente mi dispiace perché ha fatto talmente tanta parte della mia vita che lui che è, che la trovo una cosa un po' destabilizzante.

Beatrice Borromeo a Cannes
Beatrice Borromeo a Cannes

Nella sua carriera si è occupata di moltissimi temi, dalle donne nella ‘ndrangheta alla crisi climatica. Qual è battaglia che le sta più a cuore ora?

Ci sono vari temi che mi stanno a cuore oggi, che sento particolarmente importanti e imminenti. Uno è l'intolleranza verso le coppie omosessuali in Italia. Mi preoccupa tantissimo la decisione, per esempio, di stralciare dagli atti di nascita di 33 famiglie i nomi delle madri non biologiche. La trovo una delle cose più gravi, più disgustose e proprio incivili che che si possa fare. Togliere una madre al figlio è una cosa inaccettabile, è una cosa veramente che mi fa paura, che mi racconta di un Paese che sta andando in una direzione pessima. L'altro tema che onestamente sento come terrificante sono i femminicidi: siamo abituati. Ogni giorno leggiamo queste notizie, ma non "bucano". Ma che cosa stiamo facendo per affrontare questa situazione? Quali sono le proposte di legge? I centri antiviolenza funzionano? È una cosa per me inaccettabile e mi distrugge l'idea che non faccia parte in maniera predominante del dibattito pubblico. Mi piacerebbe fare qualcosa su questo, ma bisogna trovare la chiave giusta.

Chi sono le donne che l'hanno ispirata, che le hanno fatto da modello?

Paradossalmente le donne che mi hanno ispirata di più fanno parte di mondi lontani da questo. Una è Franca Sozzani (storica direttrice di Vogue Italia, ndr) che è stata una delle mie più care amiche ed era una forza della natura, una donna estremamente coraggiosa, all'avanguardia. Attraverso la moda riusciva a introdurre temi che erano molto, molto difficili. Oggi vedo quello stesso atteggiamento in Maria Grazia Chiuri, oggi, che sta cercando di proporre modelli di donne completamente diversi, fisicamente e intellettualmente. Persone forti, provenienti da mondi e background molto diversi. 

Già che parliamo di moda: lei è considerata un'icona di stile, ma come ha maturato il suo senso dell'eleganza?

A parte che è imbarazzante fare questo discorso – dice ridendo, ndr – però io non ci ho mai pensato. Non è che mi sveglio la mattina e penso a cosa fare per essere vestita bene. Sicuramente non mi preoccupa tanto quello che fanno gli altri o quello che c'è in giro di seguire le ultime tendenze. Se vedo qualcosa in più mi piace anche abbastanza essere semplice, di solito. Credo che sia che abbia molto a che fare con con il fatto di sentirsi bene in quello che metti e nella persona che sei.

Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi
Beatrice Borromeo e Pierre Casiraghi

Qual era il suo sogno da bambina?

Da bambina volevo pubblicare un libro e l'ho anche ritrovato. Avevo scritto un libro sulle facce che vedevo in tram mentre andavo a scuola e su cosa immaginavo di loro. Non era un gran libro, però mi piaceva tantissimo l'idea di scrivere.

…e poi l'ha fatto.

L'ho fatto, sì. La cosa bella della mia carriera è che è andata in direzioni inaspettate. È iniziata in televisione, poi nella stampa, poi ho scritto dei libri, ho fatto dei documentari e ho fondato la casa di produzione Astrea Film. Ho addirittura aperto un account Instagram per la prima volta in vita mia, cosa di cui vado molto fiera. Credo che ogni capitolo sia un'evoluzione di quello precedente. Quello che faccio oggi si nutre tantissimo della mia esperienza nel passato. So scegliere bene i team: quando non so fare una cosa chiedo a chi è più bravo e per fortuna trovo delle persone incredibili.

Ma è vero che con il matrimonio è diventata principessa?

No, sbagli.

Lei e suo marito vi siete dati delle regole sull'educazione dei figli?

Credo che le uniche cose su cui siamo molto fermi è di restare calmi con i bambini, di non alzare la voce, di non mai essere aggressivi in nessun modo e di portarli per mano alla scoperta di ciò che servirà per fare le loro scelte da grandi.

Cosa sogna per loro?

Sogno che crescano felici, senza cercare mai di cambiare nulla, di diventare chi sono. Sogno per loro un mondo più tollerante, più accogliente nei confronti di chi non ha la loro fortuna, nel senso che sono due maschi e sono nati nella parte del mondo dove è facile nascere. Spero di crescerli in modo tale che anche loro facciano la loro parte nell'essere accoglienti nei confronti delle altre persone. Credo che se ognuno educasse i propri figli all'apertura mentale, alla tolleranza e alla gentilezza, probabilmente sarebbe più efficace di mille campagne o mille articoli.

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