Laccio, il coreografo di Eurovision 2022: “L’obiettivo è fare un Super Bowl italiano”
Emanuele Cristofoli, in arte Laccio, è uno dei coreografi e direttori artistici più richiesti del momento. Nella sua carriera ha curato le performance di Raffaella Carrà e Laura Pausini. Sua è stata la direzione artistica delle ultime edizioni di X Factor. Ha realizzato la coreografia dei Måneskin per il Saturday Night Live sulla NBC, per la miniserie The new Pope e dei film Loro 1 e Loro 2 di Paolo Sorrentino. Oggi è impegnato come coreografo ufficiale della 66a edizione di Eurovision Song Contest e come direttore artistico degli spettacoli di Laura Pausini alla co-conduzione dell'evento. Fanpage.it ha intervistato Laccio per conoscere i dettagli delle esibizioni da lui curate all'Eurovision 2022.
Coreografo, ballerino, direttore artistico, hai ricoperto tanti ruoli, come ti definiresti?
Mi definisco un creativo. Mi piace pensare e modulare le cose in base alle situazioni: talvolta può servire una scenografia, altre volte una coreografia. È talmente ampio il nostro mondo che avere una definizione unica può essere complicato. Mi piace guardarmi attorno, la creatività è alla base di tante cose.
Cosa vuol dire essere un creativo oggi?
Sicuramente essere una soluzione. Capita che le persone non abbiano la capacità di immaginare nel concreto un loro pensiero: spesso hanno un’idea, un desiderio. Quel desiderio viene concretizzato dall’aiuto di persone come me, che hanno la capacità di visualizzare un’idea e renderla un’immagine. Magari l'artista sul palco vuole trasferire energia ma non sempre conosce i codici per portare l’energia sul palco, io aiuto a trovare questi codici, attraverso un mondo di grafiche, una coreografia o dei costumi. Sono tutti linguaggi che comunicano insieme. L'obiettivo è quello di creare equilibrio su un palcoscenico e non confusione.
Quali sono le fasi della creazione artistica di una performance?
Si parte da un'idea principale che deve avere uno storytelling. Anche una performance semplice deve mandare un messaggio. Da lì si lavora a dei moodboard, si raccolgono degli spunti e si inizia a disegnare, a progettare la scena. Quando si tratta di spettacoli live si pensa a uno stage. Il processo è tendenzialmente sempre lo stesso: cercare di immaginare quello che sarà il risultato finale, ovvero l'immagine che uno cerca. Qualsiasi cosa si traduce in un'immagine.
Hai diretto X Factor durante una pandemia, è stato più un limite o un’opportunità? Ci racconti l'esperienza?
Io ho lavorato già tanto prima di X Factor ma con questo programma si è consolidata la mia credibilità, il mio ruolo come direttore artistico. Devo ammettere che il programma mi ha dato tanto. Per l'edizione 2020 abbiamo dovuto necessariamente ragionare sull'assenza, che ci ha spinto a sfruttare delle aree dello stage che solitamente erano dedicate solo al pubblico. Inizialmente la situazione ci ha preoccupato perché il calore del pubblico è fondamentale, però poi la sua assenza ci ha dato delle possibilità diverse. Abbiamo lavorato con quello che noi chiamiamo "controcampo", che è tutto quello che in genere sta dietro le telecamere principali. Il controcampo è diventato un vero palcoscenico dandoci la possibilità di creare delle performance che non ci aspettavamo. Un limite si è trasformato in opportunità.
Hai raccontato di fare un lavoro “cinematografico” con gli artisti, cosa intendi? Ci riesci anche con nomi importanti come Laura Pausini?
Io non sono un creativo che modifica gli artisti. Cerco di avvicinarmi a quelle che sono le loro visioni, al loro mondo di appartenenza. Ognuno di noi è legato a dei colori, a dei gusti, a un immaginario. L'importante per un direttore artistico è riconoscere il mondo di appartenenza degli artisti e capire come ottenere il meglio dal loro mondo, senza trasformarlo, perché altrimenti diventa una violenza creativa che non sempre fa bene. Con Shake abbiamo sempre lavorato sulla personalità degli artisti, quello è il punto di partenza.
Hai curato gli spettacoli di alcune delle donne più importanti dello spettacolo italiano, da Raffaella Carrà a Laura Pausini, puoi raccontarci queste esperienze?
Raffaella Carrà è stata una persona molto importante per me, mi ha fatto capire che potevo fare questo mestiere. Quando l'ho conosciuta ero molto giovane e mi chiedevo: "Perché Raffaella Carrà dovrebbe ascoltare i miei suggerimenti?". Dal momento in cui lei ha iniziato a farlo ho capito che quello per me poteva diventare un lavoro. Mi ha dato una credibilità che io non mi aspettavo. Ho pensato: "Se mi ascolta Raffaelle Carrà possono farlo anche gli altri". Da lì ho capito che potevo avere un confronto con gli artisti e che era giusto averlo. Laura Pausini è una scoperta ogni giorno, lei vuole fare sempre meglio, vuole sempre colpire il pubblico, stimolarlo, proporre aspetti nuovi. Abbiamo tanto lavoro da fare ancora.
Hai curato anche l'esibizione dei Maneskin in America sulla NBC, al Saturday Night Live.
Li avevo conosciuti alla finale di X Factor, quella è stata l'occasione per creare con loro uno show importante. Mi hanno poi chiamato dall'America per chiedermi un supporto per il loro spettacolo al Saturday Night Live e non me l'aspettavo. Abbiamo lavorato da remoto, quindi ho mandato spunti, idee, non è stato facile seguirli da lontano. Però, quando li ho visti live, e ho visto che succedeva quello che c'eravamo raccontati, è stato speciale. la mia figura può essere fondamentale ma con loro serve davvero poco, perché sono bravissimi.
Quali sono le differenze tra un programma televisivo come X Factor e un evento come l'Eurovision?
La differenza sta nel fatto che bisogna pensare a un'immagine più piccola, come se si dovesse riempire meno spazio nel televisore. All'Eurovision lavoriamo con tutto il palco e con quello che c'è attorno, mentre a X Factor si poteva isolare la singola immagine. Le proporzioni sono completamente diverse. La differenza importante è anche numerica. Il corpo di ballo fisso a X Factor è di 10-12 ballerini, nella finale del programma c'erano 50 ballerini sul palco e 500 nel parterre. Anche all'Eurovision arriveremo ad avere numeri importanti, con un cast fisso di 40 ballerini, per poi avere dei momenti in cui il numero aumenterà. Questo perché il calore del ballerino aiuta molto nella performance. Il ballerino traduce l'emozione che si vuole portare sul palco con una facilità che spesso una grafica o un altro elemento non ha. L'aspetto umano, e quindi gli occhi, la danza, il corpo, parlano in maniera più diretta al pubblico.
I costumi, le scenografie, le ambientazioni, la musica, che ruolo hanno nelle tue creazioni?
Sono fondamentali. L'equilibrio tra questi elementi diventa un'idea e poi un'immagine. Ci deve essere comunicazione tra i vari reparti e le varie figure professionali. Quando tutti vanno d'accordo, sul palco nasce la magia.
Cosa ti ispira?
Sicuramente l'arte contemporanea, l'alta moda e le realtà di nicchia forniscono spunti interessanti. I visual artist giovani, quelli la generazione z, mi danno anche molti spunti. I giovani hanno più coraggio e da loro si può prendere davvero ispirazione.
Hai uno stile? Quali credi siano state le contaminazioni che oggi ti distinguono?
Io sono un amante dell'architettura, dei volumi geometrici puri, parto sempre da lì. Quei volumi definiscono i miei lavori. Forse il segreto è rimanere sempre eleganti anche in situazioni ricche di particolari, anche se per me l'eleganza è il minimalismo. Se anche quando non sono minimal riesco a trovare un equilibrio, per il quale gli altri riconoscono eleganza, mi fa piacere.
Quali sono stati i momenti fondamentali per la tua carriera?
Sicuramente lavorare con Paolo Sorrentino e Raffaella Carrà, sono state esperienze che mi ha cambiato. Poi in ogni progetto si impara qualcosa. Talvolta ci prendiamo in giro e diciamo: "Una cosa più difficile di questa non poteva arrivare". Poi arriva il progetto successivo che è ancora più difficile e quindi abbiamo iniziato a non dirlo più. Ogni volta quindi si impara.
Le tue aspirazioni da bambino?
Tutto mi aspettavo fuorché fare questo mestiere. Volevo fare il veterinario, poi l'architetto. Ho iniziato a ballare da grande. Era una mia passione. Mai avrei pensato che diventasse un lavoro.
Cosa ti aspetti per questo Eurovision 2022?
Dimostrare, nonostante le mille difficoltà che si vivono, che noi italiani abbiamo la capacità di fare le cose e farle bene. Sto lavorando non per me ma per una squadra.
I tuoi sogni per il futuro?
Non mi sono mai posto obiettivi a lungo termine. La vita mi ha sorpreso e mi piace farmi sorprendere. Spero solo di poter trovare un equilibrio tra la mia vita professionale e privata.
Un consiglio per i più giovani?
Bisogna fare una valigia subito e partire. Bisogna cercare le occasioni, cercare le connessioni. È fondamentale prendere coraggio e agire perché in questo momento non è facile e può essere complicato immaginare di avere occasioni. Quindi spesso ci si ferma in un punto e si rimane da soli a pensare troppo a lungo. Bisogna avere quindi coraggio di agire, osare, scrivere a persona che per noi sono un riferimento. Non è poi così complicato creare connessioni. Bisogna insistere.