La Venere Degli Stracci, la storia e il significato dell’opera di Pistoletto incendiata a Napoli
Quasi mezzo secolo dopo essere stata presentata per la prima volta al pubblico, la Venere degli Stracci non ha ancora smesso di far parlare di sé. A Napoli infatti un incendio ha divorato l'opera di Michelangelo Pistoletto, inaugurata a giugno in piazza Municipio nell'ambito del progetto ‘Napoli contemporanea’. Dalla sua creazione, l'opera simbolo dell'Arte Povera ha viaggiato in diverse città, portando un messaggio sempre attuale: la forza della bellezza, capace di rigenerare ciò che abbiamo intorno. E, in questo caso, di rigenerarsi.
Com'è nata la Venere degli Stracci
Impossibile non aver visto almeno una volta la Venere degli Stracci, una delle opere più citate e rappresentative dell'arte contemporanea. Michelangelo Pistoletto, artista ultranovantenne e maestro dell'Arte Povera, la realizzò nel 1967 ispirandosi alla Venere con la Mela dello scultore danese Bertel Thorvaldsen. Si tratta di una scultura d'ispirazione neoclassica, una Venere, posizionata di spalle rispetto agli spettatori. Di fronte a lei si erge un cumulo di vestiti stropicciati, buttati l'uno sopra all'altro, proprio come stracci. Un elemento che catalizza la filosofia dell'Arte Povera, secondo cui non c'è oggetto così infimo da non poter essere usato in senso artistico. Esistono diverse versioni della Venere: l'originale è in cemento, ma successivamente è stata realizzata in gesso ed esposta in varie strutture nel mondo, da Biella alla Tate Gallery di Liverpool, dal Castello di Rivoli al il Toyota Museum of Contemporary Art in Giappone. Quella di Napoli era di dimensioni più grandi rispetto alle versioni precedenti, adatta ad essere ammirata in una piazza.
Il significato della Venere degli Stracci di Pistoletto
Nella Venere degli Stracci, il contrasto tra i due elementi è stridente: da una parte i colori alla rinfusa, dall'altra il candore marmoreo della statua. Da una parte l'equilibrio delle proporzioni classiche, dall'altra il caos. Da una parte una statua, dall'altra oggetti di uso comune, quotidiani, resi ancora meno nobili dall'atto di essere gettati via. L'antichità e la modernità. La Venere, appunto, e gli stracci. Nessuno dei due elementi ha senso senza l'altro: è la Venere, simbolo di bellezza, è capace di "rigenerare" gli stracci, come ha spiegato lo stesso autore, quindi è capace di dare una nuova vita alla società. E, al tempo stesso, anche gli stracci possono diventare arte. Questo dialogo si apre a letture diverse: una critica all'eccessivo consumismo, a un mondo che si ingozza voracemente e riduce tutto in stracci. Se pensiamo che l'opera è stata realizzata quasi mezzo secolo fa assume uno sguardo quasi profetico sull'esplosione del fast-fashion e dell'usa-e-getta. Ma può essere anche letta come una satira sul caos della società contemporanea, che esiste solo nel presente (come una t-shirt) e incapace di costruire qualcosa in grado di durare nel tempo. E se in questo duello costante è sempre la bellezza a prevalere, allora neanche un rogo riuscirà a scalfirla.