La direttrice creativa de La Rappresentante di Lista: cosa si nasconde dietro l’esibizione sul palco
Difficile dimenticare l'esibizione di Elodie con il mini dress argentato di Oscar de la Renta mentre canta un mix di successi italiani e internazionali sul palco dell'Ariston al Festival di Sanremo 2021. In pochi però sanno che dietro quella performance da capogiro c'è stato sicuramente un grande lavoro di squadra e la firma di una direttrice creativa: lei è Carolina Stamerra Grassi. Elodie, Mika, Mahmood, Laura Pausini, sono solo alcuni dei grandi nomi che ha seguito nelle loro esibizioni sul palco di Sanremo e non solo. Quest'anno Carolina Stamerra Grassi è la direttrice creativa de La Rappresentante di Lista e, a poche ore dall'inizio del Festival di Sanremo 2022, ci racconta i segreti dietro le performance dei suoi artisti.
Cosa vuol dire essere un direttore creativo? Qual è il tuo ruolo?
Il mio lavoro consiste nello scrivere e progettare le esibizioni e le performance degli artisti. Le mie competenze comportano il definire e coordinare tutte le attività della messa in scena. Lavoro molto con la musica, la televisione ma anche eventi speciali, convention. È un lavoro variegato. Nel mondo della musica succede che mi chiamano per immaginare l’esibizione di un’artista sul palcoscenico che può avvenire per un brano specifico, per una tournée o per un medley.
Come si crea una performance?
Si parte sempre dall’ascolto di un brano, della musica o dell’album, dalle parole della canzone e dalla tipologia di artista e dei suoi desideri. Lavorare con un artista è sia stimolante che complicato perché chiaramente tutti gli artisti hanno un’identità definita in qualche modo. E di conseguenza, mentre creano la loro musica, hanno già in mente un po’ quello che vorrebbero portare sul palcoscenico. E il lavoro va coordinato a 360°: dall’immagine di loro sul palcoscenico, sia da soli o con degli altri performer, con dei ballerini, con delle grafiche, particolari luci.
Hai seguito le esibizioni di Mika nel 2020 e di Elodie nel 2021: come nasce uno spettacolo per il Festival di Sanremo?
Il Festival di Sanremo è una macchina complicata perché ci sono tanti contenuti, dalle canzoni in gara agli ospiti, per cui bisogna provare a pre-programmare il maggior numero di cose possibili perché le prove avvengono in tempi molto rapidi. In generale nella televisione non c’è mai molto tempo e Sanremo è un’eccezione nell’eccezione. Bisogna montare gli spettacoli in pochissimo tempo e si muove una grande macchina che deve funzionare perfettamente e si mette a disposizione dell’artista. Per uno spettacolo di Sanremo con artisti come Elodie e Mika, che sono stati ospiti ma non erano in gara, la collaborazione di solito è avvenuta uno o due mesi prima del Festival quando si inizia a ragionare sul contenuto editoriale, sul messaggio che si vuole comunicare. Per quel che riguarda il mio lavoro nello specifico, per l’esibizione, si inizia ad immaginare, in base alla durata dell’esibizione, come potrebbe essere costruita.
Cosa puoi dirci riguardo alla tua collaborazione per il Festival di Sanremo 2022?
Quest’anno per me è la prima volta che accompagno dei cantanti in gara, La Rappresentante di Lista, e la richiesta del mio intervento è avvenuta in un lasso di tempo ancora più corto perché sono stata chiamata a inizio gennaio da Sara Potente, direttrice artistica di Sony (che li ha scoperti e che io stimo molto). Mentre passeggiavo a Milano in Parco Sempione, Sara mi ha spiegato il progetto, mi ha fatto ascoltare il brano dei cantanti, che è di quei pezzi che subito ti entrano in testa e me ne sono innamorata subito. Loro avevano progettato, scritto il brano molto prima, avevano dunque già un’idea di come volersi presentare sul palco del Festival. Il mio compito è stato sviluppare assieme a loro le varie esibizioni in circa due, tre settimane di lavoro.
Dove finisce il tuo lavoro e inizia quello dello stylist e/o del coreografo?
È un lavoro di team. C’è differenza nel mettere in scena una tournée, uno spettacolo che si replica solo una volta e una performance, come quella de La Rappresentante di Lista, che va in scena tutte le sere, per tutta la settimana del Festival di Sanremo, in modo un po’ diverso. In questo caso specifico il lavoro dello stylist ad esempio si può muovere parallelamente al mio, mentre per progetti più complessi oppure replicabili una sola volta, il lavoro deve essere definito in modo sinergico. Nel caso de la Rappresentante di Lista il mio è un lavoro di coordinamento, per cui io ho visibilità di tutto quello che avverrà sul palco, da come saranno vestiti a come si dovranno muovere perché il coreografo, Thomas Signorelli, con l’aiuto coreografo Gianmarco Capogna, hanno progettato un movimento, insieme agli artisti, che esalta il brano e la musicalità del pezzo. Con i coreografi è quindi un lavoro condiviso sin dal primo momento.
Per le esibizioni de La Rappresentante di Lista, cosa dobbiamo aspettarci?
Vi dovete innanzitutto aspettare una performance costruita su un brano che, appena lo senti per la prima volta, non lo dimentichi più. Ti entra in testa. Sarà uno spettacolo semplice, divertente. Per la serata delle cover abbiamo dei "pops" realizzati da Luigi Maresca, che è lo scenografo di X Factor che ha fatto un grande lavoro. Poi gli artisti sono bravissimi e la loro musica è figa.
Quali sono gli strumenti per realizzare la tua visione?
La prima cosa che io faccio è incontrare l'artista, ascoltare la sua musica. Poi creo un documento, il moodboard, in cui metto insieme una serie di ispirazioni, che a me piacciono, che potrebbero essere adatte, e di riferimenti che l'artista mi da in base ai propri gusti personali. Il primo incontro è fondamentale per definire il mood della performance e da lì costruisco una narrazione che mi piacerebbe realizzare. A volte è un lavoro anche molto naturale, lo spettacolo si costruisce assieme. Altre volte è più difficile perché le prime proposte possono essere non in linea col gusto estetico del personaggio, può succedere anche questo, e quindi bisogna poi ricominciare dal principio. Per questo faccio molta ricerca. È quindi principalmente un lavoro di ricerca. Poi l'ispirazione può venire da qualsiasi elemento, uno spettacolo che ho visto, un incontro particolare con autori, etc.
Cosa ti guida quando lavori?
La mia più grande ispirazione è l’artista, ovviamente. Perché ognuno è diverso e ogni artista ha già le proprie caratteristiche culturali, letterarie, estetiche. Quindi ogni volta è un’avventura diversa. La cosa più difficile del mio lavoro, e anche quella più naturale contemporaneamente, è creare un rapporto di fiducia perché comunque il mio è un lavoro di servizio. La difficoltà è quella di creare con l’artista una performance in cui si senta a proprio agio e che sia come l’aveva immaginata.
Tu hai curato lo spettacolo di Elodie per Sanremo 2021, ci parleresti di quell’esperienza?
L’esperienza con Elodie è stata bellissima, è stata una grande scommessa. Lei aveva voglia di ballare, aveva le capacità per farlo, lei si è impegnata moltissimo. È stato faticoso sicuramente, anche perché abbiamo fatto assieme anche la selezione del cast delle danzatrici che poi purtroppo non è potuto salire sul palco perché una delle ballerine è risultata positiva al Covid quando noi eravamo già a Sanremo. Per fortuna io avevo fatto provare Elodie sempre separatamente dalle altre ballerine. E il primo giorno, appena arrivati a Sanremo, abbiamo dovuto sostituire tutto il cast in tempi record e lì la Rai ci ha aiutato tantissimo, ci teneva all’esibizione, ci teneva tantissimo. È stato bello perché è stato uno spettacolo costruito gradualmente e dall’altra parte la squadra che ho avuto si è messa a disposizione perché tutto funzionasse e si raggiungesse il risultato spettacolare che avevo in mente. Con Elodie è stato bellissimo il progetto e il risultato anche di più.
Le restrizioni e il periodo Covid-19 come hanno inciso sui tuoi lavori?
Il mio lavoro durante la pandemia si è bloccato quasi definitamente per quel che riguarda soprattutto le tournée e di conseguenza molti spettacoli. Non riguarda solo il mio lavoro nello specifico. Tuttavia, e penso di poter parlare a nome di tutte le persone dello spettacolo e dell’intrattenimento, durante la pandemia abbiamo potuto riflettere su altre forme di intrattenimento. Anche agli artisti hanno sofferto questo momento di pausa, di fermo. Quando supereremo questo periodo ci sarà un nuovo rinascimento nel nostro settore e probabilmente il contenuto verrà messo al primo posto. E quindi si ripartirà dal contenuto e non solo dall’immagine e dal confezionamento della messa in scena strepitosa. Personalmente a me piacerebbe ripartire dalla semplicità, dall’essenziale. Sto riflettendo molto in questo periodo su ciò che sarà e mi piacerebbe spogliare moltissimo l’esibizione di tutto quello che non è necessario e ripartire dalla semplicità. Io mi sto dedicando molto al teatro in questo periodo della mia vita, riprendendo i cardini delle messe in scena più semplici, ad esempio.
Quali sono i lavori che ti hanno reso più orgogliosa o che ti è piaciuto più inscenare?
Io ho un debole per Mika, che è anche un amico, per cui mi piace sempre molto lavorare con lui. Uno degli spettacoli fatti con lui più memorabili è stato un concerto di Natale messo in scena a Parigi, che era molto romantico, molto speciale, nel 2019 a Bercy, che è stato uno degli ultimi, se non forse l’ultimo, spettacolo prima della pandemia. Era una data della sua tournèe Revelation tour, però era un po’ più costruita rispetto alle altre tappe. Mika voleva fare un omaggio a Parigi che è una città con un pubblico che lo ama molto. È stato l’ultimo concerto in cui ho visto una massa di fan attorno ad un’artista e questa è la scema che mi ricorda la mia vita prima dell’interruzione per il Covid.
Come riesci a far sì che l’artista dia vita alla tua performance?
Una persona non puoi convincerla mai a fare qualcosa che non si sente di fare. Se un artista non ama ballare e non vuole ballare, ad esempio, non ballerà mai. Un po' differente è il discorso solo con i talent. Io ho lavorato tanti anni per X Factor al fianco di Luca Tommasini e nei talent lavori con persone che non sono ancora formate artisticamente e quindi devi capire che tipo di personaggio potrebbero diventare in età matura. Solo in questo caso c'è più margine, perché sono giovani artisti che sono a disposizione per tutta la durata del talent ed è come se fosse una palestra. Gli artisti già affermati non puoi convincerli, si lavora assieme per creare la migliore performance tenendo presente le loro caratteristiche.
Hai un sogno nel cassetto?
Ovviamente un Superbowl, credo sia il sogno di tutti i miei colleghi. Però non posso dirti con chi perché sono superstiziosa e poi non si avvera.