Follemente: perché il cervello della donna è un laboratorio e quello dell’uomo un archivio

Il primo appuntamento di Pietro e Lara (Edoardo Leo e Pilar Fogliati), messo in scena da Paolo Genovese nel film Follemente, porta sul grande schermo i dubbi, le domande, le titubanze, i passi falsi in cui tipicamente uomo e donna cadono in questa situazione. Ci si vuole conoscere, ma senza affrettare i tempi; si vuole fare bella figura, ma senza mentire; si vuole essere brillanti a tutti i costi, ma a quale prezzo? Per rappresentare questa complessa matassa ingarbugliata, il regista si è avvalso di uno stratagemma: ha dato corpo e voce all'inconscio dei due protagonisti. È entrato nella testa dei due, rappresentandone le emozioni più intime che li fanno parlare, che li guidano nelle azioni. In Lara c'è una parte devota alla famiglia (Vittoria Puccini), una che insegue la libertà e l'indipendenza (Maria Chiara Giannetta), una più disinibita (Emanuela Fanelli), una che si ispira al femminismo (Claudia Pandolfi). In Pietro convivono una parte razionale (Marco Giallini), una folle (Rocco Papaleo), una parte romantica (Maurizio Lastrico) e una sessualmente esplicita (Claudio Santamaria). Questi otto personaggi sono stati calati in un ambiente studiato per differenziare i due protagonisti. La scenografia è a cura di Massimiliano Sturiale, che a Fanpage.it ha raccontato i dettagli di questi spazi.

A cosa si ispira la scenografia di Follemente
Lo scenografo ha raccontato: "Siamo partiti da tante ispirazioni: dal film Dio esiste e vive a Bruxelles ai quadri di Escher. Avevamo bisogno di una scenografia che non fosse troppo complicata, perché le reazioni tra gli attori della cena e le risposte dentro le loro teste erano immediate, quindi non c'era tanta possibilità di raccontare l'ambiente. Abbiamo pensato invece di creare dei non-luoghi che rappresentassero un po' le due menti, le due identità dell'uomo e della donna. Per l'uomo è stato molto più semplice, siamo arrivati subito a a trovare un look che fosse giusto per la nostra storia. Per le donne è stato un dramma!". In questo percorso, Sturiale si è anche confrontato col film Inside Out: "Ci sono delle similitudini, ma non ci interessava avere una sala di controllo da cui loro potessero vedere e gestire quello che succedeva".

I colori e le luci del film
Le principali differenze stanno nei giochi di luce, nella palette di colori e negli oggetti scelti per arredare gli ambienti. Nello specifico: "Le due differenze fondamentali sono il buio della luce, un po' ispirati al concetto di opposti che che si attraggono: l'ambiente degli uomini era un po' più buio, un po' più confusionario e polveroso, mentre quello delle donne era molto più luminoso, anche nel disordine c'era sempre un tentativo di ordine. Nell'uomo c'erano 120 punti luce, nelle donne 200: c'è stata tutta una ricerca sulle lampade da assegnare. Mentre per l'uomo ci siamo creati molti meno i problemi, cioè sceglievamo degli oggetti e li ritenevamo giusti, per la donna ogni volta che prendevamo un oggetto avevamo paura di essere fraintesi. Non volevamo cadere in facili stereotipi, infatti abbiamo cambiato il colore della scena più volte. Lavorando su palette a contrasto inizialmente il distacco della donna era molto forte, però poi nella realizzazione ci sembrava la casa delle bambole".

E a proposito di colori: "Abbiamo usato due palette specifiche di colori per l'uomo e per la donna: più terre nelle uomini mentre colori molto più morbidi, più tenui nelle nelle donne. Abbiamo fatto una selezione anche in base ai costumi. La scelta del divano è stata fatta insieme a alla costumista, proprio perché era un punto centrale e doveva essere poi armonioso con tutte le personalità che ci stavano sopra".

L'archivio degli uomini e il laboratorio delle donne
Al centro dello spazio abitato dalle personalità maschili c'è un divano, un po' il simbolo principale: "È un chester che ci rappresenta: sedentari e polverosi". Diverso quello abitato dalle personalità femminili, ma in un certo senso complementare: "I cristalli e gli alambicchi mi affascinavano, perché è un po' la parte della sperimentazione, della chimica che ha la donna. Sicuramente è una ricercatrice più attenta rispetto all'uomo. C'era un mobile pieno di sfere che rappresentavano i pensieri delle donne, c'erano molti più libri, per una questione di profondità e di visione. Era un ambiente più ricercato rispetto a quello degli uomini, che era un archivio-magazzino. Quello della donna è più un laboratorio sperimentale. Abbiamo cercato di fare collezioni, quindi far sì che di ogni cosa ci fossero tante sfumature, che di ogni quadro ci fossero tante grandezze e forme diverse. Diciamo che la forma era era quello che guidava l'ambiente femminile. La ricerca della forma era un riferimento da mettere nella testa della donna. Ecco il perché degli archi, anche se interrotti".