Come è nata la sedia di plastica bianca più famosa al mondo
Immaginatevi la scena. Un qualsiasi bar, ristorante o circolo in un piccolo paese di una provincia italiana. Nel dehors, un piccolo tavolo in plastica (tendenzialmente con il logo di una marca di gelati o di una bibita gassata) e quattro sedie in plastica bianche. Quella sedia è la sedia più presente (e forse più odiata) al mondo. Ma qual è la sua storia e come ha fatto ad acquisire uno status così in tutto il mondo?
La storia della Monobloc, la sedia più famosa al mondo
Non molti sanno che quel modello di sedia bianca così diffusa ha un nome: Monobloc. Il termine significa, com'è intuibile, "monoblocco" e trae origine dal sistema con cui la sedia viene prodotta. La sedia, infatti, viene fabbricata da un singolo pezzo di plastica . Gli stampi (the mold) costano molto, per questo con uno solo di questi si tende a produrre una serie di sedie tutte uguali. Produrre una sedia Monobloc, costa solo 3 dollari e il singolo oggetto viene venduto a massimo 10. Dunque, uno dei motivi per cui la sedia è particolarmente diffusa è il suo basso costo di produzione e l'essere accessibile a tutti i portafogli. Ma qual è stata l'evoluzione che ha portato alla sedia che tutti conosciamo oggi?
Il primo modello di Monobloc viene ideato nel 1946 dal designer canadese Douglas Simpson, la Moulded plastic chair prototype (sedia in plastica stampata in un unico blocco). Dagli anni '60 furono molti i designer che si interessarono alle sedie costituite da un solo blocco, come dimostra la Boeing Chair progettata da Helmut Batzener.
Ma probabilmente il passo più consistente verso la Monobloc come la conosciamo oggi è un prototipo che è già da decenni un classico del design: la sedia Cantilever di Verner Panton. La sedia dalle linee sinuose, disponibile in vari colori, non sembra, a prima vista, un paragone calzante ma in realtà è stata la prima sedia in plastica al mondo a essere andata in produzione con la stessa tecnica utilizzata per le Monobloc.
Tuttavia sarà solo nel 1983, con il gruppo Grosfillex, che la celebre Garden chair verrà lanciata: questo è il prototipo definitivo che poi avrebbe dato origine alla Monobloc che conosciamo oggi di essere venduta in gran quantità a un prezzo basso.
La sedia bianca come simbolo di globalizzazione
La Monobloc è il simbolo di una certa Italia, quella dei bar semplici, dei chioschi nelle località di mare, dei Circoli Arci, delle sagre di paese. Un'Italia che ci tiene legati agli anni sessanta, settanta e ottanta, facendoceli percepire vicini come non mai, anche nei costumi e nell'estetica. In realtà, la sedia bianca in plastica è rintracciabile ovunque nel mondo, dal Sudamerica alla Cina, passando per l'Europa. Questa sua diffusione ci impedisce, ad esempio, di riconoscere un luogo particolare: se la vediamo in uno scatto o in un video senza un preciso contesto, è impossibile riconoscere il Paese in cui ci troviamo.
La Monobloc, secondo molti studiosi, è un oggetto che omologa uno spazio a tanti altri, in qualsiasi parte del mondo si trovi. A rafforzare questo concetto è intervenuto anche l'antropologo Ethan Zuckermann che ha descritto la sedia bianca in plastica come un oggetto senza contesto. Come ha scritto in un celebre articolo su Vice e sul suo blog, "mi è difficile pensare ad altri oggetti che siano altrettanto indipendenti dal contesto. La Monobloc non offre indicazioni linguistiche, né segni evidenti di localizzazione".
Quindi la Monobloc è simbolo del capitalismo e della globalizzazione? Come altre centinaia di migliaia di cose, sì. La sedia bianca in plastica è parte del nostro immaginario collettivo ma è anche un oggetto odiato, perché rende i luoghi che la ospitano tutti uguali, omogenei, senza caratteristiche distintive. Il basso prezzo, poi, ha contribuito alla sua diffusione su larga scala, facendoci perdere qualsiasi tipo di attenzione o curiosità nei suoi riguardi. Il culmine, probabilmente, di questo odio è stato raggiunto a Basilea, dove è diventata addirittura un problema politico. Il governo svizzero ha vietato di mettere la sedia nelle aree esterne dei ristoranti perché i clienti si lamentavano del fatto che le Monobloc deturpassero il paesaggio cittadino.
La Monobloc: design o oggetto comune?
Ma al di là del percepito, del sentimento condiviso dell'opinione pubblica, la Monobloc è un considerabile un bell'oggetto di design? Il fatto è che non abbiamo mai guardato a loro come a un oggetto di design. Le Monobloc sono entrate in sordina nelle nostre vite, senza che ce ne accorgessimo, fino a diventare un articolo di uso comune, perdendo così l'ipotetico significato iniziale. Ogni pezzo di arredamento nasconde un significato, ma la sedia bianca in plastica no.
Come ripete Ethan Zuckerman, a prescindere che la Monobloc venga considerata bella o brutta, dobbiamo comunque riconoscerle un valore evolutivo. "La globalizzazione può anche omogeneizzare il mondo, ma la maggior parte degli oggetti offre ancora un contesto. I pochi oggetti che non riescono a localizzarsi meritano una forma speciale di mitizzazione. Hanno raggiunto un livello di perfezione progettuale tale da non richiedere un adattamento per avere lo stesso successo in Africa come nell'America suburbana", chiude Zuckerman.