Video svuota spesa: la psicologa spiega il perché del successo online degli haul
Fino a che punto si può spingere il voyeurismo? Ok guardare le case degli influencer, ok guardare le serie dove le telecamere seguono passo passo in ogni momento della giornata personaggi famosi, ok essere aggiornati sui trend di TikTok. Ma quello che veramente sembra troppo – anche per il più pettegolo dei pettegoli – sono i video svuota spesa. Video lunghissimi caricati principalmente su YouTube e TikTok, in cui influencer, pardon, content creator, fanno vedere ai loro followers cosa hanno comprato al supermercato. In inglese questo genere di video si chiama Haul (che vuol dire bottino). Ne esistono di vario genere, quelli che mostrano le spese fatte al supermercato sono i più popolari, ma si trovano anche video di persone che svuotano pacchi contenenti prodotti per la skincare o abiti comprati su qualche piattaforma online. Telecamera posizionata in cucina, protagonista dietro il tavolo (come la più classica delle televendite), buste in bella vista e ciak si gira. Si svuotano le buste. Pomodori, detersivi, uova, offerte 2×3, pasta, cereali, prodotti per vegani, cibo per animali e scatolame di vario genere. E mentre si tirano fuori i prodotti dalle shopper (i content creator più navigati fanno anche degli zoom sui prodotti durante il montaggio) il protagonista del video commenta, spiega il perché di un prodotto al posto di un altro, suggerisce ricette e modi di utilizzo.
Il successo dei video haul
Non si tratta di una novità, i video haul esistono e resistono da tantissimi anni (secondo Wikipedia si tratta di contenuti che spopolavano già tra il 2008 e il 2016) e con la crescita del potere dei social media si sono evoluti negli unboxing, video in cui l'influencer di turno mostra spacchettando un dono ricevuto da un brand (quasi sempre di lusso). La chiave del successo sta tutta nell'ordinarietà, potremmo dire anche banalità, del contenuto stesso. "Tutti noi compriamo, facciamo acquisti. La popolarità di questi video è tutta nel racconto, nella descrizione, una vera e propria cronaca dettagliata dell'esperienza. Dall'acquisto all'utilizzo del prodotto che l'autore del video mette in scena" spiega a Fanpage.it la psicologa e psicoterapeuta Chiara Cilardo. L'utente che ama questo genere di video si immedesima nell'autore, proprio perché si tratta di un gesto semplice, alla portata di tutti. In psicologia questo tipo di meccanismo si definisce "esperienza vicaria". "I video di unboxing e haul ci mostrano delle esperienze che, anche se non vissute in prima persona, ci fanno vivere “come se”, come se fossimo al posto loro. Quando osserviamo qualcuno fare qualcosa è come se vivessimo “al posto suo” quella situazione. Non è un caso che ci sia una certa cura per le modalità di ripresa: spesso ci sono inquadrature in primo piano, dettaglio dell'oggetto e delle azioni compiute. Sono tutti espedienti per far sentire gli utenti come se fossero loro a scartare e provare il prodotto, a immedesimarsi, a farglielo "toccare con gli occhi". E dal punto di vista neurologico la psicologa azzarda un'ipotesi. "Non è da escludere che la ricerca confermi una base neurologica per questo meccanismo; del resto le neuroscienze hanno dimostrato che esiste una classe di neuroni, i neuroni specchio, che si attivano involontariamente sia quando svolgiamo noi stessi un'azione, ma anche quando osserviamo quell'azione compiuta da qualcun altro. Nello specifico, si tratta di motoneuroni specializzati nel controllo muscolare; potrebbe esistere un’altra classe di neuroni con funzioni analoghe per altri comportamenti, sensazioni, emozioni. Quello che sappiamo è che la narrazione specifica di questi tipi di video serve a far immergere l’utente nel contenuto, proprio come si vuol lasciare che le persone vengano trasportate quando si racconta una storia".
L'attenzione sui video haul
La nostra soglia di attenzione e di pazienza è sempre più bassa eppure quando si tratta di contenuti come gli haul svuota spesa, gli utenti restano incantati. Non hanno problemi a guardare per intero video che possono durare anche 20 minuti. "La nostra attenzione quando fruiamo di contenuti digitali è sempre più frammentata. Sono le piattaforme stesse che incentivano questo tipo di consumo molto veloce e discontinuo, questo “scroll infinito” in cui siamo portati a vagare da un contenuto e l’altro. – spiega Cilardo – In questa gara per la nostra attenzione stupisce notare come alcune tipologie di contenuti riescano a catturare il nostro interesse per un tempo prolungato. Ma questo vale solo per quei contenuti che oltre a essere informativi invitano l'utente a partecipare". Nei video unboxing o haul sono due le caratteristiche che ci attirano: l'identificazione (l'autore è come noi, come potremmo o vorremmo essere noi) e la condivisione (ci racconta una storia, possiamo dire la nostra). "Tutti facciamo acquisti, che sia il fare la spesa o comprare un cellulare, e per questo ci identifichiamo in chi apre la confezione, esplora i dettagli del prodotto, lo prova e lo fa con delle aspettative in merito a come funzionerà, al valore rispetto al rapporto qualità/prezzo e altre caratteristiche. Ci identifichiamo in questo processo di scoperta del prodotto con la stessa curiosità che avremmo noi al posto loro. E in più l'autore del video ci chiede di dire la nostra, possiamo commentare e interagire con gli altri utenti. In un certo senso, siamo anche noi un po' protagonisti".
La familiarità dei video haul
Questo tipo di video proprio per la sua semplicità è in grado di costruire le basi per la costruzione di una community di utenti solida. "L'autore anche mentre svuota la spesa racconta una storia, la sua storia. Fa entrare il follower in casa, non dimentichiamo che la quasi totalità di questi video infatti viene registrata in ambiente domestico, e questo non fa altro che aumentare il senso di familiarità. – spiega Cilardo – Che alle persone piacciano le storie, piaccia immergersi nelle esperienze altrui non è cosa nuova. Lo storytelling, tecnica ampiamente utilizzata nel marketing, non è altro che il raccontare una storia e, così facendo, avvicinarsi alle persone. Si tratta di costruire narrazioni molto precise che hanno lo scopo di descrivere l’esperienza in modo puntuale, con tanti dettagli sull’acquisto, sul prodotto in sé, su quello che si prova maneggiandolo e utilizzandolo". E poi c'è una componente voyeuristica. Siamo abituati a entrare nelle vite degli altri e anche una semplice spesa ci dice qualcosa in più del nostro influencer preferito. Percepiamo intimità anche se quello che viene postato è tutt'altro che spontaneo. "Quando l’autore si fa conoscere rivelando qualcosa di personale, quando si rivolge ai follower in maniera informale, quando risponde ai commenti o alle richieste, quando insomma fa sentire l'utente ‘parte’ di qualcosa, innesca un meccanismo di fiducia". Ma la fiducia in un certo influencer ha ovviamente un risvolto economico che i brand conoscono bene. "L’endorsment da parte di un influencer o autore di cui ci fidiamo aumenta la nostra propensione all'acquisto e l'opinione positiva nei confronti di tale prodotto. Anche questo non è un meccanismo poi così nuovo: è una forma di social proof, o prova sociale, come le recensioni o il parere di qualcuno che riteniamo affidabile. Offline potremmo dire che è come il passaparola". Tuttavia, che siano sponsorizzati o meno, agli utenti sembra non interessare dato il loro successo. "Che si tratti di unoxing o haul, entrambe le tipologie di video nascono come condivisione spontanea dell’esperienza di acquisto. È il processo, è il viaggio quello che conta, è come gli utenti vengono portati "dentro le cose" e a scoprirle insieme all’autore del video".