video suggerito
video suggerito

Tanoressia: sapevi che l’abbronzatura può diventare una vera e propria ossessione?

La passione per l’abbronzatura può sfociare in una vera e propria ossessione, una dipendenza: il prof Fossati ha spiegato a Fanpage.it cos’è la tanoressia.
Intervista a Prof. Andrea Fossati
preside della Facoltà di Psicologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano
A cura di Giusy Dente
22 CONDIVISIONI
Immagine

Stare al sole è un momento di relax, in cui abbandonare i pensieri e riposarsi, lasciandosi cullare dal calore del raggi. L'esposizione deve essere un momento di piacere e va fatta con responsabilità: utilizzando adeguata protezione, evitando le ore centrali del giorno. Bisogna tutelare la salute, perché è vero che il sole è un amico, che ha effetti positivi sull'umore e benefici sul corpo, ma può causare anche danni seri alla pelle. Per qualcuno, l'esposizione al sole piò diventare una vera e propria ossessione, qualcuno la definirebbe addirittura una dipendenza. In questi casi estremi, l'abbronzatura diventa un concetto centrale e totalizzante: non si è mai abbastanza scuri, non ci si riesce a sottrarre all'esposizione continua e senza limiti, pur conoscendone la pericolosità. Il fenomeno è recente e in fase di studio da parte dei medici, come ha raccontato a Fanpage.it il professor Andrea Fossati, preside della Facoltà di Psicologia dell'Università Vita-Salute San Raffaele di Milano. Si parla di tanoressia.

Che cos'è la tanoressia

Il termine tanoressia è un neologismo recente. È la traduzione italiana della parola inglese tanorexia ed è chiamata anche sindrome da tanning addiction. L'espressione è composta dai termini tan (abbronzatura) e orexía (appetito). Il nome evoca un po' quello dell'anoressia, ma siamo in una situazione completamente diversa: "Se l'anoressia è un comportamento da restrizione della condotta alimentare, nella tanoressia c'è un eccesso disfunzionale del comportamento. Con questo termine si fa riferimento a un comportamento problematico da eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette legate alla luce del sole o prodotte da lampade abbronzanti, al fine di ottenere un'abbronzatura. Ci sono delle componenti, però, legate alla difficoltà o impossibilità a ridurre la frequenza dell'esposizione e il mantenimento del comportamento malgrado la consapevolezza dei rischi, sia a breve che a lungo termine. È difficile dire se sia un fenomeno in crescita: i primi lavori comparsi in letteratura siano della prima decade degli anni Duemila. Si tratta di una problematica non rarissima: si ritiene che sia presente in circa il 4% della popolazione generale. Poi se si campiona in popolazioni più dedite all'abbronzatura, per esempio i frequentatori abituali di centri estetici, lì percentuale sale al 33% con grandi variazioni geografiche".

Immagine

Qual è l'origine psicologica della tanoressia

Essendo un fenomeno relativamente recente, la letteratura medica non è particolarmente vasta sul fenomeno e si concentra soprattutto su aspetti dermatologici piuttosto che psicologici. "Noi abbiamo condotto uno studio preliminare sulla popolazione generale e il risultato fondamentale è che la tanning addiction è un elemento chiaramente riconoscibile, è poco frequente in popolazione generale ed è collegato in maniera davvero non trascurabile allo spettro ossessivo. È come se fosse un'altra caratteristica comportamentale collegata allo spettro ossessivo, la correlazione è veramente importante" ha raccontato l'esperto. Nello specifico ci sono tre filoni di pensiero.

La prima visione fa rientrare la tanoressia nella macrocategoria delle dipendenze: "Questi esperti dicono che in questo comportamento c'è una quota di autentico craving, di bisogno impellente, di desiderio spasmodico di esporsi ai raggi solari malgrado il danno e ci sono ripetuti tentativi di ridurre o smettere ma senza successo. Quindi c'è bisogno di aumentare il numero di ore e giorni alla settimana in cui ci si espone, con un danno alle relazioni sociali e/o alla performance lavorativa, perché vengono sacrificate".

La seconda corrente dice che non è una addiction propriamente detta, ma potrebbe essere la variante di un certo disturvo: "È il disturbo da dismorfismo corporeo (la vecchia dismorfofobia), caratterizzato dalla percezione di difetti inesistenti o trascurabili allo sguardo esterno. Gli esponenti della seconda corrente sostengono che l'eccessiva esposizione alle radiazioni ultraviolette propria della tanning addiction derivi dal fatto che le persone che la manifestano non sono mai soddisfatte del risultato raggiunto. Vedono sempre difetti o ritengono che l'abbronzatura non copra adeguatamente ai difetti che si erano proposti di cancellare. Di conseguenza tendono, per paura di notare il difetto e/0 di renderlo osservabile da altri, a eccedere nel comportamento".

Poi c'è il terzo ambito, quello di chi avvicina la tanning addiction ai comportamenti problematici collegati allo spettro ossessivo. Il professore ha chiarito: "Questa terza corrente sostiene che la tanning addiction rappresenti un comportamento disfunzionale legato alla matrice comune dello spettro ossessivo. L'esempio è quello del cosiddetto comportamento da acquisto patologico. Era considerato una specie di dipendenza comportamentale, ma quando si è correlato questo tipo di comportamento con le dipendenze, si è visto che la relazione era molto debole mentre la connessione con i disturbi dello spettro ossessivo era molto più consistente in particolare con il disturbo da hoarding, quello d'accumulo patologico".

Le persone ingabbiate nella tanoressia sono consapevoli dei rischi che corrono. Spesso si sottopongono a frequenti controlli dermatologici, spaventati dai pericoli dell'esposizione, ma non sono altrettanto aperti a chiedere aiuto sul fronte psicologico. "Sono ovviamente molto preoccupati dai possibili danni e anche molto interessati a sapere come potenziare ulteriormente gli effetti. Fanno bene a rivolgersi ai colleghi dermatologi, che spesso e volentieri intercettano in maniera molto chiara il problema, ma non è facilissimo convincere poi questa utenza a rivolgersi allo psicologo. Bisognerebbe lavorare in accordo stretto tra dermatologo e mondo psicologico-psicoterapeutico per aiutare queste persone. Le pubblicazioni più influenti sulla tanoressia sono quasi tutte in ambito dermatologico. Bisogna aiutare chi presenta un comportamento problematico da abbronzatura a capire che la loro necessità spasmodica di abbronzarsi deriva da problematiche personali, col rischio di trasformare un momento di condivisione sociale, di vitalità, di relax in  un momento di impoverimento, di pericolo gravissimo per la salute".

Immagine

Quando lo specchio diventa un'ossessione

Alcune società, occidentali soprattutto, vedono nell'abbronzatura un sinonimo di salute, di bellezza. Si è creato come un prototipo, che però si sta rivelando più malsano che positivo. Questo è un fronte pericoloso: "È chiaro che se si propongono a livello sociale dei prototipi di bellezza, bisogna stare attenti che poi non diventino stereotipi, perché per alcune persone possono diventare delle vere e proprie trappole. Nella valutazione dell'immagine corporea spesso tendiamo a dare un peso eccessivo alla nostra visione di difetti che ci appaiono tali, perché continuiamo a guardarci con un occhio eccessivamente critico. Se poi questo atteggiamento si lega all'aspettativa che anche altri li noteranno e ci criticheranno, le cose peggiorano. Paradossalmente, le altre persone neppure notano quelli che agli occhi di chi ha un cattivo rapporto con la propria immagine di sé paiono difetti catastrofici. Aderire a uno standard sociale fa sentire nel mainstream, tra molte persone che condividono i nostri modelli e stili di vita ci si sente parte di una comunità. Tuttavia, è importante primariamente sentirsi nel mainstream con sé stessi".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
22 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views