Stress da kinkeeping: perché a Natale ci sentiamo sopraffatti dal carico emotivo
Natale fa rima con famiglia. È la festa che più di tutte tradizionalmente fa pensare al calore familiare, a persone riunite intorno al tavolo, in un soggiorno addobbato con albero e presepe, intente a giocare a tombola, a gustare prelibatezze, a scartare regali. È un'immagine che riempie il cuore, anche se non è per tutti così. Quando lo è, invece, è grazie al cosiddetto kinkeeper.
A Natale non è vero che siamo tutti felici
Il Natale per molti è fonte di gioia, ma c'è anche chi non lo vive con lo stesso spirito, anzi si sente sopraffatto da malinconia, nostalgia, sentimenti negativi. Accade soprattutto a chi ha ricordi spiacevoli, legati all'ambito familiare, che riemergono con più forza in questo periodo dell'anno in cui, appunto, si rivedono i parenti e si festeggia tutti insieme. C'è poi una sorta di "obbligo sociale" alla felicità in questo periodo dell'anno: persino le pubblicità e i film lo descrivono come un momento perfetto, quindi quando la realtà non corrisponde a queste aspettative, è normale sentirsi delusi. Ovviamente, viene escluso da questa euforia collettiva soprattutto chi è alle prese con momenti difficili, con problemi importanti, che purtroppo non spariscono come per magia a Natale. Infine, a gravare sul Natale, appesantendone la parte gioiosa e gradevole, ci sono tutte le incombenze pratiche del caso: acquistare i regali, addobbare casa, preparare pranzi e cene per tutti, assicurarsi che ci sia un clima sereno, pianificare attività, mantenere la pace anche tra persone che nel resto dell'anno si odiano. Questi compiti rientrano nel termine kinkeeping e chi si assume queste responsabilità è il kinkeeper.
Che cos'è il kinkeeping e chi è il kinkeeper
La parola kinkeeping non fa riferimento solo al Natale: kinkeeping è il processo di rafforzamento, sviluppo e mantenimento delle relazioni e dei legami familiari, che dunque nel periodo natalizio diventa preponderante ed essenziale. Il fenomeno è stato identificato nel 1985 e all'epoca, era uno sforzo riconosciuto solo al ruolo femminile: erano le donne quelle incaricate di fare da kinkeeper, dunque di mantenere la continuità e la solidità dei legami familiari.
Come gestire il kinkeeping
È una parte consistente dei "doveri natalizi", se si vuole trascorrere delle feste davvero speciali, ma avviene nel dietro le quinte, grazie a persone che operano in modo silenzioso e invisibile: ciò che fanno è dato per scontato. Non si pensa mai che, se la festa ha una buona riuscita, è grazie a qualcuno che si impegnato per permetterlo.
"Comporta gestire le personalità, le preferenze e le opinioni di più persone contemporaneamente" ha spiegato la psicologa clinica Jaime Zuckerman. Il kinkeeper della famiglia può sentirsi comprensibilmente sopraffatto, schiacciato da questo peso: tiene le redini del gioco, ha nelle mani la riuscita del Natale, deve far sì che tutti si divertano, tutti siano felici e a proprio agio, nessuno si annoi. Il consiglio dell'esperta è: "Delega in base agli interessi e alle preferenze per rendere il lavoro meno stressante. E se non sei il parentkeeper fai un passo avanti e offri il tuo aiuto".
Secondo Rose Hackman, giornalista britannica e autrice di Emotional Labor: The Invisible Work Shaping Our Lives And How To Claim Our Power, la gestione emotiva di questo lavoro è essenziale e sottovalutata: "È una delle forme di lavoro più essenziali là fuori, perché consente a comunità, famiglie, società ed economie di funzionare nel contesto della pianificazione delle feste".
Sussan Nwogwugwu, infermiera psichiatrica specializzata, ha aggiunto: "Essere un kinkeeper può essere impegnativo a livello emotivo e mentale. Può limitare le attività personali e gli impegni verso altre attività significative, rendendolo un ruolo schiacciante. Inoltre, il ruolo comprende la soddisfazione delle esigenze e delle aspettative di diversi membri della famiglia e il mancato soddisfacimento di queste può causare sensi di colpa e stress".
Il kinkeeper è una sorta di angelo custode, che spesso deve sopprimere i propri bisogni e le proprie emozioni per far emergere quelle altrui. Per tutelare questa figura è importante che in famiglia ci sia un'equa distribuzione delle responsabilità, un valido aiuto sul fronte delle incombenze pratiche, ma anche del carico emotivo, affinché non gravi tutto su un'unica persona. Deve esserci equilibrio, non bisogna dare per scontato lo sforzo di chi (per dovere, ma anche per piacere) ama prendersi cura dell'altro, senza darlo mai per scontato.