Shaming vacation, perché chiedere le ferie provoca vergogna e sensi di colpa
L'estate 2024 volge al termine ma sono già moltissimi coloro che stanno già cominciando a pianificare il prossimo viaggio, l'unico piccolo inconveniente? Una volta tornati a lavoro spesso ci si ritrova a fare i conti con la cosiddetta "shaming vacation", ovvero con il senso di colpa e di vergogna che si prova nel chiedere qualche giorno di ferie in più. Sebbene a primo impatto possa sembrare un'assurdità, visto che si tratta di un diritto che spetta a ogni lavoratore, in verità nella "vita reale" è un fenomeno che sta diventando sempre più diffuso: ecco per quale motivo le nuove generazioni sono restie ad assentarsi dal lavoro.
Cos'è lo shaming vacation
Si chiama shaming vacation ed è un fenomeno sempre più diffuso tra i lavoratori Millenials e della Gen Z, ovvero coloro che hanno un'occupazione più o meno fissa da meno di 15 anni, in cosa consiste? Nel considerare le ferie una fonte di stress e di ansia piuttosto che un'occasione per rilassarsi. Il problema, però, non è tanto godersi le giornate di riposo ma chiedere ferie ai datori di lavoro: per evitare di sembrare degli scansafatiche o di andare in contrasto con i colleghi, in molti preferiscono puntare tutto sull'iper presenzialismo, anche se significa sacrificare i pochi giorni di vacanza che spettano di diritto.
Perché chiedere ferie provoca ansia e stress
Per quale motivo si prova stress e ansia quando si chiedono le ferie? Innanzitutto si ha paura del carico di lavoro eccessivo che si ritroverà al ritorno, poi si teme un possibile giudizio negativo da parte del capo e infine ci si sente in colpa nei confronti dei colleghi, sui quali vengono fatte ricadere le proprie responsabilità. Inutile dire che questo modus operandi non fa altro che aumentare il senso di malessere, favorendo l'emergere di frustrazione e burnout. Sul lavoro è importante imparare a ritagliarsi dei momenti di pausa, essenziali sia per il benessere personale che per una maggiore soddisfazione professionale.