Perché siamo tristi a Natale: “Anche le emozioni spiacevoli ci parlano dei nostri bisogni”
Il Natale è una festività solitamente collegata a sentimenti positivi: l'amore, il calore familiare, l'affetto degli amici di sempre, la solidarietà. Dai regali alle luci agli addobbi, tutto ci spinge verso il cosiddetto "spirito natalizio", che dovrebbe aprire i cuori alla gioia incondizionata. Eppure, il Natale espone anche a sentimenti di tutt'altro tipo, anche se spesso fingiamo che non sia così: ci si sente tristi, vulnerabili, si provano angoscia e solitudine, riemergono ricordi dolorosi, si avverte la mancanza di chi non c'è più. La dottoressa Lucia Montesi ha chiarito che sono sensazioni legittime, che è normale e giusto provare: sono emozioni che non vanno rigettate, ma accolte e comprese perché raccontano tanto di noi.
A Natale è d'obbligo essere felici?
Bryan Haddock dell'Università di Copenaghen ha pubblicato uno studio sul British Medical Journal in cui ha dimostrato che lo spirito del Natale esiste e vive in aree molto precise del cervello. Eppure c'è anche chi questa magia delle feste non la avverte. La dottoressa Lucia Montesi, ha spiegato: "Quel sentimento piacevole di benessere e di gioia che caratterizza il Natale comprende aspetti più esteriori come gli addobbi, le musiche, i regali, il buon cibo, le tavolate in famiglia, le feste trascorse in allegria e aspetti più intimi come la condivisione, l’appartenenza, la vicinanza, l’incontro, il dono. Lo spirito natalizio differisce da una persona all’altra ed è anche influenzato dall’ambiente esterno: ad esempio negli ultimi anni si diffonde con sempre maggior anticipo, con le luci, i regali e i dolci natalizi che compaiono già a metà novembre".
Tutto questo spinge verso una sorta di obbligo sociale: sentirsi felici a tutti i costi a Natale. Questo meccanismo è tossico e controproducente: "Si percepisce una forzatura, un contrasto tra un ostentato clima di festa e spensieratezza e, dall’altra parte, la consapevolezza dei soliti problemi con cui fare i conti e delle preoccupazioni quotidiane. L’obbligo di essere felici e allegri stride ancora di più con lo stato d’animo delle persone che vivono un periodo difficile: difficoltà economiche e lavorative, separazioni, lutti, situazioni relazionali insoddisfacenti. A Natale si festeggiano i buoni sentimenti e l’armonia familiare, ci si aspetta un atteggiamento rilassato e sereno, così eventuali emozioni negative si percepiscono con ancor più intensità. Chi soffre si sente ancora più solo e diverso mentre tutti sembrano felici. In realtà questa sensazione di finzione è comune a molti e anche i sentimenti di tristezza nel periodo natalizio sono estremamente diffusi e normali".
Perché a Natale ci sentiamo in agitazione
I sentimenti negativi che emergono a Natale sono diversi. L'esperta ha chiarito: "Le feste sono momenti critici da un punto di vista psicologico perché acuiscono sia l’ansia che la tristezza e la solitudine. L’ansia deriva soprattutto dalle aspettative elevate che riponiamo in questi giorni particolari, con le conseguenti possibili frustrazioni. Acquistare tutti i regali in tempo, scegliere il regalo giusto e non fare brutta figura, fare la spesa, addobbare la casa, allestire la tavola sono solo alcuni esempi di doveri che creano stress e ansia. Lo stress aumenta in caso di situazioni come conflitti familiari, malattie, problemi psicologici. Sono infinite le questioni che possono sollevare ansia: decidere da chi andare a pranzo senza deludere nessuno, accontentare ospiti con necessità alimentari particolari, sostenere conversazioni piacevoli e brillanti, rispondere alle domande inopportune di parenti curiosi, evitare discussioni e litigi tra familiari che non vanno d’accordo. Alla normale quotidianità, si aggiunge un’altra consistente quota di lavoro che genera tensione. Ci sono poi anche i figli da gestire: organizzare il loro tempo libero, seguirli nei compiti".
Come alleviare l’ansia da Natale
Fingere il proprio stato d'animo non è una mossa vincente: quella sensazione di ansia generalizzata, quello stress che emerge, vanno analizzati, perché hanno tanto da dire su di noi. Il consiglio della dottoressa è cercare di capirsi fino in fondo: "Come ogni altro tipo di ansia, anche questa è un segnale, un campanello che deve aiutarci a fermarci e riflettere su cosa ci disturba, cosa non è in linea con il nostro sentire, cosa vorremmo cambiare della nostra vita, come ci piacerebbe vivere questo periodo secondo i nostri ritmi e le nostre preferenze. Quello che conta, è non mettere un tappo sulle emozioni, non ricacciarle indietro, non soffocarle: anche se sono spiacevoli, ci parlano dei nostri bisogni. Di fronte a questi pensieri ed emozioni disturbanti, possiamo davvero tenere duro fino al sette gennaio e provare nel frattempo a distrarci. Però penso sia più proficuo accogliere il nostro disagio, sentire cosa ci dice di noi e della nostra vita, mettere a fuoco il malessere che sentiamo di più nei giorni di festa e accettarlo, oppure provare a pensare come cambiare".