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Perché mangiare una patatina fritta fa male alla salute quanto fumare una sigaretta

Mangiare una patatina fritta è come fumare una sigaretta: “Poi non bisogna creare allarmismi, perché di fatto è l’esposizione che fa la differenza, quindi quante volte lo mangio e con che frequenza”.
Intervista a Dott.ssa Jessica Falcone
biologa Nutrizionista presso Ospedale San Raffaele
A cura di Giusy Dente
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La dottoressa Catherine Shanahan è l'autrice del libro Dark Calories, in cui approfondisce in che modo gli oli vegetali distruggono la nostra salute e perché il loro abuso può essere collegato ad alcune gravi malattie. Secondo la nutrizionista la quantità di tossine cancerogene presenti in una porzione di patatine fritte sarebbe equivalente a quelle consumate quando si fumano fino a 25 sigarette. Considerato che una porzione ha circa 25 patatine fritte, mangiare una sola patatina darebbe la stessa esposizione tossica di una sola sigaretta. Fanpage.it ha chiesto alla biologa nutrizionista Jessica Falcone se questa associazione è azzardata o corrispondente alla realtà.

La relazione tra sigarette e patatine fritte

Dai latticini ai surgelati agli snack, gli oli vegetali sono massicciamente presenti nelle produzioni industriali e sono molto usati in cucina per le fritture. La scienza si sta molto interrogando sulle interazioni che queste sostanze hanno sull'organismo, la relazione con alcune patologie. La ricerca ha evidenziato una correlazione tra olio vegetale e cattiva salute, in particolare con patologie come il cancro, il morbo di Alzheimer e il morbo di Parkinson. Questi oli ricchi di acidi grassi polinsaturi una volta riscaldati ad elevate temperature, generano tossiche tossiche e potenzialmente cancerogene. Lo ha scritto la dottoressa Catherine Shanahan nel suo ultimo libro e lo ha confermato la dottoressa Jessica Falcone a Fanpsage.it, la quale ha spiegato: "Non è niente di nuovo rispetto a quello che già si sa sull'effetto che possono avere gli oli vegetali fritti nella nostra alimentazione e l'impatto che possono avere sul nostro organismo. Dire che mangiare una patatina è come fumare una sigaretta è un po' estremo, però da un po' l'idea. Poi non bisogna creare allarmismi, perché di fatto è l'esposizione che fa la differenza, quindi quante volte lo mangio e con che frequenza. Che cosa c'è di altro nella mia alimentazione che però mi permette di avere un assorbimento di tutti quegli antiossidanti che possono andare a contrastare la produzione di radicali liberi nel mio organismo? Insomma dipende dall'uso: "Se mangio una patatina ho comunque all'interno del mio organismo dei meccanismi di difesa e dei meccanismi di detossificazione, per cui non vado a danneggiare il mio organismo. Tutti noi abbiamo degli enzimi che sono coinvolti proprio nella detossificazione contro sostanze che possono essere potenzialmente tossiche. Poi se io baso la mia alimentazione su un consumo di prodotti raffinati, prodotti qualitativamente bassi, troppo fritti è chiaro che anche il mio sistema immunitario e il sistema di detossificazione vengono alterati".

Cosa sono gli oli vegetali

Perché gli oli vegetali sono così dannosi per l'organismo e la salute? L'esperta ha spiegato: "Gli oli vegetali hanno una struttura chimica per cui con le alte temperature, quindi in particolare utilizzando metodi di cottura come la frittura, si altera la struttura degli acidi grassi portando quindi alla formazione di sostanze che possono essere potenzialmente tossiche, potenzialmente cancerogene. Gli oli vegetali che sono più predisposti a produrre queste sostanze tossiche sono sostanzialmente quello di girasole, di soia, di mais, tutti quelli che tendenzialmente negli ultimi anni sono stati utilizzati sia nella frittura sia nei condimenti. Sono molto usati in cucina perché hanno un apporto sensoriale un po' più basso, nel senso che non alterano il gusto del cibo come può fare un olio extravergine di oliva, che ha un sapore molto più forte. È molto più saporito appunto, per cui va in qualche modo ad alterare un po' il sapore, a coprirlo. Per questo è stato utilizzato per tanto tempo un olio vegetale".

Se da un punto di vista calorico l'olio porta sempre le stesse calorie, che sia vegetale o EVO, la differenza la fa la struttura chimica degli acidi grassi che lo costituiscono: "Sostanzialmente esistono due tipi di acidi grassi: monoinsaturi e polinsaturi. L’olio EVO così come l'olio di arachide, che in realtà è quello analogo e che viene consigliato per la frittura, sono caratterizzati da una presenza maggiore di acidi grassi monoinsaturi. È una catena più piccolina di questi acidi ed esposti ad alte temperature rimangono più stabili, non vengono alterati. L'altro tipo, invece, ad alte temperature rilascia sostanze tossiche, come per esempio anche i radicali liberi e sostanze come perossidi, acroleina. Questa viene citata dalla dottoressa Shanahan: è simile a quello che viene rilasciata dal fumo di sigaretta e quindi può essere potenzialmente dannosa per il nostro organismo. Vanno ad alterare sostanzialmente il nostro DNA. Sono mutagene, quindi cambiano un po' la composizione e provocano un danno alle cellule". Oltre alla composizione chimica, fa la differenza il punto di fumo, a proposito di frittura e patatine fritte: "Sostanzialmente è quella temperatura alla quale l'olio inizia ad alterarsi. Più è alto il punto di fumo più rimane stabile l'olio. Quelli che hanno il punto di fumo più alto sono l'olio extravergine d'oliva e quello di arachide".

Perché preferire l'olio d'oliva

Secondo tutta la comunità scientifica l'olio di elezione deve essere un olio extravergine d'oliva: "Non solo per la struttura chimica degli acidi grassi, ma anche perché si è riscontrato un effetto protettivo per una serie di patologie incluso il tumore al seno. Questo per la presenza di acido oleico, ma anche perché contiene in maniera naturale delle sostanze antiossidanti, come per esempio la vitamina E, che è uno dei più potenti. Quindi nell'ottica anche di dieta mediterranea è quello che tendenzialmente viene consigliato. Gli altri a seconda del gusto e a seconda anche di come vengono utilizzati possono essere alternati a crudo".

La modalità a crudo resta la migliore: "L'olio rimane stabile a temperatura ambiente, permette un maggiore assorbimento di tutte quelle vitamine e quelle sostanze funzionali come per esempio carotenoidi e polifenoli, che sono liposolubili e hanno la capacità di essere assorbite grazie a un mezzo lipidico. Quindi sicuramente a crudo ha più effetto positivo. Poi nella nella cottura, a meno che non sia una cottura dove la temperatura raggiunge dei gradi troppo elevati, non succede nulla, compreso scaldare l'olio in padella, quindi soffriggere un pochino".

Quanto fritto è consentito mangiare

Se da un lato è accertato che un abuso di frittura non sia assolutamente salutare, dall'altro resta comunque un piccolo piacere che ci si può concedere, senza esagerare. La dottoressa ha tal proposito ha spiegato: "Di base non esistono alimenti cattivi e buoni, dipende dall'uso che se ne fa, dalla modalità con cui viene consumato e anche a questo punto dai metodi di cottura. Non bisogna mortificare il gusto. Chiaramente la frittura non deve essere quotidiana, ma dipende da come viene impostata l'alimentazione di base. Non è il singolo pasto che fa la differenza. In un'ottica di sana alimentazione io personalmente lo suggerisco anche una volta alla settimana, sei proprio non se ne riesce a fare a meno, purché sia fatta bene". Chiaramente, la frittura homemade non è paragonabile a quella da fast food: "Il metodo di cottura utilizzato dai fast food usa un olio a basso costo, per di più molto spesso utilizzano sempre lo stesso olio, per cui c'è un'alterazione veramente alta. Non soltanto all'interno dell'alimento ci sono sostanze che possono essere tossiche e potenzialmente cancerogene per il nostro organismo, ma anche nella preparazione stessa, perché il punto di fumo è un po' basso per cui si producono dei fumi che possono essere potenzialmente nocivi anche per tutto il tratto del sistema respiratorio".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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