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Perché la dieta che segue Luisa Ranieri si chiama alimentazione funzionale

Luisa Ranieri segue un’alimentazione funzionale. La prof.ssa Renata Bracale ha spiegato a Fanpage.it in cosa consiste e cosa significa dieta funzionale.
Intervista a Prof.ssa Renata Bracale
Biologa nutrizionista e docente presso l'Università degli Studi del Molise
A cura di Giusy Dente
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Luisa Ranieri
Luisa Ranieri

Bellissima, elegante e di talento: Luisa Ranieri è una delle attrici più amate del panorama cinematografico italiano. Icona di fascino senza tempo, si è raccontata in una lunga intervista rilasciata a 7 del Corriere della Sera, in cui ha affrontato anche il tema della cura di sé, del rapporto col proprio corpo. La 51enne ha detto di seguire da molti anni un regime di alimentazione funzionale: "Non per evitare di invecchiare, ma per stare bene. Mangiare bene è la prima forma di prevenzione per le malattie". La prof.ssa Renata Bracale ha spiegato a Fanpage.it in cosa consiste questa dieta e il significato del nome.

Che cos'è l'alimentazione funzionale

La professoressa ha spiegato: "L'alimentazione funzionale è una dieta basata sul riconoscimento del proprio DNA". Lo step fondamentale di questo regime è l'identificazione del genotipo a cui il soggetto appartiene e in base a questo viene strutturata la dieta. Esistono tre tipi: "Un genotipo è quello in cui il soggetto risponde tendenzialmente a ogni tipo di dieta, l'aumento o la perdita di peso è tendenzialmente legata al quadro ormonale: penso alle donne in menopausa col cambiamento di estrogeni, oppure ai diabetici con l'insulina o viene da pensare all'ipotiroidismo, quindi variazioni ormonali a carico della tiroide. Il secondo tipo risponde meglio perché c'è una modifica di un determinato tipo di gene, identificato come uno di quelli legati all'aumento di peso: qui la dieta è relativamente iperproteica, i soggetti dimagriscono mangiando più proteine. Infine c'è un terzo genotipo basato su una dieta ricca di carboidrati, ma con un indice glicemico basso. Sono soggetti che magari dimagriscono mangiando più carboidrati, ma di tipo integrale, con pochi zuccheri semplici. Si attinge a più modelli di diete".

Perché si chiama alimentazione funzionale

Questo regime viene definito funzionale proprio perché viene studiato in base al soggetto: "La dieta si studia in base alla risposta funzionale dell'organismo. Non si tiene conto del valore calorico degli alimenti, delle calorie: l'alimento viene considerato come un vettore, che in quanto tale porta con sé nutrienti: carboidrati, proteine, grassi, minerali, vitamine. A seconda di come si compone un pasto e quindi di come si abbinano gli alimenti tra loro si svolgono delle funzioni diverse. Da qui il termine: funzionale".

Benefici e i limiti della dieta funzionale

Questa dieta se correttamente impostata con uno specialista consente di strutturare un progetto di alimentazione personalizzato, sano. È un approccio specializzato in cui si accostano gli alimenti e si abbinano in modo da trarne il massimo beneficio, soprattutto in relazione al proprio stile di vita. Ma secondo l'esperta ci sono due grossi limiti in questo regime alimentare: "Anni di ricerca scientifica hanno dimostrato che la modifica del peso corporeo non è legata solo a un gene, è multifattoriale: concorrono fattori multigenetici quindi più geni alterati (pochissime sono le casistiche di obesità monogeniche) e fattori ambientali. E poi dal punto di vista clinico quello che è molto limitativo è che questi tipi di dieta possono creare veri e propri disturbi alimentari, perché si entra in una specie di fissazione dell'abbinamento dei cibi". Il concetto di abbinamento, infatti, è decisivo in questo regime: "Questa dieta non riconosce un'unità numerica come può essere la caloria, ma riconosce la funzionalità dell'alimento. E un alimento rispetta la sua funzione solo se abbinato ad un altro alimento. È impossibile da mantenere a lungo termine, è un'alimentazione fortemente monotona, perché gli abbinamenti sono molto restrittivi".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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