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L’esperto spiega l’ortosonnia, ossessione per il sonno perfetto: “Si sviluppa ansia da prestazione”

La ricerca del sonno perfetto può diventare un’ossessione. Si parla di ortosonnia. Ma l’esperto ha chiarito: “Dormire poco non vuol dire avere disturbi”.
Intervista a Prof. Luigi De Gennaro
psicologo, esperto in disturbi del sonno, docente in Psicologia e processi sociali presso Sapienza-Università di Roma
A cura di Giusy Dente
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Dormire bene è uno dei requisiti essenziali per mantenersi in salute. Un cattivo riposo notturno ci rende al risveglio irascibili, nervosi, stanchi, affaticati, poco concentrati. Se da un lato cercare di dormire bene dimostra una positiva attenzione alla propria salute, dall'altro la ricerca del sonno perfetto può diventare una vera e propria ossessione: e questo è tutt'altro che positivo. Si parla di ortosonnia, di cui abbiamo parlato con il prof. Luigi De Gennaro: psicologo, docente in Psicologia e processi sociali presso Sapienza-Università di Roma ed esperto in disturbi del sonno.

Che cos'è ortosonnia?

Il termine è stato coniato nel 2017 da un gruppo di ricercatori, autori di uno studio pubblicato sul Journal of Clinical Sleep Medicine. È appunto l'ossessione nei confronti della qualità del proprio sonno, che si manifesta per esempio controllando in modo esagerato le app di monitoraggio che analizzano (o promettono di analizzare) le ore di sonno, il tempo trascorso in fase REM, il ritmo sonno/veglia. "È un fenomeno nuovo" ha chiarito l'esperto, che ha sottolineato proprio come si sia creata una distorsione negativa di qualcosa che potenzialmente era positivo. "Segmenti sempre più alti di popolazione, non necessariamente interessati da disturbi del sonno, considerano il sonno un aspetto della loro salute su cui vigilare e da monitorare. Questa è la parte buona del fenomeno. Il negativo è il business: è un mercato del tutto deregolato. Ci sono centinaia di sleep trackers, ci sono app e dispositivi, gratuiti e a pagamento" ha detto.

Le app di monitoraggio sono attendibili?

Chi sviluppa l'ortosonnia, vede l'atto del dormire come una performance da migliorare e da adeguare a certi standard. Se non si rispettano quei requisiti ci si sente in preda all'ansia, peggiorando ulteriormente la propria condizione senza rendersene conto: "Se ti metti in condizione che devi avere a tutti i costi l'inizio del sonno, quella è la maniera migliore per non averla. Chi si pone rispetto al sonno con un'idea di standard sviluppa come un'ansia da prestazione, rende difficile il sonno perché costruisce uno stadio d'ansia che non ne facilita l'induzione. L'attenzione spasmodica di attenzione a uno standard può creare un problema".

Affidarsi alle app di monitoraggio è una pratica poco sana: "La maggior parte non fa esattamente quello che dice di fare. Molti sono dati autoprodotti punto e basta. Alcuni hanno un percorso di tentativi di validazione scientifica. Gli studi dicono che su molti parametri che dicono di misurare, fanno un errore di misurazione importante. Le persone si affidano a qualcosa che non misura accuratamente quello che dice di misurare, millantano di misurare le fasi del sonno, ma senza troppi tecnicismi: è un imbroglio. È anarchia del mercato purtroppo. Bisogna sapere esattamente cosa si può misurare con queste app".

La verità è una: "Non c'è un modo attendibile di misurare le fasi del sonno se non mettendo dei sensori ad hoc all'individuo. Da anni chi fa ricerca sul sonno utilizza degli strumenti simili, chiamati actigrafi (una specie di orologino da indossare al polso che registra l'attività motoria). Hanno, però alla spalle numerosi studi di validazione e gli esperti di sonno che li usano sanno quali aspetti del sonno sono effettivamente misurabili da questi strumenti, sostanzialmente durata del sonno, numero di risvegli nel sonno ed efficienza del sonno".

E qui si torna a quanto qualcosa che poteva essere positivo è stato tramutato in negativo e pericoloso: "La morale è che per quanto si recepisca positivamente l'attenzione al sonno come pratica di salute anche quando non c'è un disturbo del sonno, purtroppo l'esistenza di tutte queste app che non sono dispositivi elettromedicali o riconosciuti, affida il singolo utilizzatore nelle mani di uno strumento che non misura necessariamente quello che pretende di misurare. La cosa da raccogliere positivamente è che il mercato di queste app va molto al di là delle persone che hanno problemi, è una pratica di salute. Abbiamo sviluppato una cultura della prevenzione e allora ci sono molte persone che utilizzano questi strumenti. Il monitoraggio del sonno è positivo, però purtroppo lo fanno nella maniera sbagliata, perché questi strumenti promettono troppo e non misurano appropriatamente. Accede al mercato sia chi ha problemi sia chi non ce li ha, per monitorare il problema o per un'idea di promozione della salute. Il problema è che questi strumenti possono diventare non solo non utili, ma addirittura dannosi".

Le linee guida sulla durata del sonno
Le linee guida sulla durata del sonno

Cosa dicono le linee guida sul sonno

Le raccomandazioni internazionali dicono che bisogna dormire 8 ore a notte, ma è una linea guida che non deve condizionare in modo massiccio. L'esperto ha spiegato chiaramente: "La tentazione ingenua è quella che non aderire a questo standard configuri una problematicità. Questo non è vero. È vero, le raccomandazioni internazionali non vanno messe in discussione, ma quelli sono i dati medi. Esistono brevi e lunghi dormitori che hanno passato un'intera vita senza avere disturbi del sonno e quindi discostarsi significativamente dagli standard medi non vuol dire essere un paziente con disturbi del sonno. Albert Einstein dormiva 11-12 ore a notte e non era un paziente con disturbi del sonno o ipersonnia. Napoleone Bonaparte dormiva 3-4 ore, Thomas Edison pure, ma non erano degli insonni: erano dei brevi dormitori. Quando invece una persona che non ha un disturbo del sonno entra in quest'ottica di salute, che ripeto, ho valutato positivamente, però stabilisce il suo grado di problematicità da quanto aderisce o si discosta dal dato medio, creo un'artificiosa definizione di disturbo. Posso essere un breve dormitore, ma senza disturbi del sonno".

La riflessione da fare sarebbe, più che sul numero di ore dormite, sul modo in cui ci si risveglia e su come si affronta la giornata successiva. È lì che si nascondono indizi importanti, più che sui dati di un'app. Secondo il professore: "La definizione del mio disturbo non la dà solo la mia durata di ore di sonno: la dà il mio livello di efficienza nel funzionamento quotidiano. Fermo restando le raccomandazioni di salute pubblica, bisogna guardare il funzionamento diurno. Quando ci accorgiamo di colpi di sonno alla guida, di cali prestazionali e di attenzione, questo segnala che c'è un problema o suggerisce approfondimenti. Se ho un disturbo del sonno, mi affido ai Centri del Sonno per avere la valutazione da parte di un centro specializzato".

Sul territorio nazionale esistono dei centri accreditati a cui rivolgersi, una rete di professionisti che forniscono valutazioni specifiche, ma spesso si sottovaluta il problema. Questo è un dato preoccupante: "Una persona su 10 grossomodo in Italia soffre di insonnia cronica. Molti non fanno alcuna domanda di trattamento neanche al medico di base, si stima circa una metà e anche la metà che fa richiesta ai medici di base o a figure specialistiche, sceglie o viene spinto a scegliere il trattamento farmacologico che nel caso dell'insonnia non è il trattamento preferenziale. I disturbi del sonno sono in aumento e il Covid è stato un fattore precipitante soprattutto tra gli adolescenti, che su disturbi depressivi, del sonno, di ansia, alimentari e comportamentali hanno pagato un prezzo altissimo. Basti guardare l'esplosione di suicidatalità e autolesionismo rispetto alla fase pre Covid".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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