Il fatidico bilancio dell’anno vecchio: perché siamo ossessionati da questo rituale?
Taccuino alla mano, siamo già pronti a stilare l'elenco dei buoni propositi per l'anno nuovo e il bilancio di quello che sta per finire. Ho raggiunto tutti i miei obiettivi? Sono stati più i momenti no o quelli felici? Ho fatto nuove amicizie come mi ero prefissato? Quante volte sono caduto nello stesso errore? Ho messo da parte abbastanza soldi? Sono le fatidiche domande che ci poniamo con l'avvicinarsi del Capodanno. E i social non fanno che accentuare questo sentimento, che è un misto di nostalgia e ansia: ci propongono il riassunto dell'anno che volge al termine, per farci passare in rassegna tutto ciò che abbiamo pubblicato, tutto quello che abbiamo scritto e le foto che abbiamo scattato, aiutandoci a ricordare, aiutandoci ad analizzare. Ma ci fa bene, questo rituale? Fanpage.it lo ha chiesto alla psicologa e psicoterapeuta Lucia Montesi.
Ogni anno la stessa storia: perché facciamo il bilancio
Manca poco a Capodanno e già temiamo le domande che ci affolleranno la testa a cavallo tra il vecchio e il nuovo anno, quando inevitabilmente scatta il bisogno di fare un bilancio, di passare in rassegna i dodici mesi vissuti analizzando tutto ciò che è accaduto. "Il calendario, le date, sono convenzioni arbitrarie che segmentano in modo artificioso qualcosa che non ha inizio né fine ma è in costante divenire – ha spiegato la dott.ssa Montesi – Il tempo scorre sempre allo stesso modo ma noi abbiamo bisogno di mettere una punteggiatura, di distinguere un anno vecchio da uno nuovo. Ogni volta che percepiamo una fine di qualcosa, la nostra mente ci porta a guardare indietro, a rielaborare, valutare cosa perdiamo e cosa ci portiamo dietro, dove abbiamo avuto successo e dove abbiamo fallito, se le nostre aspettative sono state soddisfatte oppure no, se abbiamo realizzato i nostri progetti. Si tratta di un processo utile perché ci permette di trarre insegnamento da quanto vissuto".
Pro e contro del bilancio dell'anno vecchio
Se da un lato è un modo per ancorarsi ancora di più al vecchio, dall'altro questo rituale ci dà slancio verso il nuovo. L'esperta ha specificato: "Così come tendiamo a percepire una fine delle cose, anche quando siamo noi a stabilirla arbitrariamente, allo stesso modo abbiamo bisogno di percepire nuovi inizi. Tutta la nostra vita è un succedersi di fini e inizi: i nuovi inizi ci danno la sensazione di poter ricominciare da capo, di poter resettare e ripartire con nuovo slancio, con nuova speranza e rinnovate energie e magari poter finalmente realizzare quello che non abbiamo ancora ottenuto". Ovviamente, di negativo c'è il modo in cui viviamo il senso di fallimento che sopraggiunge quando constatiamo che l'anno non è andato come avremmo voluto, che non abbiamo portato a termine i buoni propositi.
Qui è importante ribaltare la prospettiva e non cadere in un errore comune. La dott.ssa, infatti, ha spiegato: "Innanzitutto è utile domandarci perché i buoni propositi che avevamo formulato sono falliti. A volte accade perché sono troppo ambiziosi e carichi di aspettative, oppure perché ci lasciamo abbattere dagli ostacoli e ci concentriamo sui nostri limiti. Spesso accade perché in realtà i buoni propositi non erano autenticamente nostri. In genere, i propositi di cambiamento che sentiamo fare a Capodanno sono sempre gli stessi: quasi tutti dicono andare in palestra, dimagrire, smettere di fumare, lavorare meno, stare di più con la famiglia. Sono obiettivi che appaiono stereotipati: è così si deve fare. Sono perseguiti solo per senso del dovere e non per un sentito desiderio, oppure per accontentare altri e soddisfare le loro aspettative. Così, però, saranno quasi probabilmente destinati al fallimento, a differenza di ciò che davvero ci sta a cuore e rispecchia un desiderio profondo e una motivazione solida".
In conclusione, quindi, quello che dovremmo prefissarci per il nuovo anno è imparare a guardare dentro con onestà: essere autentici, rispettare la nostra voce interiore, piuttosto che quella che viene dall’esterno, la voce di chi ci vorrebbe diverso o si è fatto un’idea in cui vogliamo a tutti i costi incastrarci. Così facendo saremo capaci di comprendere realmente bisogni e desideri, di porci traguardi adeguati alle nostre reali esigenze, non traguardi allineati agli ideali altrui, che non porteremo mai a termine, generando un vertice di frustrazione. Solo così, forse, guardandoci indietro nel 2025, ci ritroveremo soddisfatti di noi stessi e di ciò che è stato nei dodici mesi precedenti. E nel fare il fatidico bilancio, sapremo che siamo stati sempre noi stessi, nelle vittorie e nei fallimenti, nelle gioie e nei dolori, nel bene e nel male.