43 CONDIVISIONI
video suggerito
video suggerito

Cos’è l’oziofobia e perché soffriamo se non abbiamo niente da fare

Nell’era dei social, dove tutti fanno tutto, fermarsi è diventato quasi una colpa. Bisogna essere sempre produttivi e in movimento, con l’agenda fitta di impegni. La noia ci spaventa.
Intervista a Dott. Davide Carlotta
psicologo e psicoterapeuta dell’IRCCS Ospedale San Raffaele
A cura di Giusy Dente
43 CONDIVISIONI
Immagine

Abituati a vedere sui social influencer e imprenditori alle prese con viaggi, vacanze, progetti entusiasmanti, agende piene di appuntamenti, riunioni di lavoro a raffica, non è raro sviluppare una sorta di sentimento di inferiorità, verso quelle vite così "perfette". Il confronto scatta spontaneo e inevitabilmente se ne esce sconfitti: non si fa mai abbastanza, non si è mai abbastanza. Si sviluppa quasi un senso di colpa nel momento in cui si rallenta, quando si sceglie di mettere in pausa gli impegni e prendersi del tempo per sé da dedicare a una passione o semplicemente a un po' di sano riposo. La noia è diventata un'acerrima nemica: vietato annoiarsi, vietato perdere tempo, bisogna sempre occupare le ore a fare qualcosa di costruttivo per la carriera. Il tempo libero non è più una priorità, perché va sfruttato per incrementare i guadagni. Tutto questo non è sano. Ne è nato un termine specifico, che indica proprio questo bisogno di essere sempre occupati in qualche attività, requisito essenziale per sentirsi dei vincenti, di successo. A Fanpage.it il dottor Carlotta ha spiegato che l'oziofobia non è un disturbo classificato, ma rende bene l'idea del meccanismo che scatta in questi individui, che di fatto non tollerano avere l'agenda vuota.

Perché la noia ci fa paura

Il termine oziofobia è stato coniato dallo psicologo spagnolo Santandreu per definire quel senso di inquietudine e ansia che subentra quando ci concediamo del tempo libero per noi stessi. Il dottor Carlotta a Fanpage.it ha spiegato: "È una condizione di sofferenza legata al non avere qualcosa da fare", quella necessità di rendere a tutti i cosi produttivo il tempo a disposizione, facendolo fruttare, economicamente o in termini di relazioni sociali. Non si riesce a trovare gioia e appagamento dal tempo libero, vissuto come un momento di stallo che distrae dal raggiungimento degli obiettivi.

Nell'era di social il fenomeno si è molto accentuato, perché si dà molta importanza all'immagine, al modo in cui si appare, alla percezione che gli altri hanno di noi e delle nostre vite, che devono sembrare sfavillanti. Lo ha confermato anche l'esperto: "Ha molto a che fare con la vita dei social, proprio perché siamo esposti a questa realtà parallela dove tutti fanno tutto, tutti fanno cose stupende, per cui si può avere un po' questo senso di fastidio, di vedersi in una condizione di minorità. È un problema che non si applica solo al restare tagliati fuori dalle cose, ma anche a tutti gli aspetti legati all'immagine. Un altro fattore in gioco è il valore che diamo all'essere produttivi, l'impegnarci, la performance: questi aspetti mettono poi in ombra l'utilità non solo del non fare nulla, dell'annoiarti, ma anche solo del tempo dedicato allo svago. Finiamo per considerare il tempo libero una perdita di tempo, perché non siamo impegnati a fare soldi o ad affermarci, a fare cose per il lavoro e per la carriera. È uno stretto parente del workaholism".

Il risvolto della medaglia, però, riguarda anche il rapporto con noi stessi, oltre che con gli altri e il modo in cui il prossimo ci vede. Avere sempre qualcosa da fare significa avere la mente sempre impegnata, significa distrarsi da problemi e preoccupazioni, ma in modo non sano. L'esperto ha chiarito: "Sicuramente abbiamo molto assimilato questo valore della produttività e poi la paghiamo dal punto di vista della fatica ad avere tempo libero, ma c'è anche da dire che tenersi molto impegnati è anche un modo per tenerci lontani da noi stessi, dalle preoccupazioni, dalle emozioni negative che per un'infinita serie di motivi potremmo trovarci a provare. Le aggiriamo o le mascheriamo con le preoccupazioni per il lavoro, con il cercare di stare dietro ad un'agenda iper affollata. Se ci troviamo in una condizione di nullafacenza, invece, siamo più a contatto con noi stessi e magari dentro di noi ci sono delle cose che non vogliamo vedere, non vogliamo sentire".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
43 CONDIVISIONI
autopromo immagine
Più che un giornale
Il media che racconta il tempo in cui viviamo con occhi moderni
api url views