Cosa sono i pensieri intrusivi: come gestirli e in che modo influenzano le nostre vite
Spesso certi pensieri hanno il potere di monopolizzare la nostra mente, che ciclicamente torna sempre e interrogarsi sulle stesse questioni, il più delle volte del tutto marginali. Si tratta di pensieri che, pur non essendo di fondamentale importanza, riescono a diventare preponderanti, si insinuano nel cervello e ne prendono il controllo, prendono il sopravvento su tutto. Si chiamano non a caso pensieri intrusivi, come ha spiegato il Dott. Gianluca Castelnuovo a Fanpage.it: "Si dice intrusivo perché ci tormenta, influisce su aree della vita in cui non dovrebbe influire. Sono al lavoro, ho una preoccupazione: quando finisco e torno a casa dovrei occuparmi della famiglia, del tempo libero, dello sport, invece quel pensiero continua a tormentarmi". Sono pensieri gestibili, ma in situazioni estreme possono diventare patologici.
Perché esistono i pensieri intrusivi
I pensieri intrusivi hanno molto a che fare con la biologia umana, come ha spiegato l'esperto: "Il nostro cervello è predisposto a interrogarsi continuamente su ciò che ci accade, a porsi continuamente dubbi, per un motivo biologico di sopravvivenza. Il cervello che più si fa dei problemi teoricamente ha più possibilità di sopravvivenza, perché evita fenomeni potenzialmente pericolosi. Dal punto di vista dello sviluppo cerebrale siamo fermi all'epoca primordiale. Ma lì era necessario, c'era la legge della sopravvivenza, bisognava preoccuparsi del predatore. Oggi invece questi pensieri arrivano anche per aspetti del tutto minimi e trascurabili. Preoccuparsi per la reazione di un'immagine postata sui social non è questione di sopravvivenza. Alcune cose sono ininfluenti sulla nostra vita o influenti in modo parziale, reversibile. Posso essere preoccupato per un colloquio, ma magari è un colloquio tra tanti, non è il posto della vita, eppure se va male penso che sarà finita, non mi prenderà nessuno. Razionalmente quel colloquio è solo una possibilità, ce ne sono stati altri prima e ce ne saranno altri dopo. Non muoio se va male, eppure per un colloquio di lavoro posso passare giornate di inferno, continuamente a pensare".
Come si gestisce un pensiero intrusivo
L'esperto ha parlato delle tentate soluzioni: sono strategie che si mette erroneamente in atto sperando che siano risolutive, ma non si rivelano mai tali. Ce ne sono di due tipi. Un errore comune è parlarne continuamente: "Mi lamento, discuto pubblicamente per cercare di essere rassicurato dagli altri. Ma parlandone, getto benzina sul fuoco. Continuo a riempire il cervello di questo pensiero, sperando che l'altro mi dia conforto o una soluzione. È uno sfogo sociale che porta peggioramento non miglioramento". Un secondo errore è l'esatto opposto, è imporsi di non pensarci più: "Il nostro cervello non è fatto così, non ha un interruttore per spegnerlo. Il non pensare a qualcosa è già pensare, non si può non pensare a qualcosa: l'uso del non ha senso a livello linguistico, ma non ha senso a livello cerebrale".
L'ideale sarebbe parlarne in un contesto protetto, con uno specialista: "Lì il pensiero viene spiegato e il professionista dà indicazioni terapeutiche. Una può essere che non se ne parla più o si danno spazi appositi e limitati, per parlarne". Il più delle volte le cose si risolvono senza bisogno di supporto specialistico, la maggior parte delle persone riesce a gestire in tempi brevi: "Una persona ha il pensiero che lo tormenta, ma magari passa una notte insonne e il giorno dopo fa delle azioni che lo portano a risolvere, a sistemare. Altre persone non riescono a compiere le azioni necessarie per dissolvere quei pensieri: si incartano, si impaludano in quella situazione, rimangono incastrati, cominciano ad attuare le tentate soluzioni e restano settimane, anni nel problema. Nel primo caso è una quantità di pensiero limitata che risolvo subito, nel secondo è un'intensità maggiore di pensiero e di durata maggiore, che influisce in ogni aspetto".
In questo secondo caso si può avere una deriva patologica, si può sfociare nell'ossessione-compulsione. È questo il caso di chi è ossessionato dalla pulizia, una situazione che in tempo di pandemia è notevolmente peggiorata: "Io penso di aver lasciato le cose sporche e di infettarmi, la vedo come una situazione di pericolo per la salute e faccio un giro di pulizie, magari mi scarnifico anche le mani per pulire, ma dura qualche ora. Poi devo ricominciare il giro, perché temo che l'ambiente si sia infettato di nuovo. Lo stile che utilizzano gli ossessivo-compulsivi per igiene e pulizia non porta ad avere un risultato migliore, è un'esagerazione e ottengono il risultato opposto".