Come essere felici seguendo 4 parole chiave: “La felicità è un percorso, una scelta quotidiana”

L'Assemblea generale dell'Organizzazione delle Nazioni Unite "consapevole di come la ricerca della felicità sia uno scopo fondamentale dell'umanità" ha istituito una ricorrenza a essa dedicata: la Giornata internazionale della felicità che ricorre il 20 marzo di ogni anno. Ne hanno scritto i poeti, si sono interrogati i filosofi, abbiamo scomodato i teologi eppure una risposta univoca non l'abbiamo trovata: non c'è un posto dove cercare la felicità, non c'è una formula magica per crearla dal nulla, non è un luogo fisico da raggiungere. È piuttosto un percorso, una strada da percorrere giorno dopo giorno, muniti degli strumenti giusti, strumenti che nella società contemporanea cominciano a rivelarsi sempre più inefficaci. Lo dimostrano i dati, che parlano di giovani sempre più insoddisfatti, delusi, soli, depressi, infelici: c'è bisogno di educare soprattutto loro alla felicità, qualcosa che non possono trovare in quella realtà virtuale dove si sono chiusi. Il professor Walter Rolfo è abituato a parlare coi ragazzi e si è accorto di quanto forte sia il loro malessere, di quanto spesso siano proprio i genitori a "fallire" nel loro compito, non preparando adeguatamente i loro figli a ciò che è davvero la vita, che è fatta di momenti brutti e momenti belli. Bisogna accettare i primi e godersi i secondi, come ha spiegato a Fanpage.it illustrando il suo modello di felicità.
Che significa l'acronimo GASP
Non c'è una definizione univoca di felicità: "Io parto dal concetto che la felicità è semplice, ma non è facile. Sono contrario a credere che la felicità sia qualcosa che ti cada per caso dal cielo: è una scelta quotidiana e una conquista quotidiana, bisogna impegnarsi. Invece noi quasi sempre ci lamentiamo di non essere felici, ma non pensiamo che dipenda da noi prendere in mano la vita e diventarlo. Bisogna rimetterci voglia, passione, testa. La parola peggiore che anteponiamo alla nostra felicità è "se". Noi siamo felici se se capita qualcosa, se mi danno un aumento, se mio figlio va bene a scuola. Invece la felicità è una scelta. Il mio modello si chiama GASP".
L'acronimo si compone dunque di quattro parole: "Molte volte diamo per scontato un sacco di cose: stare bene, mangiare tutti i giorni, respirare, avere un lavoro. Fino a 5 anni fa davamo per scontato di poter andare al ristorante o al supermercato in qualunque ora e in qualunque giorno. Il segreto è Godersi le cose che abbiamo. Il secondo è invece Accogliere, perché noi pensiamo che la felicità sia essere sempre felici. In realtà non esiste felicità senza tristezza e non c'è tristezza senza felicità. È una sinusoide: quando va bene devi dar valore ai momenti belli, quando va male devi imparare ad accoglierli. Con una consapevolezza profonda: non è speciale quello che ti accade, ma è speciale come reagisci a quello che ti accade. La terza parola è S come Sognare: è importante avere sogni, avere obiettivi. Non necessariamente conquistare Marte, ma anche piccole cose. La P sono le Persone che abbiamo a fianco che sono una delle componenti più importanti della felicità. Scegliete persone speciali, ma soprattutto siate persone speciali".
Perché la Gen Z è la più infelice
La Gen Z è quella che vive il momento di maggiore crisi: si trovano in un mondo in cui faticano a trovare un posto: "È la generazione più depressa di sempre. Il 24% si dichiara depresso o dichiara di aver sofferto di depressione. Il 40% soffre regolarmente di attacchi d'ansia. C'è una fragilità pazzesca. Soffrono di comparansia, cioè ansia da comparazione. Loro vivono continuamente confrontandosi con gli altri, perché con i social media tutti noi abbiamo un cartellino del prezzo che è attaccato sul nostro petto e in ogni istante ti dice quanto tu sia figo. Dipende dal numero di like, se hai tanti followers. Invece io a loro dico sempre: siete perfetti così". I genitori hanno un ruolo fondamentale nell'educazione di questi ragazzi, un ruolo che non può essere affidato ai social: "Questa generazione è stata vittima di un esperimento sociale che si chiama digitalizzazione: è la prima generazione totalmente digitale, ai quali i genitori hanno delegato anche l'educazione. Invece ci vuole un lavoro di educazione vera in cui si dica che parlare è diverso da chattare, che il mondo digitale è una realtà che non esiste. E invece per loro è l'unica realtà".
Il segreto della felicità
Ogni giorno la nominiamo, ma poi non sappiamo nemmeno di cosa stiamo realmente parlando: "Se chiedi alle persone cos'è per loro la felicità, loro non lo sanno. Così come se tu chiedi qual è il loro sogno non lo sanno. Però si lamentano di non essere felici. Anche se non sanno come vorrebbero essere felici. La felicità è un percorso, è una scelta quotidiana, è la capacità di vivere questa sinusoide che la vita, perché la vita va su e va giù per tutti, cercando di prendere il meglio possibile e di stare il meglio possibile anche quando le cose vanno male. L'allenamento alla felicità è una costante. Devi accettare quando le cose non vanno bene, costruire, far sì che pian piano questa sinusoide dove ci sono i picchi e le valli, abbia colline sempre più schiacciate. Ovvio che ci vuole tempo, ma è un lavoro da fare capillarmente".