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Chi soffre di sexsomnia compie atti sessuali dormendo e non lo ricorda al mattino: perché succede?

Si chiama sexsomnia: fa sì che che durante il sonno la persona metta in atto comportamenti sessuali verso se stesso o verso il prossimo.
Intervista a Prof. Luigi De Gennaro
psicologo, esperto in disturbi del sonno, docente in Psicologia e processi sociali presso Sapienza-Università di Roma
A cura di Giusy Dente
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All'interno della categoria dei disturbi del sonno esiste la sottocategoria delle parasonnie, ossia tutti quei movimenti indesiderati che avvengono durante il sonno. Ne sono degli esempi il sonnambulismo, il sonniloquio, gli incubi, l'enuresi. Se fino a qualche anno fa si riteneva che la sexsomnia fosse assimilabile al sonnambulismo, oggi costituisce invece un'entità diagnostica a parte, un disturbo a sé stante su cui la ricerca sta facendo passi avanti per comprenderlo meglio. Abbiamo approfondito l'argomento con un esperto di disturbi del sonno, il professor Luigi De Gennaro, che ha anche chiarito le notevoli implicazioni legate alla sexsomnia che vanno oltre il settore prettamente medico.

Che cos'è la sexsomnia

L'esperto ha spiegato: "Stiamo parlando di una persona che dorme e che ha una peculiare condizione dissociativa nel sonno in cui mette in atto comportamenti sessuali o verso se stesso (e quindi sono comportamenti autoerotici o verso il prossimo). In entrambi i casi la persona non è cosciente e non ha memoria: è amnesico al mattino. Sostanzialmente avviene in qualsiasi fase del sonno, ma è più frequente avere episodi nel sonno profondo. Il fenomeno ha una doppia faccia. Una riguarda sostanzialmente un'alterazione che impatta sulla vita sessuale, certamente importante e clinicamente rilevante. L'altra riguarda qualcosa di ancora più importante. C'è proprio ormai una piccola giurisprudenza, c'è una casistica che si è accumulata di vicende che sono arrivate in tribunale, perché è violenza verso il partner".

Ci sono alcune caratteristiche che, in individui predisposti, fanno aumentare la probabilità che si verifichino questi episodi. Secondo l'esperto: "Assunzione di alcol, assunzione di alcuni specifici farmaci, stress, stati febbrili, precedente privazione del sonno rendono più probabile il verificarsi di questi episodi. In generale le parasonnie sono eventi non sistematici, sono relativamente rari. Sono disturbi che non si manifestano con regolarità, ma in generale tendono ad accompagnare tutta la vita. Le parasonnie comunque sono più frequenti in fase adolescenziale, poi tendono a ridursi. Ma sulla sexsomnia nello specifico non abbiamo ancora dati sugli adolescenti".

Le implicazioni giuridiche della sexsomnia

La ricerca su tutte le parasonnie negli ultimi anni ha fatto significativi progressi e sta andando avanti anche in merito alla sexsomnia. A tal proposito l'esperto ha sottolineato quanto, questo disturbo, abbia implicazioni nel mondo giuridico: "Durante il sonno si arriva a situazioni fortemente dissociate in cui alcune parti del cervello sono sveglie e altre dormono. Per esempio nel caso del sonnambulismo: l'individuo non è consapevole eppure deambula. E così vale anche per la sexsomnia: abbiamo evidentemente un individuo che rimane nel sonno, o almeno alcune parti del cervello dormono, e altre invece che sono attive. Vuol dire sostanzialmente che noi abbiamo un vero e proprio stato dissociativo in cui le aree della consapevolezza, le aree della volontarietà, le aree della coscienza sono disattive, stanno dormendo: quindi in tribunale quando si riesce a dimostrare entro ragionevole dubbio (perché la certezza non ci sarà mai) che il comportamento è avvenuto nel sonno, l'individuo è assolto indipendentemente dalla natura dimostrata dell'abuso. Ogni giurisprudenza evoluta vuole che in assenza di consapevolezza l'individuo non sia imputabile. Ecco perché alcuni avvocati difensori prenderanno sempre più frequentemente a scegliere questa tesi: perché lascia un margine di difesa". In effetti secondo un'indagine dell'Observer sono aumentati i casi di imputati accusati di violenza sessuale o abusi su minori che hanno affermato di soffrire di sonnambulismo o di sexsomnia nel momento del crimine.

Perché non si hanno numeri sulla sexsomnia

La ricerca ha permesso di dare molte informazioni in più sulla sexsomnia col passare del tempo, per esempio: "Il disturbo è molto diversificato in funzione del genere: è prevalentemente maschile. Volendo fare una brutale semplificazione: la sexsomnia maschile è più rivolta verso l'altro, quella femminile è prevalentemente di carattere autoerotico". A mancare sono i numeri. Il fenomeno è difficilmente inquadrabile da questo punto di vista: difficile dire con chiarezza quante persone soffrano di questo disturbo, quali siano le percentuali in relazione alla popolazione. Questa difficoltà è dovuta al carattere amnesico del disturbo, non se ne ha memoria al risveglio: "Essendo un fenomeno senza consapevolezza sul momento e senza memoria, evidentemente ci perdiamo un pezzo della storia. Ne veniamo a conoscenza solo quando arriva una denuncia e quindi diventa un caso giudiziario o quando nella pratica clinica queste persone si rivolgono ai centri del sonno. In questo secondo caso, stime canadesi presso il Toronto Western Hospital collocano il fenomeno prossimo al 8% del totale dei loro pazienti".

Ma non solo: ci sono implicazioni più profonde. Il prof. De Gennaro ha aggiunto: "Sono due gli aspetti che rendono difficile calcolare i numeri. Il primo è che in molti casi riguarda attività sessuale certo non consapevole, certo forzata, ma tra due partner che magari due ore prima hanno avuto un'attività sessuale consapevole e reciproca. È difficile denunciare qualcosa di molto simile a quello che è successo magari poco prima, anche se evidentemente non ha visto il consenso dell'interessato. Il secondo fenomeno riguarda gli stereotipi di genere. È facile immaginare che questi stereotipi rendano più difficile per un maschietto denunciare, perché si pensa alla violenza sempre compiuta dall'uomo sulla donna. Quindi la domanda è: è davvero corrispondente al vero che questo disturbo è più chiaramente maschile, anche se i numeri dicono di sì? Non è che ci perdiamo le denunce maschili? Ecco perché stiamo pensando di promuovere nei prossimi mesi un'indagine italiana per cercare entro i limiti della scarsa accessibilità al fenomeno di quantificarlo e capire quanto sia presente nella vita degli italiani. Simili indagini estese con interviste telefoniche in campioni rappresentativi hanno indicato una percentuale tra 1-2% della popolazione europea".

Diagnosi e terapia del disturbo

C'è un solo modo per diagnosticare il disturbo: "Esiste in Italia e nel mondo una rete di centri di medicina del sonno che accoppiano la videopolisonnografia (sostanzialmente il video della persona che dorme) più la registrazione fisiologica del suo sonno". A quel punto si può pensare a un intervento farmacologico, ma su questo ci sono filosofie di pensiero diverse tra i medici e dipende molto dalla gravità del caso. Nello specifico: "Teoricamente è facile intervenire: un trattamento cronico di ipnotici (alcune specifiche benzodiazepine). La domanda però è: è lecito trattare una persona sostanzialmente a vita, cronicamente con ipnotici, per ridurre una manifestazione sporadica e relativamente rara? Verrebbe da dire: meglio scegliere comportamenti più banali come dormire in camera separate. Se siamo in un'aula di Tribunale e c'è una persona affetta da sexsomnia che si è resa responsabile di un comportamento di abuso sessuale e viene assolto perché non imputabile per quanto detto sopra, è ovvio che il giudice si debba preoccupare del trattamento sanitario affinché la persona non reiteri. In quel caso il trattamento farmacologico viene prescritto, ma è un caso particolare. Quando si arriva a una struttura clinica bisogna valutare ponderatamente i costi e benefici prima di fare un passo così forte come quello di un trattamento cronico di ipnotici. Bisogna esplorare la frequenza degli episodi e cercare anche soluzioni alternative".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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