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Chi è il manipolatore affettivo: “Il partner non lo può cambiare, deve uscire dalla relazione”

Il manipolatore affettivo è caratterizzato da uno spiccato egocentrismo e scarsa empatia, non prova senso di colpa per gli effetti dannosi dei propri comportamenti sugli altri.
Intervista a Dott.ssa Serena Borroni
psicologa dell’Unità di Psicologia Clinica e Psicoterapia dell’IRCCS Ospedale San Raffaele e associato di Psicologia Clinica all’Università Vita-Salute San Raffaele
A cura di Giusy Dente
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Tanto lo cambio: è il pensiero recondito che facciamo quando ci troviamo dinanzi a individui di cui percepiamo la negatività, ma da cui non vogliamo o riusciamo a staccarci. Ci illudiamo che l'amore possa bastare, che possa essere lo strumento salvifico capace di rendere il partner una persona migliore: meno tossica, più compatibile con noi e la nostra idea di relazione. Purtroppo non è così e una volta che si finisce dentro queste gabbie affettive è molto difficile uscirne: si instaura una vera e propria dipendenza. Una delle personalità che sa meglio giocare in questo modo è il manipolatore affettivo, che riesce a tenere sempre l'altro in pugno facendo leva su una serie di debolezze e insicurezze. Così facendo, porta avanti i propri obiettivi, pensa al raggiungimento del proprio benessere, senza curarsi minimamente dei bisogni altrui. La dott.ssa Serena Borrone ha chiarito che in questi casi le cose da fare sono due: il manipolatore deve intraprendere un serio percorso di cambiamento, il partner deve liberarsi dalle catene.

Come riconoscere il manipolatore affettivo

L'esperta ha spiegato: "Il manipolatore affettivo è una persona che fa fatica a considerare i bisogni dell'altro, è prevalentemente centrato sui propri di bisogni, quindi è caratterizzato da uno spiccato egocentrismo e scarsa empatia. Le caratteristiche personologiche hanno a che fare con caratteristiche antagonistiche di personalità: gli altri rappresentano uno strumento per raggiungere i propri obiettivi e ciò che l'altro vuole o desidera sembra non avere importanza. L’unica cosa davvero importante è raggiungere i propri obiettivi". Tutto questo viene spesso fatto con consapevolezza: "Il manipolatore può anche essere consapevole delle sue modalità relazionali, ma questo non lo porta ad interrompere questo tipo di comportamenti. Al contrario, tende ad essere insensibile nei confronti dei sentimenti, problemi e desideri altrui fino ad arrivare alla mancanza di senso di colpa o rimorso per gli effetti dannosi dei propri comportamenti sugli altri".

Chi ha accanto una persona di questo tipo, ne viene lentamente sovrastato. Allontanarsi, però, è difficile, proprio perché si sottovaluta o non si riconosce il problema, si pensa sempre che possa avvenire il cambiamento. L'errore è proprio qui: "Ci sono tante persone che rimangono vicino al partner con l'idea del: tanto lo cambio. Poi questo invece non avviene mai perché non è possibile. Il partner non lo può cambiare. Se una persona si rende conto di essere all'interno di una relazione in cui viene manipolata, la cosa più salvifica che può fare è uscire dalla relazione. Si tratta di aspetti che rappresentano lo stile relazionale abituale della persona e la possibilità di cambiamento è legata alla presenza di una motivazione autentica. Un percorso psicoterapeutico che si focalizzi sullo sviluppo della capacità di considerare l’altro è comunque possibile. Il cambiamento può avvenire solo se la persona inizia a prendere consapevolezza. La consapevolezza può derivare anche dalle conseguenze concrete nella propria vita che derivano dallo stile relazionale, per esempio molteplici fallimenti relazionali, senso di solitudine. Ci deve però essere la propensione a mettersi in discussione e purtroppo non sempre è presente".

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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