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Valentina e Stefano a C’è posta per te: il parere dell’esperta su relazioni tossiche e victim blaming

Durante la prima puntata di C’è posta per te milioni di telespettatori hanno ascoltato il racconto della storia di Valentina e Stefano, una relazione travagliata che non si può esitare a definire tossica. Quali sono le difficoltà di chi si trova a vivere questo tipo di relazione e che cos’è il victim blaming lo abbiamo chiesto alla psicoterapeuta Erica Pugliese.
Intervista a Dott.ssa Erica Pugliese
Psicologa e psicoterapeuta presidente dell'Associazione Millemé – Violenza di Genere e Dipendenze Affettive
A cura di Francesca Parlato
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Che cosa è una relazione tossica? Una relazione dove c'è violenza fisica? Sì, ma non solo. La violenza può avere molte declinazioni, non è soltanto quella fatta di schiaffi, calci e colpi, la violenza può essere anche psicologica e verbale. Sabato sera su Canale 5, durante la prima puntata della nuova stagione di C'è posta per te, 5 milioni di telespettatori hanno assistito alla dinamica tra due persone che vivono quella che si può definire in maniera inequivocabile una relazione tossica, una storia che, come era facilmente prevedibile ha scatenato grandi polemiche sui social. La protagonista, Valentina, scrive al programma perché vuole tornare col marito Stefano dopo essere stata lasciata a causa di un tradimento. Dal racconto però emerge una relazione tutt'altro che serena: insulti e umiliazioni, anche davanti ai figli, erano infatti all'ordine del giorno nella casa dei due protagonisti. "C'è un problema culturale per cui molto spesso comportamenti come questo vengono minimizzati e l'amore viene confuso con la violenza – spiega a Fanpage.it la psicologa e psicoterapeuta Erica Pugliese, presidente dell'Associazione Millemé – Violenza di Genere e Dipendenze Affettive – Ma nel momento in cui si inizia a maltrattare la propria partner, mettendo in discussione la sua dignità, minacciando il suo valore e il suo ruolo di donna all'interno della coppia e non solo siamo davanti a una relazione tossica e in molti casi anche a un problema di dipendenza affettiva patologica". 

Come si riconosce una relazione tossica

Raccontare una storia come questa in prima serata vuol dire assumersi delle responsabilità, la responsabilità di stigmatizzare in modo netto certi comportamenti. "A volte la violenza che non è fisica non viene percepita come tale – spiega Pugliese – Bisogna colmare un gap e imparare a distinguere ciò che è sano da ciò che è tossico". All'interno di una relazione non sana ricorrono sempre due elementi, il primo riguarda il valore della persona. "Sei brutta, Non vali niente, Come te ne trovo altre cento, Non sai fare neanche il tuo lavoro: sono le classiche frasi che un partner abusante ripete. L'umiliazione continua anche davanti ai figli o ai parenti è tipica delle relazioni tossiche. Il manipolatore tende sempre a minare la dignità della sua vittima, come persona, come madre, se ci sono dei figli, e anche come lavoratrice". L'altro aspetto della violenza psicologica è la minaccia. "La minaccia può avere due dimensioni: da un lato c'è proprio la paura per la propria sicurezza, pensiamo a un manipolatore che dice ‘Se ti metti quella gonna ti caccio di casa". Dall'altro lato c'è la paura per la fine della relazione. Frasi come ‘Se ti comporti in questo modo me ne vado' alimentano nella vittima la paura di essere lasciata".

Che cosa è il victim blaming

L'altro problema di mandare in onda in prima serata una storia come questa riguarda la colpevolizzazione della vittima, in inglese victim blaming. Molti dei commenti sui social sono diretti infatti proprio alla protagonista Valentina e le danno la colpa di voler continuare a stare con un uomo del genere. "Bisogna capire che chi entra in questo tipo di relazione e non riesce a uscirne, soffre di dipendenza affettiva patologica. Non si tratta di una colpa ma di una condizione psicologica. Per capire pensiamo a chi è dipendente dalle sigarette: le fotografie e gli avvertimenti che leggiamo sui pacchetti ci rendono consapevoli dei danni che il fumo provoca alla nostra salute, ma la sigaretta la accendiamo lo stesso". La consapevolezza non è quindi una condizione sufficiente per allontanarci dalla relazione tossica. "Si innesca un meccanismo di autoresponsabilizzazione. La vittima inizia a pensare di meritare gli insulti, di meritare la violenza, che probabilmente è stata lei a provocare il partner, deresponsabilizzandolo totalmente". Chi si trova in una relazione del genere andrebbe aiutato e non messo alla mercé di milioni di persone. "Una persona che soffre di dipendenza affettiva ha bisogno di un aiuto di un esperto per uscirne. La cultura dell'amore tossico purtroppo oggi è presente ancora in maniera predominante. Comportamenti del genere sono ancora giustificati e questo ci fa capire anche perché oggi molte donne pur trovandosi in difficoltà non hanno il coraggio di denunciare e di uscire allo scoperto". 

Le informazioni fornite su www.fanpage.it sono progettate per integrare, non sostituire, la relazione tra un paziente e il proprio medico.
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