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Che cos’è l’ofidiofobia: la paura dei serpenti sembra sia scritta nella nostra memoria evolutiva

L’ofidiofobia è la paura dei serpenti: è una delle tante fobie riferite al mondo animale. Ecco da cosa ha origine, come si manifesta e come si supera.
A cura di Giusy Dente
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Una consistente fetta di fobie riguardano il mondo animale. Si chiamano zoofobie: l’ornitofobia è la fobia degli uccelli, l’entemofobia è quella degli insetti, l’ailurofobia è quella dei gatti. In particolare col termine ofidiofobia si identifica la paura intensa e incontrollabile verso i serpenti. Col termine ofidi, infatti, si designa la categoria di rettili comprendente tutti i serpenti.

Perché la paura per i serpenti è atavica e ancestrale

L'ofidiofobia ha una cosa in comune con l'aracnofobia, cioè la paura dei ragni: entrambe si manifestano anche nei neonati, al pari degli individui adulti. È come se fossero paure ancestrali, nate e sviluppatesi quando l'uomo viveva più a contatto con la natura e c'era molta più possibilità nell'immediata quotidianità di fare questi incontri. Si tratterebbe quindi, secondo gli studi di una paura scritta nella memoria evolutiva dell’uomo sin dall’era preistorica.

Quando la fobia diventa invalidante

L'ofidiofobia è una delle fobie più diffuse. Magari ha poco impatto sulla vita cittadina, ma rende impossibile vivere con serenità gli spazi aperti e naturali (campagna, montagne) o lo zoo. Diventa invalidante nelle sue forme più acute, quando non é necessario vedere fisicamente l'animale per stare male, ma basta anche solo vederlo in tv o raffigurato in un quadro. Non solo: a volte anche la sola anticipazione della presenza del rettile può far scaturire tutta una serie di sintomi. Ecco perché, per chi è affetto da ifidiofobia, è impossibile recarsi in alcuni luoghi, nonché guardare film o leggere libri che mostrano o menzionano i serpenti.

Le cause dell'ifidiofobia

Al di là dell'origine più atavica della fobia, tra le cause ci può essere un'esperienza traumatica come un incontro ravvicinato spiacevole in età infantile, ma anche fattori genetici. Non sono da sottovalutare le superstizioni legate a questo animale, che ha da sempre una connotazione negativa: per la cultura e la religione è associato al male, alla cattiveria, alla tentazione (basti pensare alla Genesi della Bibbia o al mito di Medusa). Chi ne soffre ha reazioni fisiologiche intense e difficilmente gestibili, nel momento in cui sopraggiunge la paura. La persona soffre di vertigini, tremori, sudorazione abbondante, nausea, vomito. Sopraggiungono attacchi di panico nei casi più gravi.

Oltre alla comparsa di questi sintomi, la fobia viene diagnosticata in presenza di altre specifiche caratteristiche: quando il soggetto evita consapevolmente luoghi dove potrebbe incontrare il rettile, quando l'ansia anticipatoria e l'evitamento interferiscono con la vita quotidiana, quando si tratta di una paura intensa, irragionevole ed eccessiva presente da almeno 6 mesi. La terapia cognitivo-comportamentale permette di lavorare sul fronte comportamentale e su quello cognitivo: si comprendono gli schemi mentali del soggetto e poi si modifica il suo approccio all'evento traumatico. A volte si procede con l'ausilio della realtà virtuale, contesto realistico ma comunque protetto, rispetto a un vero zoo.

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