Buoni propositi per il nuovo anno? No, grazie. Perché non serve stilare una lista degli obiettivi e che cosa è il flow
Quest'anno niente buoni propositi. Mollate il taccuino, il calendario appendetelo lì in cucina senza annotarci nulla, non lasciatevi promemoria sulla scrivania, non stampate citazioni e frasi a effetto che vorreste fossero il vostro mantra per i prossimi 12 mesi. Tanto già sapete quello che accadrà da gennaio a dicembre: non userete di meno lo smartphone, non andrete in palestra tre volte la settimana e non passerete meno ore su Instagram soltanto perché l'avete scritto sull'ultima pagina della vostra Moleskine.
Quest'anno ai buoni propositi diciamo no. Senza sensi di colpa. "L'errore più grande che facciamo il 31 dicembre è pensare: cambia l'anno, cambio anche io, come se fosse un meccanismo automatico o semplice" spiega a Fanpage.it lo psicologo e psicoterapeuta Matteo Merigo.
Perché non riusciamo a mettere in atto i buoni propositi
Cambiare, mettere in atto quello che si è scritto nella famosa lista, prevede un movimento. "Il movimento, mentale e fisico – specifica Merigo – è il punto cruciale del cambiamento e prevede uno sforzo. Ma dimentichiamo che noi siamo strutturati per lavorare in economia e quando ci rendiamo conto che per ottenere un cambiamento è necessario uno sforzo e uscire quindi dalla nostra zona di confort, ci areniamo". Di solito succede così, si parte benissimo: il 2 gennaio ci si iscrive in palestra, si attiva sullo smartphone il timer che impedisce di accedere ad alcune app dopo un tot di minuti, e poi? "E poi in poco tempo ritorniamo esattamente come prima, nella maggior parte dei casi perché abbiamo esagerato, abbiamo voluto strafare, dimenticando l'importanza, quando si è in cerca di un cambiamento, di procedere per gradi".
Un nuovo anno per progettare
Ma non compilare la lista dei buoni propositi non vuol dire rinunciare alla progettualità "Tutt'altro, anzi guardare al futuro in maniera concreta è estremamente importante perché serve a darci una prospettiva. Ma è fondamentale fare in modo che la progettualità non sia solo fine a sé stessa, che non si blocchi all'improvviso impedendoci di andare avanti". Magari sul lavoro siamo estremamente bravi a pianificare, a fare piani e proiezioni, ma la stessa capacità non riusciamo ad applicarla per le nostre vicende personali. "È un classico: quando qualcosa riguarda noi stessi diventiamo tutti un po' meno bravi. E questo proprio perché la nostra testa lavora in economia e i nostri piani, quasi sempre troppo ambiziosi, rischiano di sgonfiarsi perché difficili da mettere in pratica".
Se i buoni propositi ci allontanano dalla vita reale
Lo sappiamo, i buoni propositi per funzionare devono essere semplici e fattibili, ritornando all'esempio della palestra e dello sport, scrivere nella nostra lista che ci ripromettiamo di andare in palestra tre volte a settimana quando nella realtà non facciamo attività fisica da due anni è sicuramente inverosimile. Il segreto è procedere sempre per step. Il rischio è altrimenti allontanarsi dalla realtà per inseguire un modello difficile da mettere in atto. "Porsi degli obiettivi troppo difficili da raggiungere può avere un effetto totalmente opposto e provocare un immobilismo. Quando uno sforzo è troppo grande diventa difficile da sostenere nel lungo periodo" spiega Merigo.
La frustrazione di inizio anno
I buoni propositi, che siano quelli che stiliamo a settembre o a gennaio, a un certo punto rischiano di naufragare perché molto spesso nella famosa lista scritta sull'ultima pagina dell'agenda, elenchiamo anche cose che non ci va veramente di fare. "E questo genera frustrazione. Ci poniamo degli ideali, non riusciamo a raggiungerli e arriva così la frustrazione". Ma anche questo sentimento finisce facilmente nel dimenticatoio:"Le frustrazioni invece hanno senso nella vita, servono per migliorarci, per darci la spinta per quel movimento necessario per il cambiamento. Se ci lasciamo vincere dalla frustrazione non riusciremo mai a lasciare quella zona di confort e a realizzare quello che ci siamo ripromessi".
Raggiungere lo stato di flow
Quest'anno allora poniamoci un solo e unico obiettivo, raggiungere lo stato di flow. No, non si tratta di qualche deriva hippie, tutt'altro. Il concetto di Flow (tradotto: flusso), fu introdotto nel 1975 dallo psicologo Mihály Csíkszentmihályi. "Lo stato di flow in psicologia è una situazione per cui le competenze fisiche e mentali sono a livello molto alto (e anche la propria percezione di sé) e anche se la sfida da affrontare è molto complessa, è possibile superarla perché c'è un'energia e un movimento in atto molto importante (si usa spesso per descrivere la trance agonistica degli sportivi). Raggiungere lo stato di flow vuol dire essere concentrati con tutte le nostre capacità su un obiettivo. Poniamoci delle sfide difficili ma non impossibili e teniamo ben allenati mente e corpo e concentriamo le nostre risorse, facciamo in modo che siano pronte ad affrontare gli obiettivi e i progetti che desideriamo realizzare".