Bliss point: come l’industria alimentare crea cibi che provocano dipendenza
Quando apriamo una busta di patatine giurando che ne mangeremo solo una, quando scartiamo il primo cioccolatino dalla scatola promettendo a noi stessi che non ne prenderemo un altro, quando ci accorgiamo che in mezzo pomeriggio abbiamo finito un intero pacco di biscotti: in nessuno di questi casi possiamo farcene una colpa. La responsabilità è tutta di chi ha progettato – esatto, progettato, non cucinato o ideato – questi alimenti. I tre esempi sono i tre casi tipici di alimenti per la cui preparazione si è seguito il concetto del bliss point, che tradotto vuol dire il punto di beatitudine, un mix perfetto di sale, zucchero e grassi.
Che cosa vuol dire bliss point?
In inglese bliss vuol dire beatitudine, the bliss of heaven, la beatitudine del cielo, d'altra parte la gola è non a caso uno dei sette vizi capitali. Il bliss point è il punto in cui la goduria di un cibo può raggiungere il suo apice. "Nel 2013 il giornalista americano Michael Moss ha pubblicato un libro dal titolo “Salt Sugar Fat: How the Food Giants Hooked Us in cui spiega proprio come lavorano le industrie alimentari in America – spiega a Fanpage.it il dietista Loreto Nemi, docente presso l'Università Medica Internazionale di Roma – Il bliss point è il concetto perseguito dalle grandi multinazionali che mirano a progettare alimenti con un mix di grassi, zuccheri e sale, perfetto per renderli irresistibili". Una formula chimica in grado di stimolare la produzione di alcuni neurotrasmettitori che ci inducono a mangiarne ancora e ancora. "Si studia in laboratorio, si cerca di trovare la combinazione che induca il consumatore a non fermarsi al primo morso ‘drogando' le papille gustative e stimolando la produzione di dopamina, l'ormone del benessere".
Quando benessere non vuol dire salute
Che male c'è a mangiare un alimento in grado di provocarci la felicità? La felicità in questo caso non fa rima con salute, gli alimenti che seguono la filosofia del bliss point sono cibi ultraprocessati, frutto di più lavorazioni e manipolazioni e ricchi di ingredienti poco naturali. "Questi alimenti sono pensati solo per attrarre e non per nutrire. Sono fatti con ingredienti anche economici che massimizzano il guadagno delle aziende, ma sono tutto fuorché salutari. Pensiamo non solo ai cibi che troviamo tra i banchi del supermercato ma anche a quelli serviti in alcune catene di fast food: il pollo, le patatine, cibi fritti e poi rifritti e poi glassati con lo zucchero o il sale. Il sapore è straordinario, ce lo fa divorare, ma le qualità nutrizionali sono zero". Molti studi, condotti su vasta scala, hanno confermato i rischi di questo tipo di alimenti. "Patologie cardiovascolari, diabete, infiammazione: i motivi per cui dovremmo evitare di mangiarli sono più d'uno. Anche un semplice succo di frutta può essere un alimento ultraprocessato".
Bliss point: a cosa fare attenzione
Difficile stare lontani dai biscotti o dalle patatine, ma anche nell'ambito dei cibi industriali possiamo farei dei distinguo salutari. "Le risposte che cerchiamo le troviamo sempre nell'etichetta. Leggiamo gli ingredienti e se troviamo ai primi posti zuccheri, sciroppo di glucosio, conservanti, addensanti e insaporitori, mettiamoli da parte e scegliamo altro, oppure cerchiamo di consumarli davvero raramente". La forza di volontà non c'entra, sono cibi pensati perché non se ne possa fare a meno e perché non ci si fermi al primo boccone. "I più soggetti a questo tipo di dipendenze sono i bambini. Non a caso le pubblicità delle merendine si rivolgono direttamente a loro. Evitiamo il più possibile di abituarli a questo tipo di alimentazione e scegliamo ingredienti semplici che gli facciano gustare e apprezzare il naturale sapore del cibo".