Vagnozzi non dimentica chi aveva accusato Sinner di tradimento: “Abbiamo zittito qualcuno”
"Sì… abbiamo zittito qualcuno". Simone Vagnozzi toglie un sassolino dalla scarpa. Il coach di Jannik Sinner è lì, a pochi metri da lui. È il momento della gloria e ai microfoni della Rai, a caldo, con l'adrenalina ancora in circolo che si mescola all'euforia, fa un sorriso complice e beffardo.
Si gode la vittoria decisiva del suo pupillo contro Alex de Minaur, la conquista di una storica Coppa Davis e lascia che sia il campo a parlare, a dare la migliore risposta possibile a quanti avevano pontificato, ricamato sull'assenza dell'alto-atesino agli albori del torneo a Bologna.
Lì l'Italia, priva anche di Matteo Berrettini (elogiato da Sinner per la grande vicinanza emotiva che ha giovato alla squadra), ha rischiato grosso nel girone di qualificazione, sofferto fino a trovarsi in bilico sull'orlo dell'eliminazione ma è riuscita a trarsi d'impaccio da quel girone della morte trasformatosi in trampolino di lancio verso le Finals di Malaga.
In Andalusia è entrato in scena Sinner. Lo aveva promesso, è stato di parola. Così come aveva spiegato che la condizione fisica non gli permetteva di essere in campo per le prime sfide, allo stesso modo ha dato tutto se stesso per trascinare la nazionale al successo.
Aveva bisogno di riposare, tirare il fiato perché voleva (e doveva) arrivare al meglio per il finale di stagione, a quell'appuntamento con la storia che non puoi fallire. E così è stato. Chiedete a Djokovic cosa vuol dire trovarselo di fronte adesso: è stato battuto per due volte nel giro di poche ore (nel singolare e nel doppio), nemmeno le sue spacconate e i giochi mentali sono bastati per distrarre, intimorire quel ‘ragazzo' che pure a Torino lo aveva messo spalle al muro. Jannik è stato il jolly che ti ribalta la mano e fa saltare il banco.
Scarso attaccamento, poco sentimento nazionale. Pure questo è stato oggetto di polemica e valutazioni da una parte della stampa tricolore (in particolare la Gazzetta dello Sport) che aveva criticato pesantemente la scelta del 22enne tennista: pensare solo per sé e non mettersi al servizio del gruppo. Non era così, l'intento è sempre stato uno solo: "La scelta che abbiamo fatto noi di non andare a Bologna era anche in prospettiva Davis. Qui, come si è visto, Jannik era in piena forma. Si è visto quanta energia avesse ancora nonostante Torino (le Atp Finals disputate pochi giorni prima, ndr)".
Una decisione non semplice, quasi un azzardo secondo la versione più sospettosa e ostile dei media, ma che ha premiato e s'è rivelata vincente. "Questo ci rende orgogliosi di aver fatto quella scelta che poi si è rivelata la più giusta per tutti, per l'Italia e per Jannik. Sì… possiamo dirlo, abbiamo zittito qualcuno".