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Su Peng Shuai nuove ombre allarmanti: “CIO complice della Cina nella sua sparizione forzata”

Il CIO è finito nel mirino delle polemiche per l’atteggiamento “morbido” nei confronti della Cina e sul caso di Peng Shuai. L’accusa è di voltare la testa dall’altra parte in vista delle Olimpiadi invernali di Pechino.
A cura di Maurizio De Santis
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Peng Shuai è veramente libera oppure vive in una sorta di regime di semi-libertà sotto il controllo del governo cinese? Perché nella videochiamata con il presidente del CIO, Thomas Bach, non è stato fatto alcun cenno specifico alla vicenda di abusi sessuali (subiti dal vice premier Zhang Gaoli) che lei stessa ha denunciato? E, soprattutto, quanto può essere ritenuto credibile quel collegamento nel quale, senza riferimenti specifici alla situazione attuale, lo stesso massimo dirigente s'è limitato ad accogliere le dichiarazioni della tennista? "Sono al sicuro e sto bene" e ancora "chiedo rispetto per la mia privacy". Domande scaturite proprio dal contatto con la giocatrice cinese che era sparita dalla scena pubblica dopo le dure accuse rivolte all'ex esponente dell'Esecutivo.

Quel video non ha convinto (e non solo) la Women's Tennis Association: impossibile riuscire a raggiungere la ex numero del doppio mondiale sulla quale è calata quella che gli antichi romani chiamavano la damnatio memoriae, ovvero la cancellazione in Cina di qualsiasi notizia, menzione o narrazione sui social network (la piattaforma Weibo), sui media cartacei o del Web, nei programmi tv, su Internet della donna.

Al di là della Grande Muraglia il nome di Peng Shuai non esiste, la censura lo ha cancellato, confinato nell'oblio di un Paese che spesso in passato ha mostrato le confessioni forzate di dissidenti, intellettuali o ex politici caduti in disgrazia. E i video della donna, mostrata al ristorante oppure in una manifestazione pubblica, alimentano solo la convinzione che in realtà siano artefatti. Non sono ritenuti sufficienti a credere che Peng Shuai goda di assoluta libertà.

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Il colloquio con Thomas Bach non basta, non è reputato abbastanza fedele da fugare tutti i dubbi sulla condizione reale della tennista e sulla sua sicurezza. Perfino l'invito a una cena ufficiale rivolto alla donna, in occasione della visita del presidente a Pechino per supervisionare l'organizzazione dei Giochi invernali (4 febbraio), viene commentato negativamente. Lo stesso CIO è finito al centro delle polemiche per l'atteggiamento morbido sulla questione. "Tutto ciò è inquietante – ha affermato al Morning Herald Yaqiu Wang, ricercatore senior di Human Rights Watch in Cina – . Il CIO sta svolgendo un ruolo attivo nel meccanismo di sparizione forzata, coercizione e propaganda del governo cinese". 

In Rete addirittura circola una foto che vede il presidente, Bach, stringere la mano a Zhang Gaoli (l'uomo accusato da Peng Shuai): un'immagine citata a corredo della superficialità con la quale il Comitato ha affrontato ogni controversia sui diritti umani in Cina mentre Pechino si prepara a ospitare le Olimpiadi invernali a febbraio 2022. L'accusa è, in sintesi, di voltare la testa dall'altra parte. E il caso della tennista è solo l'ultimo della lista rispetto all'azione di repressione politica del regime comunista cinese verso le minoranze etniche e i dissidenti politici.

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