Sonego sa come si fa: “Me ne frego dei commenti ignoranti, a Berrettini ho dato un consiglio”
Lorenzo Sonego è uno dei più importanti protagonisti del tennis italiano. Un giocatore duttile, capace di ottenere ottimi risultati su tutte le superfici come confermato dalla vittoria di tre titoli ATP su cinque finali disputate, uno sull’erba, uno sulla terra rossa e uno sul cemento.
Sonny, abile anche nel doppio, specialità in cui ha ottenuto due successi in carriera, è un giocatore molto apprezzato anche per le sue doti agonistiche: professionista esemplare, in campo dà sempre il massimo lottando fino all’ultimo punto con un atteggiamento e un piglio sempre positivi. È un punto di forza anche della squadra italiana, ormai da anni.
Una carriera particolare la sua, iniziata tardi dopo aver mosso i primi passi nelle Giovanili del Torino calcio con la mancata trafila tennistica poi a livello juniores sempre seguito dal coach Gipo Arpino. Il 28enne piemontese attuale numero 42 del mondo, (capace di spingersi fino alla 21a posizione) si disimpegna bene anche come cantante e ballerino, con le sue esultanze diventate proverbiali.
Ai microfoni di Fanpage, Lorenzo ha affrontato diversi temi caldi, partendo dall’ultima esperienza a Wimbledon dove è stato battuto dall’amico Berrettini.
Lorenzo, partiamo da Wimbledon. Cosa ti porti dietro? Più delusione per la sconfitta in un match iniziato bene e spalmato poi in vari giorni o gioia per l’amico Berrettini?
"Da parte mia sono contento comunque del mio gioco. Mi sono visto bene, mi sentivo in forma fisicamente e questo mi ha dato molta fiducia per i prossimi tornei. Ovviamente mi è spiaciuto perché mi sentivo molto bene e avevo l’opportunità di andare avanti e vincere altre partite. Poi ovviamente contento perché ho perso con un amico e fa piacere vederlo andare avanti nel torneo, alla luce di tutto quello che ha dovuto passare. È stato bello vederlo tornare a sorridere".
Berrettini ha svelato che vi siete sentiti spesso durante il suo periodo buio e tu per lui sei stato molto importante.
"Gli ho consigliato di avere pazienza. Gli ho spiegato che riprendersi dall'infortunio e tornare a vincere non era scontato dopo quello che aveva fatto in questi anni. Doveva pazientare e con il tempo sarebbe tornato ai suoi livelli".
Tu e il tuo coach Gipo Arpino avete avuto quasi una storia simile. C’è un feeling speciale tra voi, ma hai mai pensato ad un supercoach?
"Va bene così, il nostro è un rapporto quasi da padre e figlio. Si vivono certe emozioni insieme, ci conosciamo da una vita e lui sa come prendermi e come approcciarsi a me. Per ora andiamo avanti bene e siamo molto contenti del nostro legame".
Sono ormai anni che fai risultati importanti, eppure la sensazione è che forse si parli un po’ meno di te rispetto a Sinner, Musetti e Berrettini.
"In realtà non m’interessa, non mi sono mai preoccupato del fatto che parlassero di me o meno. Ognuno ha il suo percorso. Sinner e Musetti sono due ragazzi molto giovani, quindi è normale che si parli di loro perché sono il futuro dell’Italia. Berrettini è quello che ha ottenuto più risultati a livello italiano: facendo semifinali e finali Slam ha raggiunto traguardi che io non ho mai raggiunto. È giusto ancora che si parli di loro"
Quando hai capito che il tennis sarebbe potuto diventare la tua professione oltre che una grande passione
"Quando ho cominciato a fare i primi risultati nei Futures, ho giocato il primo Challenger e subito mi sono qualificato a Biella. Lì ho capito che potevo fare le cose ancora meglio e cercare di diventare un professionista".
Hai giocato anche nelle giovanili del Torino di cui sei grande tifoso: meglio uno Scudetto granata o la vittoria di uno Slam?
"Facciamo la vittoria di uno Slam con la celebrazione in maglia granata".
Sei molto apprezzato per il tuo modo di essere, ma in campo oggi è sempre più frequente assistere a comportamenti al limite. Come mai?
"Il tennis è uno sport molto mentale che ti toglie tante energie, di grande fatica fisica. Ci sono momenti in cui sei meno lucido e quindi ti fai prendere dall’arrabbiatura e dalla frustrazione. Dipende un po’ dalla persona, ci sono giocatori che richiamano il pubblico, come può essere Alcaraz, e altri che si fanno prendere di più dalle emozioni e si arrabbiano facilmente. Dipende dalla personalità".
Da amico ti ha dato fastidio tutto quello che si è detto sui social di Berrettini? È capitato anche a te di finire nel mirino degli haters?
"È successo a tutti. Tutti quelli che praticano sport ad alto livello vengono insultati alla fine di ogni partita, ormai ci siamo abituati. Bisogna cercare di non pensarci, eliminare tutto e farsi una risata, è l’unico modo per vivere. Ci sono tante persone che invece di pensare alle cose loro si fanno un po’ prendere la mano con gli insulti. La maggior parte sono scommettitori che si buttano poi sul commento ignorante. Sono cose che uno sa quando fa questo sport, sappiamo di esporci tanto agli haters. Bisogna cercare di fregarsene e non guardarli, facendosi la propria vita".
Come procede la tua carriera da cantante
"È un divertimento, faccio qualcosa di diverso dal tennis. Mi fa variare dalla solita routine e lo faccio con il mio miglior amico, anche per passare un po’ di tempo con lui in maniera diversa. È veramente un divertimento, quindi è un piacere, per una passione che avevamo sin da piccoli. Lo scrivere, il cantare, mi piace e ci fa staccare".
Anche perché il calendario è molto fitto, quasi insostenibile
"I tornei sono tantissimi, si gioca ogni settimana da gennaio fino a dicembre con la Davis e le Finals. Parliamo di un calendario molto lungo e pesante. È normale che durante l’anno tu debba avere una distrazione dal tennis, sennò rischi di esagerare. Non è semplice restare carichi per tutto l'anno".