Rune vince un match brutale a Madrid: rimonta, discute con l’arbitro e batte un indomito Navone
Quando gioca Rune le partite sono due. Una è quella ufficiale, quella vera, l'altra è quella che il danese gioca contro il pubblico e spesso anche contro l'arbitro. A Madrid il tennista danese ha dato vita a un match bellissimo contro l'argentino Mariano Navone, giocatore in ascesa. Una partita che ha riservato colpi di scena, una stretta di mano tutt'altro che amichevole e una discussione tra il danese e il giudice di sedia.
Ormai le battaglie sono diventate il marchio di fabbrica del tennista nato nel 2003 che se l'è vista bruttissima contro l'argentino e ha impiegato tre ore per batterlo. Partita dentro e fuori dal campo. Navone fa capire subito di esserci e dà filo da torcere all'avversario, che sul più bello viene meno. Break sul finire del primo set ed è 7-5 per il sudamericano, che carica il pubblico dopo esserselo aggiudicato.
Navone ha fatto il suo ingresso nella top 100 lo scorso febbraio e a suon di risultati vede addirittura la top 30, forse ci ha pensato quando nel secondo set sul 7-5 6-5 ha servito per il match. Peccato mortale. Dopo aver vinto il primo quindici commette due doppi falli. Rune capisce il momento, azzanna il rivale, allunga il set al tie-break e lo vince rapidamente, è un set pari.
Rune a quel punto sembra favoritissimo, lo è in effetti, rapidamente si porta sul 5-1. La partita sembra a un passo dalla chiusura, ma in quel momento Navone cambia marcia, tira tutto, vince tre game di fila e sul 5-4 Rune serve ancora per il match. Navone gioca un tennis fantastico vince due punti lunghissimi e cancella matchpoint in serie, il quinto però basta al danese che riesce a superare il turno, sfiderà Griekspoor domenica.
A fine partita stretta di mano freddissima tra i due, con Rune che si è preso un warning nell'ultimo gioco e che aveva preso troppo tra un punto e l'altro. Con il giudice di sedia aveva inoltre vissuto un momento di tensione, poco prima, quando discutendo con l'arbitro ha scostato la telecamera, perché non voleva far sentire l'oggetto della sua discussione.