Roberta Vinci spiega il dominio totale di Sinner agli Australian Open: “Ha trovato la chiave giusta”
Roberta Vinci ha dedicato la sua vita al tennis, prima da superlativa giocatrice e poi da commentatrice. L’ex numero 7 del mondo tarantina, che in carriera ha vinto 10 titoli in singolare e 25 nel doppio (specialità in cui è stata numero 1 al mondo, trionfando in tutti i tornei dello Slam), si è contraddistinta per la sua abilità su tutte le superfici.
La protagonista della memorabile finale degli US Open tutta italiana contro Flavia Pennetta nel 2015, che sta raccontando gli Australian Open per Eurosport, ha parlato ai microfoni di Fanpage del momento eccezionale di Sinner, del periodo buio di Musetti e anche della situazione del tennis femminile.
Roberta come ti poni nel dibattito sulle potenzialità di Sinner e sulla sua possibilità di vincere Slam e diventare numero 1 in tempi brevi, al netto delle diverse superfici?
"È inevitabile che ogni giocatore abbia una superficie preferita. Dipende molto dalle caratteristiche tecniche e tattiche. È ovvio che a Sinner piaccia molto di più il veloce rispetto alla terra, perché il gioco della terra è un po’ più fisico rispetto al cemento dove la consistenza e la forza ti possono aiutare. Se uno spinge più forte, la pallina va di più. Comunque il livello che ha Sinner ora è stra-competitivo anche sulla terra, magari qui farà un po’ più fatica a vincere le partite rispetto al cemento però non si può dirgli niente. Sta dimostrando talento e lo sta gestendo molto bene secondo me".
Anche tu sei rimasta impressionata dalla crescita esponenziale di Sinner anche in Australia?
"Ho commentato i suoi match agli Australian Open. Contro Baez ad esempio che era 30 del mondo, sono sembrati due giocatori di pianeti diversi: c’era un abisso, Jannik era troppo superiore. Finora ha vinto partite contro gente non del suo livello però il modo in cui le ha vinte è stato un'ulteriore dimostrazione di forza. È migliorato rispetto al passato quando in questo tipo di partite faceva più fatica. Le vinceva, però magari lottava e aveva qualche passaggio a vuoto e gratuito in più. Sta dimostrando che può essere lineare sbagliando pochissimo, con un livello di attenzione elevato che gli ha permesso di vincere in tre set. Fa sembrare facili tutte le partite, mentre gli altri big ancora in gioco hanno faticato per conquistare il turno successivo".
Ma poi oltre alle prestazioni in campo, ha conquistato tutti anche con le sue interviste. Sempre sereno e sorridente, è cambiato tutto rispetto alla scorsa primavera?
"È vero, ha trovato la chiave per divertirsi e ha capito l’importanza del sorridere in campo e fuori. È stato bravo, ma lo sono state anche le persone che ha dietro ad aiutarlo a trovare questa chiave che sta funzionando alla grande. Durante la partita contro Baez, con il punteggio favorevole, ho notato che si è voltato verso il suo coach e si sono detti delle cose con tanto di risate. È molto tranquillo e sicuro di sé, non è mai presuntuoso. Anche in queste partite non c’è stata mai una giocata di presunzione a dire ‘io sono forte e faccio quello che voglio'. È sempre stato pacato anche nelle scelte e nella gestione dei punti",
Tutti pazzi per Sinner insomma, hai anche tu la sensazione che sia considerato un po' il figlio ideale?
"Verissimo, è entrato nei cuori della gente. Piace molto questo ragazzo, questo personaggio e atleta che è così naturale. Si vede che non è costruito, che è spontaneo e al pubblico e all’appassionato tutto questo arriva. È molto umile anche nei modi e nelle interviste, sempre pacato. Non è uno, tra virgolette, sbruffone anzi è proprio il figlio che uno vorrebbe. La gente si è innamorata non solo del suo grande tennis, ma anche della persona, dell’atleta e dell’uomo che scende in campo".
Insomma c'è da essere fiduciosi anche per l'immediato?
"Come si fa a non essere fiduciosi di fronte ad un talento del genere. È ovvio che è ancora giovane e bisogna dargli tempo. Adesso si aspettano ovviamente uno Slam, il numero uno del mondo… ma parliamo di un ragazzo che è il numero 4, ha fatto finale a Torino ha portato l’Italia alla vittoria della Davis. Ha già dimostrato tanto, ma gli appassionati non si accontentano mai e nemmeno lui… come è giusto che sia. Ha tutte le carte in regola per darci tante altre soddisfazioni sia dal punto di vista di Slam che di ranking e perché no, un’altra Davis".
Dalle gioie ai dolori, passiamo invece a Musetti che sembra entrato in una spirale negativa nonostante le bellissime notizie nella vita privata con l'arrivo di un figlio. Che idea ti sei fatta?
"Ho la sensazione, non avendo un rapporto stretto che mi consenta di conoscerlo alla perfezione, che Musetti stia vivendo un momento dove è un po’ in confusione. L’arrivo di un figlio porta un po’ di “sbandamento”, è ovvio che magari hai altri pensieri positivi e negativi come magari hai anche altre cose a cui pensare, non è solo il figlio in sé. Sicuramente in un atleta la tranquillità fuori dal campo incide anche sul campo. Magari mi sbaglio e sto dicendo fesserie, ma lo vedo poco tranquillo e poco sicuro delle scelte che fa. L’ho commentato in Australia e l’ho visto giocare troppo dietro: lui deve giocare un tennis molto più esplosivo, più d’attacco e invece si limitava a stare dietro e aspettare l’errore dell’avversario in certi momenti.
Quindi il problema è soprattutto di natura mentale?
"Questo è sintomo di poca fiducia in se stesso. Magari si sente più comodo a giocare da fondo, a cercare di alzare la traiettoria ma sul campo veloce devi provare a fare qualcosa non puoi giocare così. E soprattutto quello che mi ha più stupito è che durante la partita quando faceva fatica a fare una determinata cosa, non ha cercato di cambiare: è come se lui si rifugiasse in quello che sa fare e provasse a farlo nel migliore dei modi. Però se capisci che le cose non vanno devi provare a fare qualcosina. Mi piacerebbe vedere un Musetti più deciso e con i piedi dentro al campo, perché lui ha un talento pazzesco sa fare tutto. Non si può limitare a tirare la palla di là".
Ma quanto è difficile ora ritrovare la rotta soprattutto dal punto di vista dell'atteggiamento?
"In conferenza ha detto di lavorare sul fatto di essere più aggressivo, però deve essere convinto lui perché da fuori chi gli sta vicino gli consiglia di fare quello, ma se non è lui il primo ad essere convinto della strada giusta tanti dubbi ti vengono. Non sta attraversando un bel momento tennistico, deve ritrovare fiducia e spirito guerriero perché in tante situazioni deve lottare. Quando non si gioca bene a tennis devi lottare, perché in qualche modo devi portare a casa la partita. Se non ti entra il dritto e il rovescio, devi buttarla sulla lotta e fare più punti possibile".
Ha ricevuto anche tante critiche soprattutto per alcuni atteggiamenti particolari, con bestemmie e frasi come "tutti fenomeni contro di me". È un segnale anche questo?
"Sicuramente questi atteggiamenti non l’aiutano a vincere determinate partite perché l’atteggiamento in un atleta è fondamentale. Non puoi giocare sempre bene a tennis e ci sono giorni in cui non senti un determinato colpo, e perciò devi lottare e dirti cose positive. È ovvio poi che se sbagli una palla t’incazzi, però determinate cose come bestemmie o frasi come quelle da te citate non sono atteggiamenti che lo fanno crescere anzi… lo fanno quasi indietreggiare. I top non hanno questo atteggiamento. Sbagliano e incassano, perché quando sbagli ti incazzi, ma poi non lo fanno vedere all’altro e restano positivi altrimenti l’avversario vede e si gasa capendo che sei in difficoltà. Dal punto di vista mentale deve migliorare e tanto perché basta un piccolo passetto in tal senso e poi il tennis arriva di conseguenza".
In questo avvio di 2024 Musetti si è affidato a Barazzutti che tu conosci molto bene alla luce dei successi in Fed Cup. Può essere la persona giusta?
"Corrado è la persona giusta per lui ma è ovvio che è entrato da poco e cambiare determinati meccanismi in un atleta non è semplice. Non è che con un click cambia tutto, magari fosse così facile. Corrado ha tanta esperienza e poi ha giocato quindi sa cosa dire e come approcciarsi. Può essere quella figura che dà un po’ più di consapevolezza che può instradarlo un pochino meglio rispetto alla strada che stava prendendo. Dal punto di vista mentale sono sicura che Corrado si metterà lì a martello, fino a quando questo ragazzo cambierà qualcosa a livello. Deve partire però anche da lui era perché devi affidarti al cambiamento, che spaventa tanto. Ognuno ha il proprio carattere, e devi accettare le critiche affinché ti facciano migliorare. Anche Corrado sicuramente gli avrà detto che deve fare un salto di qualità dal punto di vista mentale, lui ci deve credere e si deve impegnare affinché lo faccia, perché il tennis ce l’ha e sarebbe un peccato. Il talento non basta per vincere, ci vuole la testa che è fondamentale".
Il grande assente degli Australian Open è lo sfortunatissimo Berrettini per l'ennesimo infortunio. Quanto è dura pensare in positivo ora?
"Gli infortuni pesano tanto, riprendere e infortunarsi continuamente da atleta è durissima perché tu ci metti tutto l’impegno ma poi basta poco e ti rifai male, allora lì hai paura di peggiorare quindi non ti alleni, passa il tempo e provi a rientrare ma con senza partite alle spalle hai meno fiducia, gli avversari sanno che rientri da un infortunio e sono più tranquilli… uscire da un periodo negativo non è sempre così facile soprattutto sei ha la ricaduta. Per un atleta è massacrante, è un loop negativo e non è facile uscirne.
Che momento è per il tennis femminile? Ci sono tante ottime giocatrici ma manca una top ten, c'è grande divario rispetto agli uomini?
"Gli uomini in questo momento sono superiori perché sono giovani e giocano tutti bene. C’è un ciclo maschile molto importante: Berrettini, Sinner, Musetti, Arnaldi, Zeppieri, Nardi, Cobolli. Sono tutti ragazzi che giocano già bene e sono forti e giovani. Nel femminile non abbiamo la top ten e poi c'è questo solito paragone con noi, cioè la generazione mia di Pennetta, Errani che eravamo tutte molto forti nello stesso periodo. Alla lunga il raffronto però stanca. Non dico che lo soffrono, però ogni volta si dice ‘eh però le donne, una volta c’era la top ten…’. Non abbiamo la top ten, ma delle giocatrici forti, un’ottima squadra di Fed Cup e giocano bene. Non abbiamo forse quella forte che vince e fa la finale Slam, però intanto vedi la Paolini, la Cocciaretto che sta rientrando e agli Australian ha perso una partita che poteva vincere. Non è dal punto di vista tennistico un periodo incredibile ma non ci possiamo lamentare. Abbiamo tante giocatrici in tabellone agli Australian Open e non è scontato averne così tante".
Parliamo ora di te, c'era più tensione prima dei match di tennis o prima di una telecronaca?
"Mi rendo conto avendo giocato delle difficoltà che si hanno quando si va in campo. Sbagliare un dritto sopra la rete e dire che non poteva sbagliarlo, non va bene perché in campo poi si può sbagliare. Sai quanti ne ho sbagliati io? Una valanga. Ed è come se mi rivedessi in loro e capissi oggi le difficoltà del momento".
Chiudiamo con un parere su una diatriba molto gettonata, quella tra tennis e padel, tu da che parte stai?
"Tutti mi chiedono di scegliere tra tennis e padel (ride, ndr). Ma se devo scegliere ovviamente prendo il tennis. Per me è stato tutto, la mia vita. L’ho fatto per tantissimi anni, poi ad un certo punto non ce la facevo più, l’età avanzava, fisicamente facevo fatica e ho deciso di smettere. Ho intrapreso il padel per divertimento post Covid, ma più per rimanere in movimento facendo una partitella ogni tanto, essendo con la racchetta e la pallina più a mio agio rispetto ad altre cose. Da lì ovviamente mi sono appassionata perché più giochi, più impari, più capisci e ti diverti. Mi sono detta: vediamo cosa posso fare in questo sport, una sfida con me stessa. Così ho fatto qualche torneino in Spagna e in Italia. Ma anche qui il fisico ne risente e gli spostamenti pure erano elevati. Avevo smesso comunque per riposarmi, vivere la mia vita e fare altro. Gioco tutt’ora le partitelle, quando mi coinvolgono".
Insomma il tennis è il tuo grande amore
"Ma l’amore per il tennis dopo tutto quello che mi ha dato e mi trasmette ancora non è paragonabile. L’anno scorso sono andata a giocare Wimbledon Legend e ho calpestato di nuovo i campi di un certo livello e mi ha fatto ritrovare le sensazioni che provavo quando ero ancora atleta e competevo anche se non tornerei mai a giocare a livello agonistico".