“Ridicolo pensare Sinner non sia italiano”: respinte vecchie accuse insopportabili
La rinuncia alle Olimpiadi di Tokyo è scelta che non tutti hanno perdonato a Jannik Sinner. E ancora oggi, a distanza di mesi da quella decisione dettata da ragioni personali, di forma non al top, di una condizione psico-fisica da ritrovare, è una sorta di questione mai chiusa del tutto. Facile, facile intuire quale fosse l'obiezione sollevata nei suoi confronti: si fosse sentito abbastanza italiano, avesse avuto maggior sentimento patriottico, non avrebbe fatto un passo indietro ma risposto ‘presente' per onorare uno degli appuntamenti sportivi più importanti a livello Mondiale, le Olimpiadi Tokyo 2020.
Un'opzione insindacabile come tennista, deludente come sportivo: al battage di opinioni che nell'estate scorsa caratterizzò i pro e i contro del talento alto-atesino si aggiunse anche un terzo elemento. Ne parlò l'ex campione azzurro, Corrado Barazzutti, che fu molto critico nei suoi confronti: "Ad appuntamenti del genere non si dice mai di no. Sinner ha già rinunciato due volte alla Coppa Davis. Evidentemente se non si crede in certi valori tutto sommato è meglio stare a casa".
Riccardo Piatti, allenatore di Sinner, allontana quelle illazioni insopportabili che sono come fuoco sotto la cenere. Scorie che non sono state ancora cancellate nonostante le ottime partite disputate al torneo ATP Finals (dov'è subentrato a Berrettini infortunato) e in Coppa Davis. "È davvero ridicolo pensare che Jannik non sia italiano al 100% – ha ammesso nell'intervista a Il Messaggero -. Tiene moltissimo alla bandiera e alla maglia azzurra. A Torino s'è visto qual è il suo rapporto con il pubblico. E pensare che alle 3 di notte è in campo a provare il doppio con Fognini". Il torto del tennista? Essere stato troppo sincero. Ne è convinto il suo tecnico che ribadisce: "Non si sentiva pronto e ha fatto solo ciò che riteneva più giusto".
A Vienna lo speaker presentò Sinner come tennista del Sud Tirolo e gli organizzatori personalizzarono la sua sedia con un incitamento in tedesco (lingua madre nel suo paese di San Candido, che è vicinissimo al confine con l'Austria). Della bandiera tricolore nemmeno l'ombra. Ma è stato lo stesso giocatore a fugare ogni dubbio sul suo senso di appartenenza che in passato ha messo un punto sulla questione: "Mi alleno in Italia con coach italiani, sono italiano e mi sento tale".