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Raffaella Reggi a Fanpage: “Berrettini poteva prendere una strada diversa ma non è stato aiutato”

Raffaella Reggi ai microfoni di Fanpage.it ha parlato del momento e delle potenzialità di Sinner, Musetti e Berrettini. A suo dire Matteo non è stato aiutato soprattutto dal punto di vista fisico. Una battuta anche sui possibili eredi di Federer, Nadal e Djokovic.
A cura di Marco Beltrami
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Raffaella Reggi ha lasciato un segno importante nella storia dello sport italiano. L’ex tennista di Faenza grazie alla sua carriera è stata a lungo la migliore interprete italiana della racchetta, con un gioco che mescolava fisicità, talento e grande grinta. Al suo attivo una medaglia di bronzo olimpica a Los Angeles, e 5 titoli in singolare e quattro in doppio con la soddisfazione di aver raggiunto i quarti di finale del Roland Garros, con la vittoria nel doppio misto agli US Open e il 13° posto come best ranking.

Colonna anche della squadra azzurra di Fed Cup negli anni dal 1982 al 1991, Reggi ha dedicato la sua vita al tennis anche dopo il ritiro prima come capitana non giocatrice della nazionale femminile (vincendo l’Europeo del 2000) e poi come tecnico, diventando commentatrice per Sky.

Ai microfoni di Fanpage.it Raffaella Reggi ha affrontato diversi argomenti, partendo dalla situazione relativa ai tennisti italiani più rappresentativi in primis Jannik Sinner, Matteo Berrettini e Lorenzo Musetti.

Raffaella, da top player e poi da tecnico cosa manca a Sinner per fare un ulteriore step e vincere magari uno Slam o un Masters?

Prendiamo l'ultimo match, mi dà la sensazione che sia dal punto di vista fisico un po’ scarico (quello poi perso contro Altmaier, ndr). Anche a livello di colpi sembra mancare un po’ di consistenza, gioca molto corto. Alle volte pare abbia degli schemi da veloce e invece sulla terra bisogna sporcare un po’ di più la palla, variare un po’ di più i ritmi. Non so se sia un discorso fisico perché non è al meglio, ma per esempio Musetti al Roland ha giocato grandissime partite facendo vedere come si gioca sulla terra battuta. Jannik dovrà lavorare molto, lo sta già facendo, su schemi da terra.

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Estendendo il giro alle altre superfici, in cosa bisogna lavorare e migliorare? 

La programmazione è fondamentale e lui ha un obiettivo preciso che è quello di qualificarsi per Torino (per le Finals, ndr). Questo implica, se sta bene e se la sente, di giocare. Cosa che ha fatto nell’ultimo periodo prendendosi Madrid come settimana di stacco dopo Barcellona. Alcuni l’hanno criticato, ma da fuori è molto semplice.

Alcaraz e Rune sembrano più avanti in termini di risultati? Quali sono le differenze?

Li vedo più strutturati dal punto di vista fisico. Ma bisogna dire che le sue caratteristiche sono queste, non possiamo pensare di avere un Sinner con una massa muscolare come la loro. Bisogna quindi lavorare sulla reattività, ha messo qualche chilo in più e si vede. Bisogna dare del tempo, si fa molto la corsa sugli altri ma ognuno poi ha il suo percorso. A livello di determinazione e dell’aver messo mani al portafoglio per investire sul suo tennis è stato fondamentale e per questo tanto di cappello. Un ragazzo molto giovane che ha ambizioni e sogni molto grandi ed è giusto anche contornarsi di gente competente per fare il salto di qualità.

Ha inciso in questo anche il cambio di coach, con il passaggio da Piatti a Vagnozzi e l'arrivo di Cahill

L’aver a che fare con Cahill, una persona comunque nuova… ci vuole un po’ di tempo per amalgamare tutto affinché i tasselli s’incastrino. Ma direi che il ragazzo quest’anno ha iniziato molto bene solo che noi come forma mentis non siamo mai contenti perché guardiamo sempre gli altri. Ognuno ha il suo percorso.

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Lei è stata a lungo la migliore giocatrice italiana, quanto è difficile gestire la pressione? 

Non mi soffermo sulla vita privata perché rimane tale così come le scelte di coppia. Facciamo un paragone con Sinner che nasce già, non ti dico predestinato, ma con una determinazione ad arrivare ad altissimi livelli da quando aveva 12-13 anni. Matteo mai e poi mai si sarebbe aspettato risultati di questo genere. A lui tutto è arrivato in maniera inaspettata, mentre Jannik era mentalmente più propenso a quella direzione.

Parlando di Berrettini, sulla sua crisi possono aver inciso anche i riflettori puntati?

Nel momento della finale di Wimbledon per Matteo si aprivano due strade: o dire ‘testa bassa e ho ancora da dare e quindi devo spingere sull’acceleratore facendo un altro salto di qualità’, perché è quello che i migliori del mondo hanno fatto salendo di livello, oppure dire ‘mi sento appagato e vado avanti così’, e purtroppo risultati alla mano e dal punto di vista fisico in questo non è stato aiutato.

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Dopo l'exploit Berrettini poteva fare un ulteriore salto di qualità?

Problemi fisici tanti, anche genetica per gli addominali, ma qui si aprono tante finestre: ha lavorato bene? Poteva fare di più? Programmazione punto interrogativo…  Vai in Australia e giochi la United Cup perdendo con Murray una partita col match point e poi ti fermi un mese senza giocare per poi andare ad Acapulco e ritirarti? Possiamo dirne tante, ma mi sarei aspettata qualcosa in più dalla programmazione e della preparazione: troppi infortuni è un campanello d’allarme.

È un peccato perché Matteo sul veloce, ma anche in fondo sulla terra, ha un tennis con un gran servizio, con un gran dritto, varia bene con il rovescio, ma ha anche un gioco che ormai si conosce ed è lì che devi essere bravo ad aggiungere qualcosa in più per stare fisicamente ad altissimi livelli. Un giocatore alto, sproporzionato tra sopra e sotto: ci deve essere una programmazione migliore. Sono due percorsi diversi tra Sinner e Berrettini, con lui che ha dato fiducia al suo staff e al suo team, ed in questo devi essere consapevole di quello che fai.

Come cambiare dunque il trend negativo e su cosa bisogna lavorare?

Basta qualche match lottato per cambiare una stagione. Vinci una partita che era persa e ti cambia tutto. La testa vuol dir molto. Quando Matteo gioca c'è molto dispendio perché tende a girarsi sul dritto e a chiudere il punto velocemente. Se lo scambio si prolunga fa più fatica, non c’è quella fluidità… Sul dritto c’è la sensazione che voglia cercare subito il punto e questo comporta una rigidità che non aiuta anche nella zona addominale.

In termini di talento puro, possiamo vedere in Musetti un possibile erede di Fognini?

Fognini è quello che gioca a tennis meglio di tutti. Ha una facilità di gioco impressionante. Per Musetti è un discorso prevalentemente mentale, tennisticamente parlando ha tante di quelle soluzioni che a volte fa anche confusione e in questo mi viene in mente anche Alcaraz. Sono ragazzi molto giovani quindi ci può stare, bello avere tante soluzioni e poi durante la maturazione sfruttarle. Se le cose a Lorenzo non vanno come si deve tende un po’ ad abbattersi, però vedo anche un certo cambiamento nelle ultime settimane.

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È cambiato qualcosa per Musetti al Roland Garros?

Ho visto nel suo team Flaminia Bolzan, psicologa, che lo ha seguito anche a Roma. Non ho la certezza ma mi sembra da alcuni post che collaborino. Questo gli sta dando una grossa mano perché l’ho visto molto sereno e tranquillo nelle scelte. Anche meno smorfie visto che di solito quando sbaglia tende a guardarsi attorno. L’ho visto molto centrato. Si è reso conto che doveva mettere mano a questa cosa, perché tennisticamente parlando non ha grossi problemi. Ma lui arriverà, anche questo discorso del cambio del coach, del supercoach. Dico che se uno sta bene così ci arriverà anche lui, però avere un'opinione diversa… è un percorso di maturazione che deve fare l'atleta.

Momento di incertezza nel tennis femminile, la Giorgi sta vivendo la fase finale della carriera…

La Giorgi doveva stare sempre tra le prime 15 minimo: ha una esplosività, una reattività dei piedi e pesantezza di palla non indifferenti. Lì si apre un mondo: la scelta di rimanere comunque legata al papà che in un’intervista ha smentito chi diceva che era lui a non volere che lei andasse altrove quando era Camila a chiederlo. Ci sono delle dinamiche familiari, lei ha scelto così e sta bene così. Lei ha pensato che questa è la sua strada e non le punto il dito contro, ma avrebbe potuto fare molto di più. Qualche infortunio anche di troppo, ma quando era al top tra le prime 15 tre quattro stagioni poteva farle.

Per quanto riguarda invece le altre italiane?

Per le italiane mi parlano molto bene di Matilde Paoletti, che anche dal punto di vista fisico può esprimere un ottimo tennis e sta facendo anche lei la gavetta per scalare la classifica. Come determinazione mi piace la Cocciaretto, che non molla mai con un percorso alternativo universitario e quindi tanto di cappello. Mi spiace per la Trevisan che ha questo morbo al piede. Stanno facendo il massimo per quello che possono dare. Sono d’accordo con la Schiavone perché si poteva seminare meglio nel momento in cui avevamo Schiavone, Pennetta, Vinci ed Errani. Si poteva spingere di più sulle giovani leve, magari affiancandole. Dopo quattro ragazze così comunque non è facile il ricambio.

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Ultimamente si ha la sensazione di assistere sempre più a momenti di nervosismo, con i tennisti che litigano in campo e con il pubblico. Può essere legato anche ad un aspetto mediatico e ai social?

Ai nostri tempi non c’erano i social e c’era più spensieratezza. Ora ci sono talmente tanti meccanismi che bisogna essere bravi fuori dal campo a isolare tutto. Credo che il comportamento sia alla base, quando commento e vedo ragazzi che si comportano come si deve in campo è un piacere. È un aspetto per me importante anche a livello giovanile: con i ragazzi che alleno a Torino allo Sporting con Fabio Colangelo è fondamentale l’atteggiamento.

Quando vedo queste cose a me non piacciono e le critico. Avere il bad boy della situazione ci può anche stare, ma rimanendo sempre su una linea ben precisa se andiamo oltre non mi piace, non lo accetto. Non mi diverto. Non so se sia un discorso social, qui si parte dai valori che ti dà la famiglia dall’educazione ecc. Può succedere di sbroccare e perdere lucidità ma andare oltre non mi trova d’accordo.

Abbiamo vissuto anni meravigliosi grazie al trio Federer-Nadal-Djokovic? Ora cosa dobbiamo aspettarci? La sensazione è che ci sia grande incertezza

Alcaraz, Rune, lo stesso Sinner… insomma direi di sì, certamente ripetere quello che hanno fatto i tre non lo so, ma ci possiamo divertire. Sarebbe bello trovare una rivalità come Federer-Nadal o Sampras-Agassi, per alimentare tutto il movimento. Ma Alcaraz, Rune, Sinner sono giovanissimi diamogli qualche anno. Ci sono tutte le premesse. I numeri di quei tre.. la vedo dura, anche se Alcaraz alla sua età come completezza tecnica… né Federer, né Djokovic, né Nadal erano così. A 20 anni è in grado di fare tutto.

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