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Pistolesi e la lezione di Nadal dopo Wimbledon: “Ero negli spogliatoi e chi arriva? Rafa, che bravo”

Claudio Pistolesi ai microfoni di Fanpage.it ha parlato di Rafa Nadal, ormai ritiratosi. Un’occasione anche per raccontare un gustoso aneddoto e soffermarsi sul rapporto con Federer e Djokovic.
A cura di Marco Beltrami
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Claudio Pistolesi conosce bene Rafa Nadal e gli altri iconici big three, Roger Federer e Novak Djokovic. L'ex tennista, coach e componente del Players Council dell’ATP, che ora gestisce negli Stati Uniti l'accademia Claudio Pistolesi Enterprise, ha dedicato anche un libro ai tre "mostri" del tennis.

Ai microfoni di fanpage, Pistolesi ha ripercorso le tappe della carriera di Rafa fresco di ritiro, soffermandosi sulla sua grandezza sulla terra rossa e non solo, con tanto di aneddoto che la dice lunga sulla sua estrema correttezza ed umiltà che ne ha fatto un campione a tutto tondo.

Claudio, il ritiro di Nadal era nell'aria, ma ti ha stupito che sia arrivato in questo momento particolare?
"C’erano dei segnali, perché la Coppa Davis si gioca in Spagna, e ho sempre pensato che l’ultima partita l’avrebbe giocata lì. Se lo ha fatto fa significava che era abbastanza preparato e poteva supportare la squadra al massimo. Comunque ha tutto molto senso e soprattutto poi alla fine decide lui: negli ultimi anni c’era il tormentone ‘quando ti ritiri’ e questo l'ha stufato. Era un momento in cui l’attenzione del tennis stava da un’altra parte e lui è entrato a gamba tesa, decidendo per il ritiro. A Roma per esempio gli hanno fatto una festa d’addio e lui ha spiegato ‘non ho mai detto che mi ritiro’. Possiamo dire che si era un po’ scocciato".

Pistolesi in compagnia di McEnroe
Pistolesi in compagnia di McEnroe

Almeno adesso sono finite le polemiche di chi pensava che non dovesse più giocare non essendo al top.
"Cerchiamo di volare un po’ più alto dai. Ha 38 anni e ha avuto tre decenni di carriera in cui è stato numero uno. Questo è il dato-record più impressionante: è stato numero uno in tre decenni diversi. Dal 2000 al 2010, dal 2010 al 2020, dal 2020 al 2030. È impressionante, ora lasciamolo in pace. È una cosa naturale, come ha detto lui perfettamente: tutto ha un inizio e una fine".

Rafa Nadal è stato immenso e forse un giorno capiremo quello che realmente ha fatto soprattutto al Roland Garros, non credi?
"Ho appena scritto un libro su questo e si chiama "Tre mostri". Lui è uno dei tre, in senso buono, ovvero di forza. Ha vinto 14 Roland Garros, è qualcosa di disumano. Un record nello sport, non solo nel tennis, difficilissimo da battere anzi praticamente impossibile. Sarà possibile infatti per qualcuno vincere 15 Roland Garros? Non riesco ad immaginarlo. 3 su 5, tante partite al quinto ma mai in finale: lì ha vinto 7 finali in 3 set e 7 in 4 set. Un’altra cosa impressionante, 14-0 in finale, senza aver mai perso".

Qual è a tuo giudizio la sua dote principale, quella che aveva in dosi maggiori rispetto a Federer e Djokovic?
"Lui è stato superiore come mentalità. Una dimostrazione di superiorità sulla terra mai vista. Sicuramente la dote principale è stata la mentalità e la capacità di stare sulla soluzione e non sul problema. In qualunque situazione lui cercava la soluzione e si prendeva la responsabilità. Ti ho raccontato l’altra volta l’episodio con lo zio, da ragazzino. Ho avuto il privilegio di lavorare e ancora lavoro con Toni Nadal, con il quale ho appena tenuto una conferenza. Si parlava di Rafael e capisci che anche rispetto a Federer e Djokovic lui era più forte in questo: la mentalità di cercare sempre dentro sé stesso la forza di risolvere i problemi".

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Mi ha colpito anche la sua crescita su altre superfici come l'erba dove inizialmente non si trovava a suo agio. Un alieno anche in questo?
"Rafa ha vinto 4 US Open. Se tu togli anche tutto quello che ha vinto sulla terra, sarebbe comunque un giocatore immortale. Ha vinto 2 Wimbledon. Come ha detto anche lui, è andato molto oltre anche delle sue aspettative iniziali. È anche vero che questa palla di neve è diventata una valanga, con questi tre che si alimentavano a vicenda per tanti anni. Prima c’erano solo Federer e Nadal poi è arrivato anche Djokovic e ha continuato questo processo virtuoso di continuare a migliorarsi, perché ci stavano gli altri due".

Insomma hanno riscritto la storia del tennis alimentandosi a vicenda?
"Tutti e tre hanno beneficiato degli altri due, questo è il segreto per cui hanno fatto questi numeri disumani, da fantascienza. Djokovic sta ancora lì, è più giovane solo di un anno di Nadal, mentre Federer è un po’ più grandino. Ha cominciato a vincere prima e qualcuno dice che lo ha fatto perché non c’erano gli altri due, ma non è vero. Questo perché c’erano Safin, Hewitt e altri giocatori fortissimi anche prima di Nadal e Djokovic. Poi è arrivato Nadal e lo ha spinto a rimboccarsi le maniche e crescere ancora di più. Non si aspettava Federer per esempio che Nadal lo battesse sull’erba nel 2008.

Tu che lo conosci bene hai un aneddoto particolare su Nadal, magari di un dietro le quinte?
"Ti racconto questa cosa. Noi eravamo al torneo di Stoccarda e stavamo vedendo in TV la finale di Wimbledon, che si concluse col buio perché fu una maratona. Nadal vinse contro Roger e ricevette il premio dal duca di Kent. Ero a Stoccarda con Bolelli (in quel periodo Pistolesi era il suo coach, ndr) per il torneo. Il lunedì mattina successivo alla finale di Wimbledon andai negli spogliatoi perché avevamo gli allenamenti. Lo spogliatoio era vuoto, si aprì la porta e chi entrò? Nadal (ride, ndr). Perché lui doveva fare il torneo di Stoccarda, si era cancellato e quindi era obbligato dal regolamento ATP a presentarsi altrimenti sarebbe stato multato.

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Insomma, non aveva perso tempo per spostarsi nonostante la finale di 7 ore, maltempo compreso.
"Ovviamente lì lo stavano tutti aspettando in campo perché poi si giocava sulla terra. Mi è venuto da ridere quando l’ho visto e in realtà anche a lui, perché mi ha visto stupito. Fino a poche ore prima, l’avevo visto in televisione e stava sul centrale di Wimbledon e poi andai lì e me lo ritrovai lì nello spogliatoio. Gli dissi: ‘Ma che stai a fare qui? Ammazza sei proprio bravo, preciso”'. E lui mi rispose: ‘Lo so, ma bisogna fare quello che bisogna fare'. Avrebbe pagato una multa da 5mila dollari (una cifra irrisoria per lui, ndr) non presentandosi, ma lui per rispetto al torneo andò lì di persona a cancellarsi perché gli dispiaceva per organizzatori e tifosi, massacrati dalla sua assenza. Lui era chiaramente sconvolto perché quella partita di Wimbledon durò tante ore e non era in grado di fare un torneo".

Anche a te Nadal dava l'impressione di cambiare quasi fisionomia tra quando giocava e quando invece stava fuori?
"Lui giocava alla Playstation con Moya, per dire. È stato un ragazzo e ora è un uomo, padre di famiglia, sempre estremamente semplice, alla mano, simpatico, educato. Poi in campo cambiava. Nel libro diciamo che si faceva la doccia gelata, non importava dove e quando, 45’ prima della partita. Gli serviva per entrare quasi in uno stato di trance agonistica e aveva questi riti, come quello dei salti del canguro di fronte all’avversario. Usava il body language per prendersi un vantaggio anche mentale sull’altro, faceva gli slalom per prendere le palline. Insomma era come il ruggito della tigre. Poi si è gestito bene nella vita privata, ha avuto sempre la stessa fidanzata, non ha mai risposto a provocazioni essendo sempre lineare fuori dal campo".

Lui viene da una famiglia di sportivi professionistici, quanto ha influito questo sulla sua formazione ed esplosione?
"Ho il privilegio di stare vicino a Toni Nadal che mi ha spiegato che lui ha preso molto da Muster. Quando Rafa era piccolo, Toni non sapeva cosa aveva tra le mani e seguiva questi giocatori che esasperavano l’allenamento come arma in più e vantaggio rispetto agli altri. Gli piaceva anche Connors, come spirito combattivo. Un incrocio tra Muster e Connors, tutti e due mancini, ed è venuto fuori Nadal. Ha avuto degli infortuni, e infatti lui avrebbe giocato volentieri molti più doppi ma non poteva perché non c’era tempo e doveva andare dal fisioterapista e recuperare. Ha gestito benissimo tutto quanto".

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In chiusura torniamo sui big three, cosa possiamo dire per differenziarli?
"Ho curato la parte italiana di un libro francese di Bernelle e l’ho completata aggiungendo all’analisi di questi tre mostri anche quella di Sinner, con un omaggio a Berrettini. Secondo me i tre non si possono separare e sono un tutt’uno. I se e i ma non ci sono: bisogna prendere tutto il pacchetto, e i tre mostri si sono alimentati e hanno rappresentato una tempesta perfetta nello sport ,non solo nel tennis. Hanno raggiunto picchi di vette credo irraggiungibili. Record molto difficilmente fattibili,  quello di Nadal sulla terra credo sia il più difficile e su questo è il numero uno. Neanche Federer e Djokovic sono riusciti a vincere 14 volte lo stesso Slam. Ha fatto cose da supereroe, nemmeno da essere umano".

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